Labirinti: recensione del film di Giulio Donato da Venezia 81

La recensione di Labirinti, il film di Giulio Donato presentato all'81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Con una ripresa dinamica che rende l’idea di un continuo spostamento nel tempo, tremolii dall’effetto drammatico e un motivo musicale – espressione d’altri tempi – delicato e suggestivo, Giulio Donato costruisce il suo esordio alla regia e ci consegna “la sua creatura”. Labirinti è un lungometraggio eretto su due piani: la realtà ed il sogno. Per citare Ingmar Bergman “il film, quando non è un documentario, è un sogno”. E il regista è un mago, che “nel sogno capisce di poter creare un mondo come lo desidera“. Donato racconta la storia di due amici che crescono insieme fino a maturare visioni opposte del futuro. Il personaggio di Francesco è il visionario di Labirinti la cui presentazione è in programma il 5 settembre 2024, nello spazio “Confronti” delle Giornate degli Autori durante l’81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il cast del film è composto quasi completamente da attori non professionisti, nei panni di Francesco e Mimmo troviamo due bravi esordienti: Francesco Grillo e Simone Iorgi mentre a dare il volto a Mimmo in età adulta è Antonio Gerardi (Bang Bang BabyRomanzo criminale).

Labirinti – Tra le montagne impervie della Calabria Francesco inizia ad immaginare un futuro migliore e a dar vita alla sua “creatura”

Le vite dei due amici, Francesco e Mimmo, vanno in direzioni contrapposte quando Francesco, affascinato da un libro trovato in un casolare abbandonato (titolato “Labirinti”), si appassiona alla lettura e scopre un mondo che lo spinge a immaginare, proprio tra le aspre montagne della Calabria, un futuro diverso. Mimmo invece è il figlio di un meccanico che non sembra avere alcuna particolare passione (le passioni sono una parte importante di noi perché esprimono chi siamo) rimane invece saldamente legato alle tradizioni e alle dinamiche sociali della provincia. Le diversità dei due ragazzi affondano le radici nel contesto in cui si muovono e nel luogo in cui sono nati. Pregiudizi, stereotipi e problemi quando non vengono superati imprigionano in un labirinto di modi di agire, di pensare e di comunicare chiamate convenzioni.

Una storia di formazione con una forte componente onirica che esplora la lotta contro le convenzioni tradizionali e la difficoltà di esprimere la propria sessualità

Al netto di qualche inquadratura e della consueta semiotica del labirinto, l’esordio di Giulio Donato è convincente. Il regista – che ha lavorato come assistente e aiuto regista su vari set in tutto il mondo con Abel Ferrara, Asia Argento, Mimmo Calopresti, Gennaro Nunziante, Roberta Torre, Giada Colagrande, Elisa Fuksas e come assistente di produzione con Gianni Zanasi e Claudio Caligari realizza un film attuale e sincero, una pellicola con la forma precisa di una creatura, con la sceneggiatura scritta sempre da Donato e l’ottima scelta dei brani musicali (Pierluigi Orlando), dimostrando che può esistere del buon cinema anche nelle produzioni italiane a basso costo. Un lavoro in certi momenti anche criptico perché appartiene all’autore, gli è proprio. La creatura concepita dalla fantasia di Francesco – impersonata da un enigmatico confortante semidivino Finn Ronsdorf – insieme alla scelta riuscita della musica ne fanno un’opera singolare. Quella voluta da Giulio Donato, girata tra le suggestive montagne calabresi, è una storia di formazione con una forte componente onirica che esplora temi come la lotta contro le convenzioni tradizionali e la difficoltà di esprimere la propria sessualità.

Labirinti: valutazione e conclusione

L’interazione tra i due protagonisti, inizialmente spontanea, diventa per entrambi un momento di scontro, poi di allontanamento nella crescita, sullo sfondo di una Calabria che mostra le spiagge del cuore e le sue contraddizioni. Il film esplora anche i cambiamenti di priorità nel tempo e la sofferenza emotiva che comporta chiudere un rapporto. Perché anche l’amicizia è un sentimento che sfugge alla razionalità, e i comportamenti irragionevoli di Mimmo lo dimostrano. Ma quando la relazione fra i due amici viene interrotta, e Francesco non ha più un alleato, il ragazzo ha quantomeno un mondo di significati che lo guida in maniera nuova attraverso la sofferenza. Ora anche il paesaggio inizia a “bruciare”, le montagne finiscono per esaurirsi. Francesco può accedere alle sue risorse per proseguire il cammino. Sente sempre più forte il bisogno del bel fuoco che scoppietta e si accosta alla sua cosa come un dio creatore…

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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