Venezia 75 – L’ultima ora: recensione del film di Sébastien Marnier
Un thriller psicologico che attraversa le sfumature dello scontro generazionale, mettendo sul piatto note positive, ma anche occasioni sprecate.
L’ultima ora (L’heure de la sortieil titolo originale e School’s Out quello internazionale) è un film del 2018 scritto e diretto da Sébastien Marnier, basato sull’omonimo romanzo di Christophe Dufossé e presentato nella sezione Sconfini della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. I protagonisti della pellicola sono Laurent Lafitte (già visto recentemente nello splendido Elle), Emmanuelle Bercot e un nutrito gruppo di giovani promesse del cinema francese come Gringe, Grégory Montel, Pascal Greggory e Luàna Bajrami.
Un professore di una piccola classe di liceo si getta improvvisamente dalla finestra durante una lezione. Per sostituirlo mentre si trova in ospedale in fin di vita, viene ingaggiato il giovane Pierre (Laurent Lafitte). Il nuovo professore si presenta alla classe e al personale scolastico con le migliori intenzioni, ma nota fin da subito ostilità e inquietante anaffettività da parte di un gruppo di 6 studenti. Dopo una serie di sinistri avvenimenti e visto il perdurare di questo atteggiamento, Pierre comincia a seguire questi 6 studenti, scoprendoli intenti a preparare un misterioso progetto. Il professore si trova così trascinato in un vortice di follia e ossessione, che cambierà per sempre la sua vita e quella dei suoi studenti.
L’ultima ora: un thriller psicologico che diventa scontro generazionale
C’è del buono in L’heure de la sortie, anche se Sébastien Marnier non riesce sempre a sfruttare pienamente i molti spunti interessanti messi sul piatto. Ci sono i minacciosi alunni della classe del Professor Pierre, che sembrano usciti direttamente da Il villaggio dei dannati, con i loro sguardi fissi e vitrei, c’è un’atmosfera torbida e malsana, che genera un’atmosfera malsana che attraversa l’intero film, e soprattutto c’è un vero e proprio scontro generazionale fra dei ragazzi indignati per le diseguaglianze e le contraddizioni della civiltà contemporanea, incanalati di conseguenza verso una pericolosa deriva, e degli adulti e docenti troppo chiusi nella loro indifferenza e nella loro situazione di relativo privilegio per ascoltarli, che riflette perfettamente lo scontro sociale che attanaglia diverse civiltà odierne.
Su queste intriganti basi, Sébastien Marnier tesse un thriller psicologico che funziona bene per almeno metà della sua durata, perdendo di intensità ed efficacia nel momento in cui occorre riallacciare i tanti fili narrativi lasciati in sospeso. La prima parte di L’heure de la sortie dissemina infatti indizi, suggestioni e l’affascinante indagine su una serie di misteriosi DVD girati dagli alunni ribelli, che ricordano da vicino le ormai celeberrime cassette della prima stagione della serie Netflix Tredici. Noi spettatori veniamo trascinati di prepotenza nella vicenda, cominciando a sospettare di qualsiasi sguardo e di ogni scricchiolio e soprattutto chiedendoci quale sia il piano di questi disturbati ragazzi per fare valere le proprie ragioni. Entriamo inoltre in empatia con il personaggio di Pierre, vero e proprio intermediario emozionale fra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi, che sembrano entrambi cingere un segreto troppo grave per essere rivelato.
L”ultima ora è penalizzato da una parte finale incapace di riallacciare degnamente i tanti spunti lasciati in sospeso
Dire che la montagna partorisce un topolino sarebbe probabilmente eccessivo e ingiusto nei confronti di un finale che a modo suo chiude il cerchio della vicenda e paradossalmente riavvicina le due generazioni proprio nel momento del bisogno, ma la risoluzione della vicenda appare troppo semplicistica e soprattutto sciatta nella preparazione, a causa soprattutto di personaggi presi e abbandonati a metà strada, del non sufficiente approfondimento del piano dei ragazzi e di troppi risvolti inconcludenti, che non rispettano la regola del fucile di Cechov, secondo cui ogni elemento introdotto nel racconto deve avere una propria funzione. Troppo poco per affossare il giudizio sul film, che rimane positivo anche grazie a un buon comparto tecnico e sonoro, ma abbastanza per impedire a L’heure de la sortie di lasciare una traccia indelebile e assurgere allo status di cult.
In conclusione, nonostante i suoi difetti nella parte finale L’heure de la sortie diventa una riuscita metafora dello scontro generazionale in atto oggi soprattutto nel vecchio continente, ma anche della tipica contraddizione umana che vuole fazioni diverse e punti di vista discordanti capaci di unirsi solo nel momento del disastro e della tragedia, quando ormai non c’è nulla da fare per risollevare la situazione. Un film figlio dei nostri tempi dunque, degno esponente della sezione Sconfini, gradita novità di questa edizione della Mostra.
L’ultima ora è al cinema con Teodora Film a partire dal 4 luglio 2019.