Laputa – Castello nel cielo: recensione del film di Hayao Miyazaki
Con Laputa - Castello nel cielo Miyazaki definisce i tratti distintivi del suo universo, sia a livello estetico che tematico.
Laputa – Castello nel cielo è il primo film prodotto nel 1986 dallo Studio Ghibli, nato sulla scia del successo di Nausicäa della valle del vento, e il terzo lungometraggio diretto da Hayao Miyazaki, uscito in madre patria nello stesso anno, mentre in Italia (cosí come in molti altri paesi) è arrivato al grande pubblico soltanto nel 2012. Sheeta è una giovane ragazza tenuta prigioniera da un gruppo di pirati i quali, una volta che è riuscita a sfuggire, continuano a starle alle calcagna, inseguendo la strana “aeropietra” che ha al collo. Con l’aiuto di Pazu, un operaio di miniera, riesce a sottrarsi agli attacchi degli aguzzini e viene a conoscenza di Laputa, una mitologica isola fluttuante da cui proviene la pietra legata al collo di Sheeta. La ragazza infatti, altri non è che l’erede al trono di Laputa: con i poteri che scaturiscono dal controllo della pietra, deve affrontare i continui attacchi dei pirati che la inseguono e preservare anche l’incolumità di Pazu. I due, una volta in salvo dopo l’ennesimo tentativo di cattura, approdano sulla fantomatica città sospesa nel cielo, scoprendo che è rimasta disabitata e decisi a difenderla dai cattivi che li seguono, rivelando finalmente la vera natura di loro stessi e dell’intera Laputa.
Laputa – Castello nel cielo: il primo film animato targato Studio Ghibli
Con Laputa – Castello nel cielo Miyazaki procede con incedere deciso nel definire i tratti distintivi del suo universo, sia a livello estetico che tematico. Amore, scontri a sfondo sociali, avventure all’insegna del riscatto di giustizia e della rivolta ai soprusi dei prepotenti, ma anche amore per la natura e timore reverenziale per la sua potenza: questi e molti altri sono gli elementi che contraddistinguono la storia di Laputa così come si ripete in tutte le opere del regista giapponese e dello Studio Ghibli. Ogni occasione è buona per presentare personaggi centrali iconici, che assurgono a modello universale di etica e coraggio: in questo caso Sheeta e Pazu sono protagonisti esemplari di un rapporto che sfida gli equilibri canonici, anche per quanto riguarda le dinamiche di genere e sociali. Sheeta, la futura reggente, viene servita dal fedele Pazu, anch’egli di alto lignaggio di Laputa, ma pronti a mettersi al servizio del bene di tutto il popolo e, anzi, il motore principale dell’azione risiede proprio nella necessità di riscatto e di giustizia, in nome di un bene comune che è superiore a quello individuale. Sono concetti come questi che caratterizzano i protagonisti du Laputa – Castello nel cielo dai loro antagonisti, esattamente come succede in tutte le opere firmate da Miyazaki, seppur declinate in chiavi diverse.
Laputa – Castello nel cielo e il parallelismo con I viaggi di Gulliver
Laputa – Castello nel cielo riprende il suo immaginario da quello narrato in I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, in cui Laputa esisteva già nella forma di un’isola fluttuante, dominata e autogestita dai suoi stessi abitanti, simbolo di una purezza di reggenza e di etica che guida un’intera popolazione verso la pace e la prosperità. I continui rivolgimenti di Laputa – Castello nel cielo ribadiscono l’instabilità delle situazioni rette da principi inoppugnabili, a causa di pericoli e attacchi che le minacciano, per mano di malevoli pirati e antagonisti in generale che non capiscono l’importanza del bene comune, preferendo invece perseguire un successo personale più vicino in senso temporale ma anche ben più effimero. Sheeta – il cui vero nome è Lusheeta Toel Ul Laputa – e Pazu sono anche il prototipo degli eroi dei film dello Studio Ghibli, coraggiosi e determinati, finanche manichei e avventati, come solo i giovanissimi sanno essere.
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