L’assedio di Silverton: recensione del film Netflix di Mandla Dube

L'assedio di Silverton ricostruisce la storia vera dei tre ribelli affiliati al movimento Umkhonto weSizwe (MK) e della presa in ostaggio di una banca per chiedere la liberazione di Nelson Mandela. Dal 27 aprile su Netflix.

Disponibile su Netflix a partire dal 27 Aprile 2022 e già fra i primi posti della top ten dei più visti, L’assedio di Silverton è il thriller drammatico che ricostruisce la storia vera di un gruppo di ribelli sudafricani affiliati al movimento Umkhonto weSizwe (MK), un’ala militare dell’African Nation Congress sorto quando le azioni pacifiche contro l’apartheid sudafricana si dimostrarono non più sufficienti a liberare lo Stato dal regime segregazionista.

In particolare il film si concentra su un giorno fondamentale, il 25 gennaio 1980, quando Wilfried Mandela, Humphreis Makhubu e Stephen Mafoko, tre combattenti del movimento nella finzione rinominati Calvin (Thabo Rametsi), Aldo (Stefan Erasmus) e Mbali (Noxolo Dlamini), si rifugiano all’interno di una filiale bancaria situata proprio al centro di Silverton, città nei sobborghi di Pretoria. Con l’obiettivo di rendere la nazione ingovernabile e avviare la campagna di liberazione per Nelson Mandela, poi scarcerato l’11 febbraio 1990, i ribelli, scappati da un attacco terroristico fallito in un deposito di petrolio e braccati dalle forze di polizia, presero in ostaggio clienti e impiegati in un’ escalation di violenza che culminò con diversi morti e alcuni feriti.

L’impegno politico e l’identità sudafricana de Il processo di Silverton

l'assedio di silverton cinematographe.it

Diretto da Mandla Dube, qui al suo secondo lungometraggio ma precedentemente direttore della fotografia di vari corti e operatore di ripresa di pellicole come Man in Black II e The Italian Job, L’assedio di Silverton riconsegna al pubblico un frammento di Storia dimenticato e forse ancor meno commemorato, eppure nodale per l’avvio di quello che sarà per il Sud Africa il primo governo con un Presidente nero.

Portando alla luce l’accaduto il regista persegue infatti nel suo ambizioso progetto di dar forma a una trilogia biografico-nazionale iniziata nel 2016 con Kalushi, il biopic sul combattente per la libertà Solomon “Kalushi” Mahlangue e che si concluderà prossimamente con Il processo Rivonia, il procedimento giuridico a carico di Mandela che lo condusse al carcere a vita. Un operazione, quella del cineasta, concretamente identitaria e storiografica al contempo, che sollecita a gran voce artisti connazionali a tornare a raccontare il fervente percorso di democratizzazione multiculturale del paese.

Libertà, a quale costo?

l'assedio di silverton cinematographe.it

Girato principalmente con camera a mano alla ricerca di un senso illusorio di realismo politico quanto civile, il film prova a sostenere, alternando sequenze brutali di scontri a fuoco con quelle di calma apparente virate al dialogo e alla negoziazione con gli agenti, un’adrenalina essenziale al coinvolgimento ma non sempre alimentata da una sceneggiatura che talvolta scema il ritmo del racconto perdendosi in passaggi poco energetici.

Concedendo ai fatti qualche modifica a favore di una conformazione più vicina ai codici dell’ action/thriller, d’altronde non siamo difronte a un documentario, L’assedio di Silverton umanizza combattenti e ostaggi, ritraendo i primi con alcuni tratti empatici (sono giovani e carismatici, hanno relazioni sentimentali, sono mossi da un forte idealismo) e i secondi dal canto loro, raggruppati nella variegatura delle etnicità e delle diversità che componevano la popolazione sudafricana nel corso degli anni Ottanta. Dunque una cassiera allevata da una domestica di colore; una donna albina che camuffa la sua condizione perché emarginata; gli afrikaners, popolazione sudafricana di pelle bianca di discendenza europea e infine, tra i tre protagonisti, un Impimpi, ovvero un traditore e una spia della polizia.

Quella su Netflix può essere vista allora come un’ opera di lotta politica verso il lungo cammino per la libertà, che sembra fare eco alla (nostra) situazione politica internazionale, presentandosi inoltre come commento cinematografico a un processo di pacificazione che ci domanda senza via traverse: Qual è il prezzo per la libertà?

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.9

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