Le ragazze della rivoluzione: recensione del film di Giancarlo Bocchi
Il documentario è stato presentato in pre apertura al RIFF - Rome Independent Film Festival diretto da Fabrizio Ferrari al Nuovo Cinema Aquila
Pochissimi posti sul pianeta possono rivendicare un carico di sofferenza e di morte come il Kurdistan, terra da sempre schiacciata da guerre, rivolte e che negli ultimi anni è stato uno dei fronti più importanti nella lotta all’ISIS.
Le Ragazze della Rivoluzione, diretto da Giancarlo Bocchi, ha come protagoniste quelle coraggiose combattenti che hanno commosso il mondo, giovani donne che sono diventate il simbolo del valore di un popolo accerchiato da tutte le parti, costretto in queste ultime settimane a difendersi ancora una volta dalla Turchia, abbandonato da Trump, e che più di tutti ha versato sangue contro l’estremismo islamico.
Un documentario di assoluto valore
Nei 47 minuti di questo breve ma intenso micro-documentario, che ha aperto il Rome Indipendent Film Festival, Bocchi riesce nel compito di guidarci in un microcosmo che tramite la sua neutralità di sguardo, si abbandona alle riflessioni, ai sogni ed ideali di queste guerriere, tra le più temute nemiche di quell’oscurantismo che le ha assediate per anni.
Naturalista, semplice ma forse proprio per questo tremendamente efficace, Le Ragazze della Rivoluzione, è un documentario di assoluto valore, per l’umiltà che dimostra nel rinunciare a darci una visione globale, in virtù di un iter che sposa un microcosmo capace di catturare l’attenzione dello spettatore con enorme efficacia.
Le Ragazze della Rivoluzione è un racconto sulla guerra delle donne-soldato del Kurdistan
Dei curdi, delle loro donne-soldato si è parlato in lungo ed in largo, ma quanto sappiamo di chi sono in realtà queste donne? Di quale vita e libertà rivendicano? Più che un racconto di guerra, Le Ragazze della Rivoluzione è un racconto sulla loro guerra, sul perché abbia davvero un senso, un valore per loro, prendere in mano un fucile e rivendicare il diritto ad esistere in una società che non le veda oggetto, mercanzia, suppellettile per uomini che le temono, le odiano, per i quali la donna è un essere talmente inferiore, che persino la morte per sua mano è un disonore che li priva delle 72 vergini promesse dalla scellerata dottrina che li ha portati ad insanguinare il mondo.
Altro punto fondamentale del documentario, è farci comprendere come nella società curda, le donne siano quindi parte inestimabile del tessuto civile e militare, quanto stiano lottando per sé stesse, per il diritto del loro popolo e paese (schiacciato da interessi geopolitici contraddittori) ma non per loro soltanto.
Al di là del suo essere (e rivendicare giustamente) la dimensione di mini-documentario condizionato da un budget non elevatissimo, Le Ragazze della Rivoluzione è però anche elogio della volontà divulgativa, che supera limiti tecnici od economici, quando vi è volontà espressiva, un tema vero ed importante e la capacità di saperlo comunicare.
La speranza è che anche questo ottimo documentario serva ad aiutare un popolo che si dibatte tra le vita e la morte, che è stato tradito dall’Occidente, usato e poi abbandonato, in virtù di “interessi strategici” e “diplomazia” che altro non sono che foglie di fico per coprire la slealtà e viltà che impera nella alte sfere.
Scorci di vita quotidiana, polvere, tramonti, risate, la paura di un nemico che assedia esistenze e futuro, che ha il volto del califfato e di quell’Erdogan che tiene sotto scacco l’Europa…
Un piccolo sguardo dentro un mondo così lontano. Eppure così importante per ciò che rappresenta, per chi vi lotta.