Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta: recensione del film di Gianluca Jodice
Dopo l'ottimo esordio con Il cattivo poeta, Gianluca Jodice torna al cinema con Le déluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta.
Dopo quattro cortometraggi, un episodio di una docuserie e un documentario, nel 2020 Gianluca Jodice firmava il suo ottimo esordio: Il cattivo poeta, un’opera solenne e rifinita; nel 2024 con Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonieta (al cinema dal 21 novemre 2024 con BIM Distribuzione) il regista va oltre, trattando il delicato ultimo periodo della famiglia reale francese di Luigi XVI, in parte all’oscuro di quello che sarebbe stato il proprio destino. Arrestati e costretti in celle, travestite da stanze reali, ma con scarso successo, è agli attori Mélanie Laurent e Guillaume Canet che affidato il ruolo, rispettivamente di Maria Antonietta e Luigi XVI, e che rende entrambi protagonisti di un’interpretazione davvero incredibile. Nel cast di Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta sono presenti anche Roxane Duran, Fabrizio Rongione, Aurore Broutin, Tom Hudson, Hugo Dillon, Vidal Arzoni, Jérôme Chappatte e Anouk Darwin Homewood, insieme a molti altri.
La caratterizzazione dei personaggi e il loro arco di evoluzione
Le deluge è la trasformazione di una famiglia che da sovrani di un popolo, di una delle città più belle del mondo e di uno dei regni più famosi della Storia, si vede togliere ogni cosa, compresa la dignità. Luigi XVI e Maria Antonietta, così come la sorella di Re Luigi e i figli, non sono all’inizio, le stesse persone che saranno alla fine: in Le deluge di Gianluca Jodice è proprio l’indagine psicologica e l’evoluzione dei personaggi a rendere il film a volte intenso, altre volte commovente, altre ancora un dramma storico. Le deluge sono gli ultimi giorni di Maria Antonietta perché è a lei che viene dato maggiore spazio, è lei che odia, disprezza e non riesce, dapprima, ad accettare che tutto è cambiato e che forse, quelli, potrebbero essere davvero gli ultimi momenti con la propria famiglia.
La fotografia si modella negli esterni e negli interni, in paesaggi e luoghi che sembrano quadri e in volti che sembrano maschere, che hanno qualcosa di volutamente artefatto, come disegnati e dipinti su una tela al qualche mancavano alcuni colori. Tutti, a parte Maria Antonietta, che seppur vuole ancora sentirsi Regina, lei diventa subito donna, persona, figura più vera, più complessa e che ha dentro di sé un caos di sentimenti, emozioni e paure che esprime spesso con rabbia, con sdegno e riluttanza verso quella vita che deve accettare. Tutto è filtrato dagli occhi di chi quella rivoluzione l’ha voluta, cercata e vissuta, ma che ancora si sente profondamente legato a quel Re, che discendente dai precedenti, è il diretto collegamento con Dio. È colui che si è amato, osannato, venerato, e per alcuni, colui al quale si è obbedito e che, nel tempo, si è pensato di aver conosciuto.
L’inizio della Repubblica e la fine della monarchia assoluta
Re Luigi XVI è l’uomo, destinato dalla nascita a salire sul trono, a guidare un Paese e ad essere, in qualche modo, ragione di ogni bene e causa di tutti i mali. Quando il Re e la Regina giungono in un palazzo che sarà per loro una prigione senza sbarre, sono ancora il simbolo della monarchia assoluta, e devono scendere a patti con quell’anima che risiedeva dormiente in coloro che si sentivano vessati e schiacciati dall’universo regale. Un mondo del quale i regnanti avevano vissuto gli agi e i lussi, dimenticandosi di chi, a poca distanza, pativa la fame e gli senti. La quotidianità dei regnanti che, ignari, continuava, indisturbata, a infiammare gli animi di chi, inizialmente voleva solo essere ascoltato. Di quel popolo che non aveva chiesto nient’altro che di amare il proprio Re, ma che sapeva di aver sopportato fin troppo, ottenendo solo silenzio e indifferenza.
Ed è in proprio in quella disturbante quiete e in quella sconcertante noncuranza che la famiglia di Luigi XVI si ritrova a vivere, capendo che il vero privilegio era rendersi conto di non avere più nulla, ricordandosi quindi com’era quando si aveva qualcosa: avere la possibilità di sentire la differenza. Re Luigi XVI si ritrova così nei panni di un uomo capace di conservare un tratto infantile, forse ingenuo, forse unico modo per andare avanti. Una figura che sconvolge e stupisce nel suo dichiarato segno caratteriale: “non permetterò a nessuno di indurirmi”. Una frase detta dalla stessa persone che, nel momento nel quale è diventata Re ha scelto, forse inconsapevolmente, di non poter essere mai più uguale a nessun altro. Sempre al di sopra, sempre di più, sempre responsabile. Incarnazione di un potere che non si può condividere. Come ha reso anche la propria ricchezza, i propri benefici e vantaggi, dimenticandosi di essere lui il vero servitore dei propri sudditi.
Il ritratto intimo delle figure principali di Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta
Il Luigi XVI di Guillame Canet preferisce sorridere di quelle avversità, di concedere ai propri bambini il piacere del gioco, quasi certo che sarebbe stato perdonato. E che non piange, non grida e non si dispera, lasciando, appunto, a Maria Antonietta, tutto il dramma di poter esprimere, da sovrana che, spodestata, ha smesso di essere, ciò che la sua famiglia stava provando. Finché c’è speranza, in Le deluge c’è un sole che, prima con timore, poi con maggiore sicurezza, si fa strada tra le nuvole, e che diventerà tinto di nero, di scuro, di una pioggia battente quando la sentenza starà per compiersi. Tutto è studiato nel film di Gianluca Jodice, bilanciato e dosato, per non eccedere in nulla, neanche nella recitazione, che da Mélanie Laurent a Guillame Canet, fino ai personaggi di contorno, sorprende sequenza dopo sequenza, primo piano dopo primo piano, tra lente panoramiche a piani a due, dove per ogni battuta c’è un effetto, una reazione, una risposta. Spesso inaspettata, oltre la apparenze, e mai scontata.
Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta: valutazione e conclusione
Se bisogna ammettere che parte della riuscita di Le déluge risiede nella sua sorgente storica, nei fatti che si conoscono e in quell’atroce aneddoto su una ghigliottina perfezionata da colui che poi morirà per mano di essa, c’è tanto altro nel film di Gianluca Jodice. Non gli esseri umani dietro i sovrani, ma gli esseri umani che si riscoprono, che, spogliati di averi e poteri, soffrono, comprendono, e si rassegnando, proprio come avrebbe fatto chiunque altro. E guardano forse per la prima volta negli occhi la rivoluzione. Una riflessione su una delle più grandi rivoluzioni di tutti i tempi, la madre di tutte le rivoluzioni che inizia con la presa della Bastiglia e finisce con la scomparsa di tutto ciò che rappresentava la monarchia. Un’esplorazione di un’interiorità di chi si trova improvvisamente sola e inerme, preda dello sgomento e dell’incredulità di quanto stia accadendo. Nell’errore di confidare in chi, forte di aver fatto arrestare i propri padroni, non si sarebbe di certo fermato. Forse per proclamare la Repubblica con maggiore predominio? Per cancellare tutto ciò che ormai apparteneva al passato? O perché la Storia non si ripeti? Qualunque sia la risposta è nota anche quanto sia stata esigua la differenza di voti che condannò a morte i regnanti. E come lui, né Maria Antonietta, non era più Re e Regina già da molto tempo prima di salire sul patibolo.
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