Last Words: recensione del film con Charlotte Rampling e Nick Nolte
Il film di Jonathan Nossiter racconta la fine dell’umanità in una storia ambientata in un futuro non tanto lontano da noi, in cui solo il cinema può dare nuova speranza
La fine dell’umanità immaginata dal regista Jonathan Nossiter: Last Words, dal 15 giugno 2023 al cinema, vede protagonisti l’emergente Kalipha Touray, Nick Nolte, Charlotte Rampling, Stellan Skarsgaard, Alba Rohrwacher, Silvia Calderoni. Una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema Paprika Films, Les Films D’Ici e Les Films Du Rat, distribuito da Cineteca di Bologna.
Le ultime parole del titolo sono quelle di Kal, un ragazzo africano, l’ultimo uomo rimasto sulla terra. Siamo nel 2086, è il mondo è costituito solo da macerie. Kal ci racconta i suoi ultimi anni prima della fine quando peregrinando per le strade deserte del mondo, dove non esistono più spazi verdi e sono pochi gli esseri umani, ormai diventati selvaggi, giunge in una Bologna disabitata dove incontra in un rifugio un anziano solo (Nick Nolte), un tempo era un regista e circondato da vecchie pellicole spiega a Kal la magia del cinema proiettando vecchi film che diventano per loro l’unico soffio di vita in un mondo ormai finito.
Last Words – Il potere salvifico del cinema fino alla fine del mondo
Last Words, scritto e diretto da Jonathan Nossiter, tratto liberamente dal romanzo Mes derniers mots di Santiago Amigorena, affronta un tema molto indagato al cinema e nella serialità negli ultimi anni, ovvero la fine del mondo come lo conosciamo, ultimo fulgido esempio è la serie The Last of Us, adattamento dell’omonimo videogioco di successo. Che cosa si può aggiungere quindi a un tema così presente, soprattutto alla luce dei disastrosi cambiamenti climatici che ci fanno spesso riflettere sul destino dell’umanità? Nossiter si concentra soprattutto sull’aspetto salvifico del cinema che anche in un mondo senza più socialità, senza verde, senza futuro, dona speranza, sprazzi di bellezza racchiusi in immagini immortali. Quelle immagini che sopravvivono a chi le ha “abitate”, a chi ha interpretato storie che hanno emozionato, che ci hanno fatto compagnia. In Last Words sono i film a riunire la gente: quando Kal e il suo mentore, soprannominato Shakespeare, si ritrovano dopo un lungo viaggio in un accampamento conoscono un gruppo di sopravvissuti, Batlk (Charlotte Rampling), Zyberski (Stellan Skarsgaard), Dima (Alba Rohrwacher), Anna (Silvia Calderoni), e altre persone, sono schive, non parlano, non si guardano negli occhi, ma grazie alle loro pellicole e a una cinepresa costruita artigianalmente riaccenderanno in loro la vitalità persa dalla fame, dalla solitudine, dall’infertilità che ha contagiato le piante e gli esseri umani.
Last Words: valutazione e conclusione
Un film che ha tante buone idee, una dichiarazione d’amore al cinema che fa riflettere sulle conseguenze dell’emergenza climatica, su quanto l’uomo sia distruttivo e pericoloso verso una terra che sembra ormai volersi ribellare alla sua supremazia. Ma Jonathan Nossiter, nonostante i buoni propositi, non riesce a creare un racconto coerente e appassionante, epico come le tematiche e le suggestioni che ha voluto trattare, risultando sfilacciato in alcuni momenti, non riuscendo ad emozionare come le pellicole mostrate nel film che catturano i protagonisti, dando loro una speranza, anche se è ormai la fine del mondo e dell’umanità: Buster Keaton, Anna Magnani, Totò, i Monthy Python, sono tra i volti che appaiono proiettati sulle rovine di Paestum, dove il film è stato in parte girato, creando un bellissimo corto circuito tra il passato, la storia e il futuro di macerie e solitudine raccontato in Last Words. Per una storia che mostra la potenza del cinema e delle immagini il risultato appare poco incisivo nonostante l’interpretazione di attori di grande livello come Nick Nolte, Charlotte Rampling e Stellan Skarsgaard e alla grande espressività dell’emergente Kalipha Touray.