L’Esorcista del Papa: recensione del film con Russell Crowe

Russell Crowe nei panni di Padre Gabriele Amorth, il celebre esorcista, è la cosa migliore di L'Esorcista del Papa, l'horror satanico diretto da Julius Avery nelle sale italiane dal 13 aprile 2023.

Attenti a dubitare del diavolo, che potreste fare il suo gioco senza neanche rendervene conto. Questo, a grandi linee, il senso della citazione in apertura del film e riconducibile a Padre Gabriele Amorth, esorcista della diocesi di Roma dal 1986 fino alla morte nel 2016, le cui memorie costituiscono lo spunto da cui (molto liberamente) parte e si sviluppa L’Esorcista del Papa, l’horror satanico con Russell Crowe e diretto da Julius Avery nelle sale italiane dal 13 aprile 2023 per una distribuzione Warner Bros. Entertainment Italia. Enfasi sul molto liberamente, nel senso che chi si aspetta un resoconto scrupoloso e dettagliato (e fedele) delle attività di Gabriele Amorth rimarrà un deluso.

Non a lungo, se si considera che sull’argomento un documentario c’è già, realizzato nel 2017 da mr. esorcismo in persona, William Friedkin, che si chiama The Devil and Father Amorth. La strada imboccata da Julius Avery per L’Esorcista del Papa, su sceneggiatura di Michael Petroni ed Evan Spiliotopoulos, è fedele ma con senso della misura, preferendo puntare sul versante truculento, inquietante, rumoroso e, per dirla in una parola, splatter, della faccenda. Non manca l’umorismo, affidato alla verve, l’esuberanza e la personalità fuori dagli schemi di Russell Crowe. Il film è tagliato su misura del suo carismatico profilo.

L’Esorcista del Papa: le finte possessioni e il restante 2%

L'esorcista del Papa - cinematographe.it

Il restante 2%. Spiega Padre Amorth (Russell Crowe) alle gerarchie ecclesiastiche che non hanno grande fiducia nel suo lavoro, è il XX secolo gente, L’Esorcista del Papa è ambientato nel 1987, che il 98% dei casi di possessione demoniaca che lo riguardano vanno derubricati sotto la voce “turbe psicotiche”. Niente zolfo, nella gran parte dei casi, eccezion fatta per quel restante, inspiegabile e abbastanza terrificante 2%, un residuo di arcaico mistero che la scienza e la medicina moderna non sanno proprio come prendere. Questo è il caso del primo esorcismo del film, un ragazzo di Tropea che lavora di immaginazione e lascia andare a freno la sua psiche contorta. Nondimeno Amorth celebra il rito come se niente fosse, perché il cerimoniale dell’esorcismo ha un prestigio e un impatto psicologico che funziona sempre, verità o psicosi. Liquidata la seconda, ecco la verità.

Non a caso si è parlato di William Friedkin, perché L’Esorcista del Papa neanche prova a dissimulare il colossale debito di riconoscenza e ispirazione nei confronti del prestigioso capostipite, il Quarto Potere dell’horror satanico. A L’Esorcista (1973) il film del 2023 “ruba” amichevolmente buona parte della sua struttura: c’è una casa gravida di sinistre sorprese, una famiglia spezzata, il padre assente, uno anzi due esorcisti dal carattere impetuoso. Suona più di un campanello ed è un effetto voluto. Anche la raffigurazione plastica dell’orrore, certo più violenta e grossolana dell’originale, molto gli deve.

Julia (Alex Essoe) ha da poco perso il marito in un terribile incidente d’auto. Unico testimone e superstite è il figlio più piccolo, Henry (Peter DeSouza-Feighoney) che da allora ha smesso di parlare. C’è anche una figlia più grande, Amy (Laurel Marsden). Lei non impazzisce all’idea di trasferirsi in Spagna con la madre e il fratello per sovrintendere ai lavori di ristrutturazione dell’Abbazia che è l’ultimo lascito del padre scomparso alla famiglia. Non aiuta granché il fatto che i sotterranei dell’antico edificio siano infestati da una presenza demoniaca potentissima e molto pericolosa, che prende possesso del corpo di Henry, minaccia di fare lo stesso con Amy e si fa beffe dei timidi tentativi del sacerdote locale, Padre Esquibel (Daniel Zovatto), perché, da demone di livello quale si considera, vuole il non plus ultra dell’esorcismo. Vuole Padre Amorth. E Padre Amorth arriva, inviato speciale del Papa (Franco Nero).

Tutta questione di peccati e peccatori

L'Esorcista del Papa cinematographe.it recensione

Esiste a quanto pare una gerarchia demoniaca per cui più in alto si sta e più si ha la chance di accedere al database privato del posseduto, tirandone fuori rimpianti, zone d’ombra, peccati. Il peccato è tutto, nell’economia narrativa e tematica di un film come L’Esorcista del Papa, è la porta aperta sull’anima del malcapitato e il terreno su cui si misura l’ambizione e la capacità dell’esorcista. Il diavolo, spiega un Russell Crowe molto a suo agio nei panni di un prete sui generis, fumantino, tenace e sempre pronto alla battuta, si insinua nella mente altrui per bombardarla di immagini ora scomode e vere, ora pericolosamente ingannevoli. E questo mix di verità e menzogna gli serve, maledettamente gli serve, per farne uno schermo che ne occulti le reali (ancor più malevole) intenzioni. Capire con chi si ha a che fare, decifrarne i disegni, dare un nome al nemico (satanico), riconoscere i propri peccati, affrontarli per arrivare infine a un perdono sincero, è la regola di base per sfangare un altro assurdo pomeriggio di possessioni ed esorcismi.

Restituiti nel modo più sanguinoso, truculento e fracassone possibile, va detto. La regia di Julius Avery non va troppo per il sottile e cerca l’effetto fisico, visibile, esteriore; un orrore teoricamente piscologico ma in realtà molto tangibile, modellato in un perverso minestrone di voci distorte, volti sfigurati, movenze ragnesche, oscenità varie, specchi che si rompono, fracasso infernale(!). Aiuta a cesellare la fosca atmosfera del racconto un’estetica di cupa violenza sorretta dalla fotografia di Khalid Mohtaseb, che non riscatta del tutto le incongruenze strutturali e di atmosfera di un film che ci mette un po’ a carburare e quando ci riesce risove tutto in una processione di orrori demoniaci molto spettacolari e non del tutto spaventevoli. Fortuna che c’è Russell.

L’Esorcista del Papa: conclusione e valutazione

Strizzatine d’occhio a un passato glorioso a parte (nello specifico, una passeggiatina con il Colosseo alle spalle) L’Esorcista del Papa è la storia di un sacerdote dalla personalità esuberante e dal gran talento cucito su misura per una star di indiscusse capacità e grande, grande carisma come Russell Crowe. La fisicità volutamente appesantita ma sempre molto incisiva del grande attore neozelandese, la capacità di tenersi in equilibrio costante tra dramma profondo e sdrammatizzazione, è ciò che di più valido il film può offrirci. Il resto è una certa macchinosità, sia nel portare la storia ai giri giusti, sia nell’allargare lo sguardo. Partendo dai peccati del singolo L’Esorcista del Papa cerca di filtrare una critica più profonda alla Chiesa tutta, dall’Inquisizione a certi discorsi più scabrosi e molesti, senza reale incisività.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.5