Venezia 77 – Listen: recensione del film di Ana Rocha de Sousa
Listen è un film portoghese che racconta la storia di una famiglia in difficoltà economica che deve fare i conti con i servizi sociali.
Listen racconta la storia di una coppia di immigrati portoghesi a Londra, genitori di tre bambini e in grandi difficoltà economica, che si ritrova a dover fare i conti con i servizi sociali. Inserito nella rassegna Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia 2020, il film della regista portoghese Ana Rocha de Sousa sceglie una narrazione e una regia semplici per offrire uno sguardo fugace sulla difficile tematica dell’assistenzialismo alle famiglie indigenti con a carico dei minori.
Il film punta a sottolineare le contraddizioni insite nelle leggi e nella burocrazia, soprattutto nei metodi che gli assistenti sociali adottano per valutare le situazioni di rischio. Listen racconta la battaglia di due genitori contro le istituzioni che invece di aiutarli a migliorare la propria condizione sembra vogliano solo distruggere i legami.
Listen è un film che parla di separazione preventiva
L’azione si svolge in una zona periferica di Londra, dove Bela e Jota, una coppia portoghese con tre bambini, fatica a far quadrare i conti. Lei fa le pulizie, lui si ritrova senza paga regolare poiché ha un lavoro in nero. Quando a scuola si verifica un malinteso con la loro figlia sorda che presenta degli strani segni sulla schiena, i servizi sociali si allertano per verificare le condizioni in cui vivono i bambini. La famiglia è effettivamente con poco cibo, senza medicinali per curare una banale febbre e inoltre si trova con le spalle al muro nell’essere impossibilitati ad affrontare una grossa spesa economica che restituirebbe l’apparecchio acustico alla piccola Lucia, una bambina che non ha l’udito. Quando i servizi sociali irrompono nella vita di questa famiglia, insieme nonostante le grandi difficoltà, l’unica soluzione per le istituzioni sarà quella di separarli. Ma siamo sicuri che il vero aiuto sia sempre allontanare senza una valutazione approfondita? Valutare in modo astratto spesso dà adito ad errori le cui conseguenze vengono pagate solo dai piccoli.
Listen: per essere dei bravi genitori basta l’amore?
Listen cerca di intercettare le sfumature tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, inscenando la disperazione di due genitori a cui vengono strappati via i propri figli. Nonostante la situazione socioeconomica al limite, i due genitori cercando di rimanere a galla, impegnandosi (senza però buoni risultati) per offrire una vita dignitosa ai propri bambini.
Come si fa a stabilire se un genitore sta facendo bene il suo lavoro? L’amore c’è ovviamente, ma basta? Quando invece è colpa della società che non permette a tutti di vivere la propria vita con dignità? Soprattutto quando le istituzioni hanno cessato di essere dalla parte dei più deboli, applicando delle fredde regole senza studiare al meglio la situazione? Domande che il lungometraggio portoghese si pone, limitandosi a raccontare una storia drammatica che però pecca di superficialità.
Cinema di denuncia dalla parte dei più deboli
Di tematiche da affrontare ce ne sarebbero tante: dal capire dove si trova l’inghippo che non ha permesso a questa famiglia di vivere dignitosamente, alle possibilità che oggi il welfare offre a chi è in seria difficoltà. Nel film poi si accenna en passant a tutto quello che c’è dietro gli affidi parentali. Grazie al personaggio di un avvocato che da volontaria aiuta le famiglie a cui i servizi sociali hanno tolto i figli a ricongiungersi con loro, veniamo a conoscenza del fatto che quello degli affidi rappresenti addirittura un business per le famiglie affidatarie che ricevono un contributo economico statale in base al numero di ragazzi e bambini che accolgono nelle proprie case.
Listen accenna a diversi aspetti di denuncia che riporta subito alla memoria il recente scandalo di Bibbiano. Peccato che l’aspetto più legale e burocratico non venga approfondito per dare spazio principalmente alla vicenda drammatica. Il film prova quindi a ripercorrere la strada di un cinema di denuncia sociale che vuol raccontare le problematiche dei ceti bassi, come quello di Ken Loach, senza però riuscirsi per profondità.