Venezia 78 – Les enfants de Cain: recensione del film di Keti Stamo
Les enfants de Cain gioca sulla percezione distorta della realtà.
Nel Nord dell’Albania, nei piccoli villaggi remoti, vige ancora la legge locale e antichissima del Kanun: Les enfants de Cain di Keti Stamo si interroga e mette in evidenza le sue contraddizioni, insieme all’anacronismo e alla forte vicinanza tra essa e il pensiero infantile e “primitivo” dei bambini. Secondo quanto stabilito dal Kanin, in caso di uccisione di un proprio caro, la famiglia dell’assassino è passibile di punizione: tutti gli uomini della famiglia del colpevole devono infatti trincerarsi nella propria dimora, un luogo considerato intoccabile, per evitare di venire uccisi dagli eredi della vittima. Questa punizione dura finché non arriva il perdono che, come prevedibile, potrebbe non arrivare mai. Con questa sorta di variazione sul tema di una moderna legge del taglione hanno avuto inizio le peggiori lotte intestine della comunità locale, faide familiari lunghe decenni in cui ogni famiglia ha versato molto sangue sperando di vedere estinta una colpa ormai marchiata sulle loro case.
Nei luoghi in cui queste regole primitive vigono ancora, un gruppo di bambini intorno a un fuoco si interroga su vari temi, mettendo fin da subito bene in mostra le contraddizioni che il basilare ragionamento si porta dietro. I giovani, con la loro semplicità, fanno ricorso alle storie che conoscono: esempi della propria infanzia e parabole bibliche finiscono col raccontare la realtà che li circonda, in cui gli adulti si fanno scudo di vecchie convinzioni, evitando così di porsi domande sul perdono, sugli istinti umani e sulle regole di base di una civile convivenza.
Les enfants de Cain: la legge del Kanun nel film di Keti Stamo
Les enfants de Cain ha dalla sua parte tutta la forza dei ragionamenti infantili, grazie a cui i bambini espongono, con una candidezza che solo loro sanno avere, tutti i meccanismi e i rapporti di causa/effetto che si celano dietro tradizioni secolari. Gli adulti dialogano con ognuno di loro, ciascuno portando esempi di esperienze dirette e sottolineando la necessità di attenersi a un modello civico ormai condiviso, senza che domande inopportune arrivino a turbare la pace della comunità. In queste zone che ancora vivono in base a queste regole, il tempo è fermo in un momento eterno, tagliato fuori da eventi e accadimenti rivoluzionari della storia mondiale; avulso dal resto dei piani europei e globali, il villaggio si protegge da ogni tipo di scossone proprio grazie alla loro granitica legge. La storia di Caino e Abele, il più famoso e probabilmente il primo degli omicidi tra appartenenti alla stessa comunità, diventa l’esempio principe in base a cui calcolare la solidità del Kanun e in base a cui costruire una nuova idea di vicinanza tra singoli, fondata sulla condivisione di esperienze e difficoltà.
Il punto di vista dei bambini al centro della narrazione
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Giornate degli Autori – Notti veneziane 2021, Les enfants de Cain gioca proprio sulla percezione distorta della realtà, una prospettiva che deforma l’oggetto osservato che, in questo caso, sembra appartenere più al mondo adulto che a quello dell’infanzia. Da sempre vicina all’uso dell’arte e del cinema come mezzo di istruzione, la regista albanese Keti Stamo ha creato questo film come primo lungometraggio, erede anche della sua esperienza nei campi profughi mediorientali, a contatto con i bambini rifugiati con progetti e laboratori che sfruttano la creatività come linguaggio universale. Mai banale o patetico, anche se il pericolo era molto presente, il film si fa forza della semplicità dell’enunciazione e della linearità dei ragionamenti per mettere in mostra tutte le storture del caso.