Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate: recensione
Era il 2003 quando Peter Jackson entra prepotentemente nell’olimpo Hollywodiano con il suo Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re, capitolo conclusivo che aveva affollato le sale di tutto il mondo, una fine che aveva fatto intascare al film ben 11 Oscar. Undici anni dopo Jackson ci riprova con la pellicola finale della saga Lo Hobbit, così dopo il deludente Un Viaggio Inaspettato e il promettente La Desolazione di Smaug, arriva finalmente La Battaglia delle Cinque Armate, ultimo viaggio nella Terra di Mezzo.
Mi Seguireste… un’ultima volta? – Thorin Scudodiquercia
Smaug è stato svegliato e ha messo a ferro e fuoco il vicino villaggio di Ponte LagoLungo, inizia così una sequenza spettacolare di fiamme e frecce nere. Nel frattempo, a Ereborn, Thorin Scudodiquercia, Bilbo e la compagnia dei nani liberi dalla presenza del drago, si insinua nel cuore della montagna solitaria per trovare il tesoro e la mitica Arkengemma. Ma la malattia del drago è dietro l’angolo e Thorin, accecato dalla cupidigia, inizia a rimangiarsi la parola data e ad andare contro tutti quelli che gli erano stati fedeli. Come se non bastasse Ereborn sembra essere pronta per la battaglia che vede i Nani da una parte e Umani ed Elfi dall’altra, ma a contendersi le ricchezze e la posizione strategica della roccaforte nanica sembrano esserci anche gli orchi inviati dal temibile Sauron. Riusciranno Gandalf e Bilbo a risvegliare Thorin dal torpore e fermare le armate di Mordor?
Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate è, sulla carta, un film indubbiamente epico che però perde un po’ lo smalto a causa delle divisione in 3 capitoli di un libro di poco più di 300 pagine. Dopotutto anche Peter Jackson può poco contro la macchina di Hollywood e se l’incasso è lo scopo principale la pellicola viene annacquata e infarcita di scene e personaggi inutili, ed ecco arrivare Tauriel, elfa inventata di sana pianta, innamorata del nano Kili e sequenze di agility con protagonista Legolas che vede modificate graficamente non solo salti degni di un game di basso livello ma anche il volto palesemente “ricostruito”. Ma a parte qualche scivolone The Battle of The Five Armies è un film che conquista e incolla allo schermo, per quasi tre ore ci si perde nelle meravigliose lande neozelandesi che hanno dato casa alla Terra di Mezzo. Jackson dopotutto è un maestro a trasporre J.R.R. Tolkien in una pellicola capace di trasportarci in mezzo alla battaglia e a farci perdere tra le vaste sale della roccaforte di Ereborn, probabilmente i Tolkeriani DOC storceranno il naso per le inesattezze con il libro molto più collegato al Signore degli Anelli di quanto dovrebbe, ma poco importa vista la capacità della pellicola di mettere d’accordo anche chi il fantasy non lo ama particolarmente, anche perché nonostante si tratti di personaggi fantastici (elfi, nani, hobbit) hanno sentimenti e debolezze umane che ci vengono mostrate con una nudità che colpisce.
Ma se Peter Jackson dirige, ad essere sotto la sua ala ritroviamo un cast senza difetti: Martin Freeman è Bilbo Baggins hobbit trasformato in un eroe suo malgrado, ma che ormai accetta il ruolo perché si rende contro di aver trovato un famiglia in un gruppo di nani, Ian McKellen torna nel ruolo di Gandalf il Grigio e non delude le aspettative rendendo lo stregone il personaggio affascinante che è sempre stato, Richard Armitage ha ormai il ruolo di Thorin Scudodiquercia nelle sue corde mostrandoci anche un lato nascosto ed oscuro; a dare lustro alla saga tornano anche Cate Blanchett Cristopher Lee e Hugo Weaving che riprendono rispettivamente i ruoli di Galadriel, Saruman e Elrond in una delle sequenze più spettacolari di tutto il film.
In conclusione La Battaglia delle Cinque Armate è un film al di sotto delle aspettative create dalla New Line Cinema e dalla Metro – Goldwyn – Meyer, ma intrisa di quel fascino gotico e fantastico che rende la visione spettacolare e divertente quel tanto che basta a farlo campione di incassi.