L’apparizione: recensione del film di Xavier Giannoli
Sottotitolo: L'apparizione, ultimo film di Xavier Giannoli, porta avanti una riflessione e un'indagine sincera e appassionante sui misteri della fede e sulle indecifrabili dinamiche psicologiche di individui fragili.
L’apparizione (L’apparition) è un film di Xavier Giannoli, scritto dal regista stesso in collaborazione con lo sceneggiatore Jacques Fieschi, e interpretato da Vincent Lindon, Galatéa Bellugi, Patrick d’Assumçao, Anatole Taubman, Elina Lowensohn e Claude Lévèque.
Jacques (Vincent Lindon) è un giornalista e reporter di guerra che viene mandato dal Vaticano a indagare sulle circostanze attorno a una certa apparizione avvenuta in un piccolo villaggio nel sud-est della Francia. Ad affermare di aver ricevuto una visita della Vergine Maria è Anna (Galatéa Bellugi), una novizia di giovane età. Il luogo in cui l’epifania avrebbe avuto luogo attira ogni giorno, da quel momento, centinaia di credenti e pellegrini che si riuniscono uniti dallo stesso spirito. Jacques accetta di far parte della commissione, nonostante sia del tutto estraneo a questo mondo.
L’apparizione indaga il sospetto di menzogna attorno al mistero della fede
Al centro delle vicende che muovono L’apparizione c’è, come sempre nel cinema di Xavier Giannoli, il concetto di frode, di cui i protagonisti sono solitamente portatori oppure investigatori, talvolta nemici. Stavolta, con il suo ultimo film, il regista e autore utilizza il terreno religioso per sottolineare con maggiore convinzione il dubbio e lo strisciante sospetto di menzogna attorno al mistero della fede. Come nei precedenti A’ l’origine, Marguerite e Superstar, al centro delle indagini e dell’occhio della cinepresa c’è un individuo solitario e – forse per questo motivo – spesso impostore, di cui si è però pronti ad accogliere i più profondi complessi psicologici e le più valide ragioni. L’approccio di Jacques con le questioni di fede religiosa è piuttosto scientifico, pratico, in posizione diametralmente opposta a quella sospensione di logica e materialismo che la sacralità e il culto richiedono per poter essere praticati, creduti o rispettati nel profondo.
L’esperienza del protagonista in terreno bellico è quanto di più lontano si possa immaginare dal background che può aver costruito la psiche di Anna. In realtà L’apparizione non è così perentorio come si vorrebbe credere: la forza del racconto di Giannoli è l’aver evitato la critica al mondo clericale e alle sue dinamiche interne, aggirando il rischio di realizzare un film d’inchiesta tipico, con il suo classico spazio d’indagine misterioso che man mano si schiude dinanzi al protagonista, solo e in esso invischiato totalmente. L’apparizione procede al contrario, partendo da un disegno approssimativo e puntando la lente d’ingrandimento sempre più sugli elementi che sono unici, sui dettagli, e avvicinandosi al corpo esplorato anziché isolarlo progressivamente per dar spazio alla comunità di cui fa parte, che pure potrebbe avere un’influenza non da trascurare.
La linea che separa il misticismo dalla mistificazione ne L’apparizione
L’autore si focalizza sulle responsabilità di un altro tipo di comunità, quella famigliare, ancor prima di quella clericale, e punta il dito (con la dovuta delicatezza) contro l’errato modo in cui l’oggetto di adorazione, Anna, viene in realtà emarginato nella sua essenza speciale, o presunta tale, anziché aiutato come essere umano. Richiamando alla lontana il sottovalutato Regression, di Alejandro Amenàbar, da questa riflessione deriva un’opera intelligente e pungente che narra con estrema efficacia – grazie anche alla memorabile performance attoriale offerta da Vincent Lindon – la linea invisibile che separa il misticismo e la mistificazione, senza mai pendere da nessuna parte, senza mai fornire risposte categoriche agli enigmi della religione ma concedendosi un finale narrativamente coerente, che ritrova la verità nella “menzogna” stessa. L’unico finale, d’altronde, possibile.
L’apparizione è in uscita l’11 ottobre con Cinema.