RomaFF11 – London Town: recensione del film di Derrick Borte
London Town è un film di Derrick Borte, presentato alla Festa del cinema di Roma nella sezione Alice nella città.
Shay Baker (Daniel Huttlestone) è un ragazzo di quindici anni che vive nella periferia di Londra alle fine degli anni ’70. La sua vita, come quella di molti altri inglesi, è al limite della povertà, lo scheletro di una nazione fustigata dall’abbattimento delle politiche sociali e dalla totale disattenzione verso la disoccupazione (la Tatcher fu una chiara esponente di quel neoliberismo o nazionalismo vittoriano che comportò la chiusura di molte fabbriche).
In questo contesto storico sul versante musicale ad esprimere protesta e malcontento erano i Clash, che diversamente dai Sex Pistols, ambivano alla rinascita della classe operaia, per un’ acquisizione di diritti ormai finiti nel dimenticatoio. Una razza non protetta furono tutti i precari che di colpo si videro negati scuola pubblica e assistenza sanitaria, le cui condizioni vennero denunciate da tutta la classe media e i sindacati.
Queste atmosfere delimitano lo scenario di London Town e del suo protagonista Shay, che vive con la sorella più piccola Alice e il padre Nick Baker. Il padre ha due lavori, si dà da fare dalla mattina alla sera per poter sostenere la famiglia con il negozio di pianoforti e il lavoro di taxista notturno; torna a casa solo per pranzare ed è li che Shay prepara i suoi pranzi arronzati e ingeribili che verranno simpaticamente canzonati dalla sorellina, un piccolo essere sagace e supponente.
Shay, in assenza della madre che vive altrove, deve sbrigare ogni tipo di faccenda di casa sostituendo ogni ruolo, paterno, materno e di moglie, un ragazzino che rinuncia a tutti e a tutto, amici e passioni per sostenere il padre e le sue difficoltà lavorative. Una mattina prende il treno per andare nel centro di Londra e si trova seduto di fronte una ragazzina piuttosto particolare: trucco molto forte con gli occhi marcati di nero, calze strappate, stivaletti di pelle e capelli arruffati biondi, il tutto impreziosito dal modo di fare spavaldo e sfrontato della ragazza che vede questo ragazzino in camicia e cravatta e comincia a fissarlo.
I due cominciano a parlare, Vivian (Nell Williams) è una grande fan del punk e adora I Clash che avrebbero tenuto un concerto in quei giorni, un evento assolutamente imperdibile. La carica di questa ragazza è trascinante e i due cominciano a frequentarsi a giorni alterni. Finché un giorno, mentre aiuta il padre a portare un pianoforte su per le scale, questi non inciampa e crolla sotto il peso del piano, finendo in ospedale in condizioni stabili ma drammatiche per lavorare.
La situazione è al limite, da un lato c’è una famiglia da mandare avanti, le spese da pagare, il negozio da mantenere ma Shay ha pur sempre poco meno di quindici anni.
Dall’altro ci sono Vivian e l’attrazione verso il mondo punk, mondo che la attrae inesorabilmente, un mondo fatto da persone che denunciano, che tentano la sommossa, un mondo indisciplinato, sorretto dalle lotte intestine sul versante sociale, politico ed economico, la cui figura di Joe Strummer attraverserà la pellicola in modo intenso ma non imperante.
Shay andrà incontro a tutto, la lontananza della madre, che vive in una comune facendo musica e tentando il successo, il lavoro di taxista che dall’alto della sua tenera età prenderà in carico sovvertendo ogni regola, e Vivian, quella dolce anima punk che avrà modo di conoscere e farsi accattivare.
E proprio il negozio di pianoforti sarà il fulcro della rinascita, un negozio aperto dal padre poiché grande musicista ormai in declino, e molla filmica per riscattare una famiglia e un padre che per il bene comune ha tentato l’impossibile senza mai farlo prevaricare dall’individualismo e da moti personali di vanagloria.
London Town è una nota che oscilla tra le altezze delle atmosfere punk e una leggerezza discorsiva che vuole rischiarare le brutture del passato con una voglia di far passare un messaggio di lieta speranza, forzata o forse no, verso chi non è riuscito a superare gli anni della Iron Lady, tanto vituperata, che nella pellicola è anche volontariamente lasciata sullo sfondo per non scardinare il senso di rivalsa focalizzato su Shay.
Non rimane invece sullo sfondo la figura di Joe Strummer (intepretato egregiamente da Jonathan Rhys-Meyers), profetica e determinante, persona e mito che non rimane sul palco a inneggiare alla protesta , ma svela qualcosa, si propone, non lascia che le cose accadano, urla quanto il suo punk sia poco punk narrando Something about England.
Regia 3
sceneggiatura 3,5
fotografia 3,5
recitazione 4
sonoro 5
emozione 3,5