Late Night with the Devil – recensione del film di Colin e Cameron Cairnes

Il terzo film dei fratelli Cairnes è un mockumentary nostalgico che guarda all'Esorcista.

Disponibile dal 16 marzo 2025 su Prime Video, Late Night with the Devil (2023) è la terza prova registica di Colin Cairnes e Cameron Cairnes. I due avevano già impostato un discorso sul rapporto fra immagine televisiva, immaginario horror e statuto ontologico della rappresentazione del reale con Scare Campaigns (2016). Il film in questione però non si spingeva fino ai territori della teoria dell’immagine, rimanendo ancorato a una costruzione visiva prettamente cinematografica, che non metteva mai in questione la propria natura finzionale. Con Late Night with the Devil, invece i registi australiani tentano di fare il salto di qualità (estetico-intellettuale) e si lanciano in un’operazione a metà fra il found footage e il mockumentary nostalgico.

Late Night with the Devil Cinematographe

Il film infatti è presentato come un documentario che ricostruisce un inspiegabile evento di possessione demoniaca di una ragazzina, avvenuto durante il fantomatico late show televisivo Night Owls dell’Halloween 1977. Inoltre, per aggiungere altra carne al fuoco, vengono usate immagini di repertorio storiche mescolate con ricostruzioni fittizie della vita del presentatore dello show Jack Delroy (David Dastmalchian) in odore di appartenenza a una setta satanica – gli owls, i gufi, tra l’altro in America sono associati spesso alla Massoneria e alle società segrete.

Late Night with the Devil: fra un mockumentary e horror nostalgico

Come già accennato, questo lavoro dei Cairnes si situa all’interno del sotto-filone horror mockumentary, genere caratterizzato da uno stile di rappresentazione visiva finalizzato a far emergere la predominanza, nella messa in scena, del mezzo stesso. Ovvero il fulcro estetico è l’ipermediazione, che ricorda costantemente allo spettatore, da un lato, la presenza di un dispositivo di ripresa. Dall’altro, proprio grazie a tale presenza, si vorrebbe garantire uno statuto di autenticità all’immagine riprodotta, che ovviamente il cinema esplicitamente finzionale non ha, né vuole avere. Lo spettatore è così chiamato a scegliere costantemente se e a cosacredere in quanto vede. O almeno, questi sarebbero i presupposti teorici del genere. Ma è chiaro che ormai, almeno da The Blair Witch Project – il mistero della strega di Blair (Myrick e Sànchez, 1999) in poi, il gioco è stato così sfruttato e palesato, che tutta l’ambiguità del genere è scomparsa a livello di profilmico. Rimane invece possibile un discorso sullo statuto ontologico delle immagini che compongono la messa in scena e sul loro rapporto con i concetti di vero e falso, in tempi di fake news e utilizzo politico dell’immaginario.

Late Night with the Devil è consapevole di questo cambio di paradigma del genere e per questo esibisce la propria natura fittizia fin dall’inizio, nonostante la propria cornice mockumentary. L’intero mondo descritto dalle riprese di matrice televisiva (in 4:3) si riduce a quello dell’entertainment serale dello show e di un suo backstage, dunque il regno della messa in scena e della finzione per antonomasia. Fra occultisti, showman e parapsicologi, tutti i personaggi si caratterizzano per una natura inaffidabile. Natura inaffidabile sottolineata dai diversi atteggiamenti tenuti sul palco e nel backstage. Le coordinate culturali stesse di questi anni Settanta sono quelle di una realtà dove Nixon, il Vietnam e Manson convivono con Amityville – il cui film a sua volta fu tratto da vicende (truffaldine) reali – con una versione pericolosa e genuinamente satanica dell’Anton LaVey della reale – e innocua – Chiesa di Satana e con una ragazzina posseduta che ricorda la Regan de L’esorcista (Friedkin, 1973). Insomma i Cairnes immargono lo spettatore in un universo costruito su coordinate apertamente cinematografiche, annullando così l’idea mockumentaristica di raccontare eventi della nostra realtà. Da questo deriva la scelta di non giocare più di tanto sull’ambiguità della situazione, mostrando apertamente scene fantastiche – con effetti gore e tripudio di laser – che normalmente, quando presenti nelle immagini dei mockumentary, sono quasi illeggibili o relegate al fuori campo.

Late Night with the Devil: valutazione e conclusioni

Ai due registi non interessa ingannare lo spettatore, quanto spingerlo a riflettere sulle dinamiche con cui i mezzi di comunicazione moderna riescono a falsare la realtà, a fini ideologici. Proprio per questo si concentrano sulla capacità di imbonitori o, peggio, di sedicenti paladini della verità di manipolare la percezione del pubblico televisivo al fine di fornire una versione della realtà confacente ai propri interessi. Nell’ultimo atto del film, i registi, invece, lasciano perdere momentaneamente l’aspect ratio e la patina televisive vintage, per costruire delle immagini prettamente filmiche. Decidono, cioè di giocarsi la carta della rappresentazione onirica, stabilendo un’equazione fra immagine filmica ed espressione della verità interiore individuale, in un afflato cinefilo evidente. Purtroppo però questa scelta risulta un po’ debole in quanto palesemente dettata da esigenze esplicative. Inoltre tutta la parte legata alla cospirazione satanica e al ruolo del falso LaVey, ne avrebbero giovato di più se fossero rimaste avvolte da una certa ambiguità narrativa.

Late Night with the Devil Cinematographe

In definitiva, per quanto si tratti di un piccolo film non privo di cliché e di situazioni già viste, Late Night with the Devil riesce a coinvolgere e divertire nel suo esibito amore per certo cinema horror e per il palese tentativo di sfruttare il genere mockumentary, ormai canonizzato, come contenitore postmoderno di un certo immaginario ideologico, piuttosto che come artificio atto a generare paura per i creduloni.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3