Cannes 2018 – Summer (Leto): recensione del film di Kirill Serebrennikov
Alla richiesta implicita di accostare il rock & roll alla trasgressione, Leto contrappone la profondità dei sentimenti più limpidi: di un uomo che ama una donna, di una donna che non vuole deluderlo e di un ragazzo che utilizza un sentimento che si vede precluso per renderlo la sua massima fonte d'ispirazione artistica.
Summer (Leto) è la storia di un’estate, la stagione d’eccellenza per dare libero sfogo ai sogni e alle aspettative per il futuro. Ma la bella stagione raccontata dal regista russo Kirill Serebrennikov (Playing the Victim, Parola di Dio) ha il sapore malinconico e dolce-amaro del ricordo, un affresco in bianco e nero in cui il colore irrompe raramente e attraverso il quale si respira l’atmosfera febbricitante di una Leningrado dei primi anni ’80 che fatica a riemergere dalle fatiche politico-sociali degli anni precedenti, anche in campo artistico.
Protagonisti di Summer un gruppo di musicisti che cerca la propria strada verso il successo, sulle orme degli idoli occidentali che ce l’hanno fatta molto prima, da Led Zeppelin a Lou Reed, passando per David Bowie, Iggy Pop e i T-Rex. Una strada che sembra dover obbligatoriamente passare dalla denuncia e dalla ribellione, ostentando una vita dissoluta che incarni il malessere in cui la società ha trascinato le sue vecchie e nuove generazioni. In questo contesto, il giovane e talentuoso Viktor cerca di seguire le orme del suo idolo Mike – accompagnato dalla splendida moglie Natasha e dal figlioletto – che si offre come mentore per il ragazzo, cercando insieme a lui la giusta identità per sfondare.
Ma la musica è urgenza e passione, esattamente come l’amore, la più grande fonte di ispirazione esistente e al contempo il freno più potente, laddove non si è disposti o non si ha la possibilità di sovvertire le proprie regole personali.
Summer: un viaggio psichedelico alla ricerca di un’identità in cui sentirsi comodi
Il film di Serebrennikov parte con una lunga introduzione per presentare i protagonisti e il loro ruolo in una vicenda – quella principale – che tarda a prendere forma. Ma se si riesce a superare l’impasse di tale esordio faticoso, Summer rivela un cuore pulsante composto da un crescendo emotivo di rara bellezza, che vede delinearsi il tema principale del film nell’amore e nella sua impossibilità di essere vissuto fino in fondo laddove il condizionamento sociale e personale è ancora troppo forte. Ma non si tratta solo di questo: alla richiesta implicita di accostare il rock & roll alla trasgressione, il regista russo contrappone la profondità dei sentimenti più limpidi: di un uomo che ama una donna, di una donna che non vuole deluderlo e di un ragazzo che utilizza un sentimento che si vede precluso per renderlo la sua massima fonte d’ispirazione artistica, in barba a chi vorrebbe vedere le rock star sempre sull’orlo del baratro e necessariamente protagoniste di una vita dissoluta.
La regia segue tale percorso personale dalla prospettiva dei voli pindarici dei protagonisti, la cui fantasia li porta a vivere in un perpetuo videoclip, in cui possono sperimentare come ci si sente sulla cresta dell’onda ma anche quanto sia facile cadere da una tale altezza. Una caduta che, tuttavia, Summer non mostra, ma con più di un pizzico di nostalgia per ciò che sarebbe potuto accadere ma che nessuno dei protagonisti si è sentito abbastanza coraggioso e sfrontato per vivere, preferendo sublimarlo in arte.
Summer (Leto) è un’opera inaspettata e magnetica, in grado di coinvolgere gli spettatori al ritmo di musiche indimenticabili e nuovi accordi che mostrano il germe di ritmi e testi che sono parte della vita di tutti noi, e ci rendono felici pur provenendo dal travaglio interiore di chi li ha creati. Questa è la magia del rock.
Summer è al cinema dal 15 novembre 2018 con I Wonder Pictures.