Noir in Festival 2021 – Les Envoûtés: recensione del film di Pascal Bonitzer
Presentato in concorso al Noir in Festival 2021, Les Envoûtés adatta in chiave ammaliante e tensiva un racconto di Henry James riplasmandolo sui labili confini fra la realtà e l’immaginazione.
È una storia di fantasmi e di ossessioni quella di Coline (Sara Giraudeau). O meglio, è piuttosto l’ossessione nata dall’impossibilità concreta di contenere l’irreversibilità di un incontro fantasmatico. Inviata sui Pirenei francesi per raccogliere la testimonianza di Simon (Nicolas Duvauchelle), eclettico artista devoto e consumato alla solitudine, sulla cui vita pare aleggiare lo spettro della madre apparso nel momento esatto della sua dipartita, l’inquieta giornalista, scritto l’articolo, torna a Parigi dall’amica e pittrice spagnola Azar (Anabel Lopez), anch’essa, (pare) segnata dallo stesso (paterno) incontro spiritico di Simon. Tra i due artisti però, la possibilità di condividere le reciproche esperienze professionali e superstiziose, sembra remota quanto ostacolata dalla volontà della stessa Coline. Un torbido sentimento di gelosia e il costante alleggiare di un rendez-vous ante mortem infatti, in Les Envoûtés, in concorso al Noir in Festival 2021, tormenteranno la protagonista facendo scricchiolare, anche anni dopo, l’identificabilità dicotomica conosciuta fra quella che chiamiamo realtà, e quello che consideriamo aldilà.
Les Envoûtés: i fantasmi, i corpi e le assenze
Ispirato dall’omonimo romanzo del polacco Witold Gombrowicz e ai poemi di Gérard de Nerval, il regista, sceneggiatore e saggista Pascal Bonitzer, classe ’46, assorbe e riadatta al noir soprattutto il racconto contenuto in The Way it Came scritto dal prolifico Henry James e pubblicata nel 1896. Sebbene quella dello statunitense è una storia senza nomi, i cui protagonisti cioè vengono presentati puramente attraverso la loro funzione diegetica e non soggettiva, Les Envoûtés dà personalità e, in special modo, fisicità ai suoi protagonisti in un continuo gioco tensivo fra l’apparire e lo scomparire, rimescolando sottilmente l’idea di presenza/assenza, di spirito e di aspetto.
E lo fa attraversando il confine riconoscibile fra la realtà e la sua manifestazione spettrale, partendo dai presupposti melodrammatici di una storia d’amore sospinta da una portata erotica manifesta già al primo incontro. Nel momento in cui la sola presenza ‘altra’ irrompe e sconvolge – non solo la solitudine implosiva di Simon, quanto l’appassita fiducia romantica di Coline – Bonitzer fa aleggiare su quella passione appena divampata altri fantasmi ben più inquietanti di quelli spettrali; tessendo cioè sulla psicologia inquieta e insicura di Coline, perennemente insonne e perseguitata da ragni, la trama capace di creare la fascinazione più forte.
Riscrivere una storia sospesa. Forse (solo) immaginata
La smania interiore e il male oscuro di Coline infatti, mai risolti o quantomeno motivati, sembrano sorreggere il peso di un film di certo ozoniano per la volontà del regista di riplasmare per due volte la realtà, facendo quindi dell’auto-narrazione degli stessi personaggi la riscrittura sospesa dell’intero racconto; quanto fragile nell’abilità di tenere alta, per l’intera durata, la capacità stupefacente che un noir dovrebbe esercitare sullo spettatore. Aperto a diverse visioni e interpretazioni, la parte conclusiva de Les Envoûtés non sembra soddisfare appieno i presupposti, ottimi, della prima, alla quale Bonitzer affida l’indagine psicologica della sua protagonista e della sua fascinosa fragilità.
La gelosia remota della memoria di un incontro impedito a tutti i costi, poi davvero accaduto (o forse no), sgretola in definitiva i confini e limiti tra fantasia e tangibilità, in cui sino all’ultimo ci si chiede se quella appena vista sia effettivamente frutto di un’immaginazione amorosa precaria e scomposta già dalle premesse iniziali. Ci lascia dunque in modo enigmatico e volutamente sospeso Les Envoûtés, sulla titubante quanto sconfinata demarcazione della (apparente) veridicità. Cupa, vertiginosa e illimitata come la vista a perdita d’occhio che si schianta sui Pirenei.