LFF 2018 – Lizzie: recensione del film con Kristen Stewart

Un thriller psicologico in costume dalle note horror, ispirato a una storia vera, che ha attirato l'attenzione del regista fin da piccolo.

“Un pazzo o una persona sana di mente con il cuore pieno di odio come l’inferno stesso” è stato definito nel 1892 il responsabile della strage della famiglia Borden nel Massachusetts. Craig William Macneill ha scelto di raccontare questa triste storia realmente accaduta nel suo Lizzie, presentato in anteprima al London Film Festival 2018.

Kristen Stewart e Chloe Sevigny sono protagoniste di un thriller psicologico in costume in cui la tensione si costruisce gradualmente. Lizzie Borden conduce una vita normale nella sua grande casa immersa nella campagna, ma la sua famiglia è in perenne conflitto, soprattutto a causa del padre severo che impone rigide regole di convivenza. Segreti, mancanza di fiducia e abusi sono all’ordine del giorno, ma Lizzie non può rinnegare la sua natura. Quando a casa prende servizio la domestica Bridget, timida e docile, tra le due nasce un’amicizia complice che, in breve tempo, si trasforma in una passione travolgente oltre i limiti, per l’epoca in cui vivono. La personalità di Lizzie appare instabile fin dall’inizio del film, ma la sua relazione con Bridget e le continue discussioni con il padre, alimentano il suo disagio esistenziale fino a esplodere in azioni istintive e raccapriccianti. 40 coltellate inferte alla madre e 41 al padre in preda a un delirio sfrenato che si conclude con uno spargimento di sangue inverosimile rimasto nella storia.

Lizzie: thriller horror in costume tratto da una storia vera

Lizzie si presenta come un dramma in costume al femminile, contaminato in maniera sottile da uno stile thriller-horror che offre immagini cruente. La realtà è solo una vaga ispirazione da cui Macneill parte per portare sullo schermo una sua versione del fatto di cronaca nera che ricorda la sensualità misteriosa ed enigmatica di alcuni film di Brian De Palma.

La sceneggiatura di Bryce Kass punta sul contrasto. Da una parte la delicatezza e tenerezza dell’amore soffocato tra Lizzie e Bridget che, per gran parte del film, vive di sospiri, sguardi complici e mani che si sfiorano, sottolineando il pulsante desiderio che aspetta solo il momento giusto per esplodere. Dall’altra parte la follia e l’imprevedibilità delle azioni, data dai chiari segni di disturbo mentale della padrona di casa, con le sue convinzioni e una determinazione maniacale nel commettere un crimine violento con freddezza e premeditazione. Il femminismo si scontra con un patriarcato, mentre un amore omosessuale permette di far riflettere sul pregiudizio e l’intolleranza in una società chiusa e ottusa, prigioniera di convenzioni e antiche gerarchie.

Lizzie :femminismo, patriarcato, omosessualità e follia nel film di Craig William Macneill

La fotografia di Noah Greenberg aiuta a calare i personaggi in un’atmosfera inquietante, anche grazie a una musica invasiva e disturbante che annuncia i momenti terribili in arrivo. Kristen Stewart non convince pienamente con una interpretazione tiepida, oscurata dalla bravissima Chloe Sevigny, perfettamente in parte e carismatica mentre padroneggia una lucida follia. E’ lei che guida il film, portandolo nella direzione giusta con un ritmo dinamico e un potere di persuasione intrigante e raffinato. Tuttavia l’alchimia tra le due attrici denuncia una certa naturalezza e si percepisce il legame personale del regista con questa storia che ha attirato la sua attenzione quando era piccolo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.5