Lonely Planet: recensione della rom-com Netflix
Non c'è chimica tra Laura Dern e il divo di Hunger Games, nella rom-com di Netflix a tema incompatibilità di coppia Lonely Planet.
Metti la “bellezza divina” di Liam Hemsworth, il fascino del Marocco e la bravura di Laura Dern in una pellicola di genere sentimentale con atmosfere romantiche, e il risultato è Lonely Planet. La rom-com scritta e diretta da Susannah Grant, disponibile su Netflix dall’11 ottobre 2024, che si posiziona nel filone delle storie d’amore dove la donna è molto più grande dell’uomo. Lonely Planet solamente nella parte finale rivela qualche idea interessante e attuale, ma nel complesso è un film che non riesce a trasportarci nei venti di Marrakech, perdendosi in un intreccio per lo più già visto, con due attori forti (visti singolarmente), ma che insieme non riescono ad emozionare: il premio Oscar Laura Dern e il divo di Hunger Games, Liam Hemsworth.
Lonely Planet – una love story sboccia in maniera non convenzionale durante un ritiro per scrittori, a Marrakech
In Lonely Planet non c’è solo esotismo, perché accanto a Laura Dern e a Hemsworth troviamo nel cast anche l’italiano Adriano Giannini, nei panni di Ugo Jaconelli. La trama però ruota attorno a Katherine Loewe (Laura Dern) che interpreta una scrittrice americana famosa. La donna si reca ad un ritiro di intellettuali per superare il suo periodo di blocco creativo (da almeno due anni non riesce a finire il libro promesso al suo editore e in più è nel bel mezzo di un movimentato – classico – divorzio). Per sfuggire al suo stesso caos, Katherine accetta un invito all’ultimo minuto: un ritiro internazionale in un elegante resort in Marocco. La donna arriva a Marrakech con la forte speranza di riavere le sue idee. L’albergo è un luogo suggestivo e accogliente; e all’interno della cerchia di intellettuali c’è anche la coppia di trentenni composta da Lily Kamp (Diana Silvers) e da Owen Brophy (Liam Hemsworth). Lily ha scritto il suo primo romanzo che è diventato bestseller, Owen è il suo fidanzato che non è uno scrittore ma lavora nella finanza, nel settore del private equity. Katherine e Owen si incontrano in un modo non convenzionale, di notte, nel bel giardino del resort e inaspettatamente si rivedono il giorno dopo, quando rimangono soli per molto tempo a causa di un guasto al motore della macchina: ma qui è l’amore che si rimetterà in moto.
Non c’è chimica tra Laura Dern e il divo di Hunger Games
Katherine Loewe è una donna forte (Susannah Grant è un’esperta delle storie al femminile che raccontano di donne determinate). E Lonely Planet parte esplicitamente da tre idee di fondo: l’amore di una over 50 per un uomo molto più giovane di lei – talmente forte da cambiare le loro esistenze-, i segnali per distinguere l’amore vero da quello sbagliato e il viaggio come profonda esperienza trasformativa. Il film, però, non riesce a coinvolgere e si limita a immergere i due protagonisti in un posto esotico, a farli interagire attraverso pochi dialoghi interessanti. Vicini solo nel deserto ma lontani da questioni d’alchimia e da ogni appassionante approccio amoroso.
Lonely Planet: valutazione e conclusione
La “messa in scena” è per lo più assente. E neanche la bellezza di Liam Hemsworth e il talento di Laura Dern bastano a salvare Lonely Planet che come tanti altri prodotti esplora questioni legate all’incompatibilità di coppia e al mancato sviluppo di una connessione emotiva vera. Il film suggerisce che ci può essere sempre un certo margine di errore, quindi uno spazio per il caos, e ci invita a seguire l’istinto nel momento in cui tutto cambia. Un tutto rappresentato senza risvolti interessanti, brividi o palpitazioni. Senza trasporto.