Le colline hanno gli occhi 2: recensione del film di Martin Weisz
I protagonisti de Le colline hanno gli occhi 2, a differenza del primo capitolo, in cui è facile empatizzare con la famiglia vittima dei mostruosi cannibali, sono stereotipi in carne e ossa di cui è difficile anche memorizzare il nome e dispiacersi della loro dipartita.
Se Le colline hanno gli occhi 2 fosse un canto della Divina Commedia certamente sarebbe il terzo, quello dedicato agli Ignavi. Per quanto la mediocrità, intesa come condizione di equilibrio in relazione alla media, rappresenti numericamente la maggioranza, è innegabile il fascino esercitato dagli estremi.
Tale riflessione ha un diretto riscontro anche nel cinema in cui sono apprezzati, o quanto meno ricordati, non solo capolavori ma anche lungometraggi di pessima qualità e proprio per questo dotati di un certo fascino. Il vero dramma quindi è la zona grigia, essere, citando Marino Moretti,
un’indistinta forma di passante
Ma cosa rende Le colline hanno gli occhi 2 una pellicola anonima?
Le colline hanno gli occhi 2: la trama
Qualsiasi processo d’analisi, tranne rare eccezioni, è sempre il risultato di un’interpretazione soggettiva e quindi influenzata da innumerevoli fattori. Ciononostante, messo da parte il gusto personale, persino le opere d’arte sono valutate sulla base di parametri che ne determinano poi il valore e molto spesso la fortuna. Senza indugiare troppo sul relativismo, teorie del bello e storie di geni incompresi, è necessario ammettere che spesso un prodotto mediocre è semplicemente mediocre. Questa la cifra stilistica de Le colline hanno gli occhi 2, pellicola di cui si perde il ricordo durante la stessa visione. Ma procediamo con ordine. Come facilmente intuibile dal titolo, il lungometraggio è il secondo capitolo dell’omonimo film uscito nelle sale nel 2006.
L’opera si apre con una donna imprigionata che partorisce un bambino morto e viene uccisa. Scopriamo poi che, dopo la scomparsa della famiglia Carter, l’esercito ha organizzato alcune ricerche, guidate da due scienziati, per annientare i mostri dell’Aria 16. Ben presto gli studiosi e l’intero team viene massacrato dagli spaventosi cannibali e intanto, inconsapevoli di quanto è appena accaduto, giungono sul posto dei militari della Guardia Nazionale degli Stati Uniti. Non passa molto tempo prima che i perversi abitanti del posto facciano a pezzi gran parte della squadra. Tra un omicidio e l’altro, i protagonisti apprendono che alle donne spetta un destino forse ancora più atroce ovvero procreare una nuova generazione di mutanti. Il gruppo entra nella miniera per salvare una compagna d’armi che è stata rapita da uno dei mostri ma tra i bui e lerci cunicoli altri scabrose morti avvengono.
La recensione del film
Come già detto in apertura di articolo, Le colline hanno gli occhi 2 è il sequel dell’omonimo film, approdato al cinema nel 2006, e a sua volta remake del lungometraggio, diretto da Wes Craven, del 1977. Se già tra l’opera originale e il suo rifacimento intercorre una distanza incolmabile (soprattutto per quanto la critica sociale presente nella nuova versione ma dimidiata nella forza espressiva), il secondo capitolo si presenta come una serie interminabile, anche piuttosto prevedibile e noiosa, di omicidi. La violenza inaudita non desta più meraviglia, l’effetto sorpresa è nullo e le novità introdotte, sia per quanto riguarda il percorso narrativo che le torture messe in atto dai mutanti, sono pari a zero.
I protagonisti de Le colline hanno gli occhi 2, a differenza del primo capitolo in cui è facile empatizzare con la famiglia vittima dei mostruosi cannibali, sono stereotipi in carne e ossa di cui è difficile anche memorizzare il nome e dispiacersi della loro dipartita, quest’ultima tra l’altro quasi cercata grazie alle idiozie commesse. L’assurdità di certe azioni potrebbe far erroneamente pensare a Scream, The Nightmare, Quella casa nel bosco, film che si pongono come obiettivo quello di decostruire gli stilemi dell’horror dando vita così al metacinema, elemento in questo caso totalmente assente. I soldati infatti sono solo maldestri e che vivano o muoiano poco importa.
La critica al nucleare, allo strapotere dell’America generatrice dei mostri da cui tenta di scappare è banalizzata a tal punto da cessare di esistere e diventare così un mezzo per mostrare individui dal corpo deforme. Imperdonabili poi i vuoti narrativi e la presenza di Hansel, mutante buono che dovrebbe avere un ruolo determinante nello svolgimento della pellicola (così come Ruby nel primo capitolo) salvo poi scomparire nel nulla. Se si fa fatica a credere che la sceneggiatura sia a cura del grande Wes Craven (deboli sprazzi di ironia emergono dal grigiore del lungometraggio), le musiche portano a termine la propria missione e le performance degli attori sono accettabili. Mentre la regia di Martin Weisz non presenta particolari guizzi d’autore, l’unico elemento davvero soddisfacente del film è l’estetica, il senso del grottesco, il gusto dell’orrido.
Perturbanti manichini, cadaveri sventrati, ammucchiati in ogni angolo, viscere umane, corpi spaventosi, grotteschi, uniti ad una fotografia arida, a tratti western, trasmettono sensazioni sgradevoli, di istintiva ripugnanza. Tuttavia Le colline hanno gli occhi 2 è condannato per l’eternità all’antinferno.