L’estate addosso: recensione del film di Gabriele Muccino
Archiviati i flop hollywoodiani Quello che so sull’amore e Padri e figlie, Gabriele Muccino torna a lavorare con un cast prevalentemente italiano con L’estate addosso, decimo film del regista romano presentato a Venezia 73 nella sezione Cinema nel giardino. Protagonisti della pellicola sono i giovani Brando Pacitto (Braccialetti rossi, Piuma), Matilda Lutz, Taylor Frey e Joseph Haro, mentre le musiche, a partire dal brano che dà il titolo al film, sono opera del cantautore italiano Jovanotti.
Marco (Brando Pacitto) è un ragazzo di 18 anni che non sa ancora cosa fare della propria vita dopo il diploma. A seguito di un incidente in motorino, riceve dall’assicurazione un indennizzo di 3000 euro, che decide di investire per un viaggio a San Francisco, dove sarà ospite di due ragazzi conoscenti del suo grande amico Vulcano. Prima di partire lo aspetta però una sorpresa: a fargli compagnia nel viaggio ci sarà Maria (Matilda Lutz), ragazza della stessa scuola di Marco e da lui detestata per la sua morale bigotta e conservatrice. Una volta arrivati in California, Marco e Maria scoprono che Matt (Taylor Frey) e Paul (Joseph Haro), i due ragazzi che li ospiteranno, sono una coppia gay dichiarata. Per i quattro ha così inizio un’indimenticabile estate alla scoperta di loro stessi e della propria sessualità.
L’estate addosso: quattro personaggi in cerca d’autore (e della propria sessualità)
Dopo aver raccontato il mondo dei trentenni e dei quarantenni con L’ultimo bacio e Baciami ancora, Gabriele Muccino compie con L’estate addosso un passo a ritroso nel tempo, dedicandosi al difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta, con tutte le difficoltà e le incertezze che ne conseguono. Un progetto dal buget contenuto (circa 5 milioni di euro), girato fra Roma, San Francisco, New Orleans e Cuba, in lingua italiana e inglese, che nonostante il chiaro respiro internazionale non riesce a liberarsi da una serie di clichè sull’adolescenza tipicamente nostrani e ormai francamente imbarazzanti.
Dopo un incipit decisamente affrettato e raffazzonato, più incentrato sugli sconfortanti monologhi esistenziali del protagonista e sui forzati espedienti per giustificare il viaggio a San Francisco che sull’approfondimento e l’introspezione dei personaggi, ha inizio la storia di Marco, Maria, Matt e Paul: quattro personaggi in cerca d’autore e della propria sessualità.
L’estate addosso: una pellicola quasi straniante nella sua artificiosità, fiaccata da dialoghi di una disarmante banalità
Lui ama lei. Lei ama lui. Lui ama lui. Questa la tagline usata nella locandina de L’estate addosso, che descrive in maniera sintetica, ma accurata, ciò che avviene nel corso del film. Gabriele Muccino compie la scelta coraggiosa e lodevole di inserire la tematica omosessuale all’interno di un classico teen movie, ma vanifica tutti i buoni presupposti con un approccio semplicistico e mai credibile, che non rende onore a una materia tanto complessa e stratificata. Lo spettatore si ritrova infatti ad assistere a una pellicola quasi straniante nella sua artificiosità, fiaccata da dialoghi di una disarmante banalità, messi al servizio di una trama che imbarca continuamente acqua, a partire dal presupposto che la vita di una coppia di giovani e benestanti adulti americani possa essere scossa dalle fondamenta da due sconosciuti ragazzini italiani.
L’estate addosso affronta l’omosessualità dei protagonisti con tempi esageratamente dilatati (il flashback sulla storia d’amore di Matt e Paul ha un minutaggio decisamente troppo alto rispetto alla rilevanza degli eventi in esso narrati), ma senza mai scavare in profondità l’animo dei personaggi, finendo per scadere nel macchiettistico e nel grottesco, come nella sconcertante sequenza ambientata nel gay bar. Il tutto si riduce così a una lunga carrellata di stereotipi sull’adolescenza e sull’italianità (incredibile ma vero: nel 2016 ci si affida ancora a pasta e mafia) e a un quadrilatero sentimentale in cui a un certo punto qualunque personaggio potrebbe finire a letto con uno (o più) qualsiasi degli altri, senza cambiare di una virgola il senso o la morale del film.
Le musiche di Jovanotti danno un pizzico di brio e forza a una trama a tratti soporifera
Se la sceneggiatura dello stesso Gabriele Muccino e Dale Nall è il vero punto debole del film, le cose non vanno meglio dal punto di vista attoriale. Mai davvero in parte gli americani Taylor Frey e Joseph Haro, mentre Matilda Lutz e soprattutto Brando Pacitto meriterebbero un’altra chance, magari alle prese con un copione che non li limiti a pronunciare perlopiù frasi fatte sulle difficoltà dei giovani ad approcciarsi al mondo degli adulti. In un contesto di tale mediocrità, è un colpo al cuore vedere relegato a un piccolo cameo un grande attore come Scott Bakula, indimenticabile protagonista di In viaggio nel tempo e Star Trek: Enterprise. A salvarsi sono solamente alcune notevoli inquadrature degli splendidi paesaggi americani e californiani e le musiche di Jovanotti, che danno un pizzico di brio e forza a una trama a tratti soporifera.
A dispetto delle buone potenzialità, L’estate addosso si rivela un tentativo fallito di dare smalto, spessore e internazionalità al teen movie italiano e un prodotto capace di lasciare insoddisfatti sia gli adulti sia il pubblico più giovane, impossibilitato a empatizzare con una trama realistica e verosimile soltanto nelle battute finali. Ci auguriamo che il cinema italiano sappia nel prossimo futuro premiare e incentivare progetti di ben altro tenore, con al centro idee originali invece di tematiche ormai trite e ritrite.