La tristezza ha il sonno leggero: recensione del film con Stefania Sandrelli
La tristezza ha il sonno leggero, l'opera prima di Marco Maria de Notaris tratta dall'omonimo romanzo di Lorenzo Marone, di perde in una forma a metà tra il contemporaneo e il retrò.
La tristezza ha il sonno leggero, disponibile su Rai Play dal 26 febbraio, è una trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Lorenzo Marone, famoso e prolifico scrittore vincitore del Premio Strega nel 2015 per La tentazione di essere felici. Dopo La tenerezza di Gianni Amelio, anche Marco Maria de Notaris tenta di portare sullo schermo una delle storie dell’autore napoletano. Ma, a differenza del primo, non centra il bersaglio, perdendosi in una forma a metà tra il contemporaneo e il retrò.
La tristezza ha il sonno leggero: la storia di Erri Gargiulo
Napoli, 1989. Erri Gargiulo è un uomo sulla quarantina, apatico, schiacciato da una vita non sua. Alla continua ricerca di sé stesso e desideroso di diventare un fumettista, viene lasciato dalla moglie che gli confessa una relazione extraconiugale. Deriso e umiliato, viene cacciato di casa, e anche in quel momento la sua più grande preoccupazione sono le pastiglie per il suo fantomatico reflusso. Viene così costretto a condividere un appartamento con dei giovani e pittoreschi coinquilini punk. Il muro di Berlino è caduto, e Erri vorrebbe dare una svolta alla sua vita. La soluzione? Un appuntamento con una squillo a domicilio. Ma caso vuole che lo stesso giorno si presenti la sua bizzarra quanto disfunzionale famiglia per una riunione dell’ultimo minuto. Dal quel momento in poi, la serata prenderà una strana piega che cambierà la vita di tutti.
L’opera prima e il salto da davanti a dietro la cinepresa
Siamo sullo stesso piano di film come Perfetti sconosciuti e Cena tra amici. Per quanto con le giuste differenze, autoriali e di forma, questi film condividono l’indagine delle relazioni umane, che siano tra amici o parenti. Dall’esperimento trapelano segreti, vecchi rancori e nuove rivelazioni. Questi è un sottogenere della commedia con le sue regole e i suoi capisaldi. Spezzare la norma e ricercare la novità, quindi, richiede una conoscenza registica che sembra mancare a Marco Maria de Notaris; qui al suo primo film. È un problema che molti, di coloro che passano dal davanti al dietro della cinepresa, posso affrontare. La tristezza ha il sonno leggero è vittima di questa inesperienza, e il film si sgretola facilmente nelle mani del suo autore.
Un cast variegato e talentuoso sotto il peso della sceneggiatura
Il tempo della comicità, quale arma a doppio taglio. Azzeccarlo e farlo proprio non è impresa facile, e da esso può dipendere la riuscita o meno di un prodotto. In La tristezza ha il sonno leggero le battute sono quelle giuste, così ancorate al testo d’origine. Ciò che manca, appunto, è il tempo. Marco Maria de Notaris si avvale di un ottimo cast, eppure anche Stefania Sandrelli non riesce a reggere il peso di una sceneggiatura fragile. Serena Rossi e Eugenia Costantini fanno del loro meglio, ma i loro personaggi sono fin troppo stereotipati e caricaturali; fattore che gioca contro anche alla loro recitazione. Il quadro completo restituisce così un siparietto nel quale ogni protagonista recita a sé. La storia vive di molti volti, nessuno dei quali interagisce mai veramente con l’altro, come se una forza respingente li muovesse lontani uno dall’altro. Sono i poli opposti di un magnete, dove però gli opposti non si attraggano; manca il collante e la chimica. Ed è proprio questo il ruolo del regista, scovare il trait d’union che unisca gli attori quanto i personaggi che portano in scena. Ciò che invece sorprende è la capacità di Ciro Priello di emanciparsi dai The Jackal, trovando così una sua identità nel mondo cinematografico.
La tristezza ha il sonno leggero, e quella mancanza di un’estetica anni ‘80
Gli anni ’80, odiati dalla cucina e dal design e tanto venerati dal cinema. Da Stranger Things in poi, quest’epoca così colorata e caratteristica è stata spremuta fino all’ultima goccia, drenandola di qualsiasi originalità. Ciò nonostante, un racconto ambientato negli anni della guerra fredda richiede un’estetica ben riconoscibile, una patina retrò che va al di là dei soli costumi. Tutto ciò viene a mancare in La tristezza ha il sonno leggero, un film che potrebbe essere tranquillamente ambientato ai giorni nostri. Perché la moda vive costantemente tra passato e futuro. È una linea sottile che, come il cinema, ha trovato recentemente la sua ancora negli ’80, portando ad un recente revival degli abiti di quel tempo. A tal proposito, il film sembra affidarsi ai soli costumi, per la sua ricostruzione d’epoca, tralasciando tutto il resto. L’unico elemento che ci riporta al contesto temporale sono le immagini della caduta del muro passate al telegiornale. Tutti questi fattori portano ad una disomogeneità degli elementi messi in gioco, e il film sembra risentirne dall’inizio alla fine.