LFF 2018 – Lontano da qui: recensione del film
Lontano da qui è un film ambizioso che ruota intorno alla poesia in una società ormai schiava della tecnologia.
Lisa Spinelli è una maestra che insegna in una scuola materna di Staten Island. Sogna una vita all’insegna dell’arte, ricca di riferimenti intellettuali che stimolino la creatività e una voglia disperata di emozione. La sua famiglia le vuole bene, ma non condivide questa sua passione, per cui Lisa frequenta un corso di poesia anche se non sembra avere il talento necessario. Le sue opere in versi, infatti, sono mediocri, e solo l’incontro con il piccolo Jimmy riesce a scuotere la sua vita, nel bene e nel male. Quando la donna ascolta il bambino che recita una sua poesia originale ad alta voce, camminando avanti e indietro in un’aula vuota, resta stregata da quelle parole e si convince di doverlo aiutare a sfruttare il suo potenziale. Quella che all’inizio sembra una tenera amicizia finalizzata alla crescita di entrambi, si trasforma in un’ossessione ambigua da parte della maestra, con conseguenze pericolose.
Dopo Little Accidents, la regista Sara Colangelo adatta per il grande schermo l’omonimo film israeliano diretto da Nadav Lapid, ambientandolo negli Stati Uniti e proponendo un punto di vista femminile intimo e conflittuale. Una scelta coraggiosa quella di mettere al centro della sceneggiatura un personaggio materno e rassicurante che, gradualmente, rivela alcune sfumature maniacali e compromettenti. Maggie Gyllenhaal regala un’interpretazione misurata e coinvolgente, sottolineando la natura duale di Lisa, protagonista di un percorso umano enigmatico e imprevedibile. Ma la vera sorpresa è il piccolo Parker Sevak, il bambino che interpreta Jimmy con un carisma del tutto naturale che ipnotizza lo spettatore. Tra lui e Gyllenhaal si crea un’intesa tangibile sulla scena, motore pulsante del film che procede con un ritmo sostenuto, seguendo una narrazione rilassata ma intensa ed emozionante.
Maggie Gyllenhaal in Lontano da qui regala un’interpretazione misurata e commovente
Lontano da Qui affronta anche il tema della maternità, presentando una donna affettuosa e fragile che ha due figli che sognano un futuro diverso da quello che lei vorrebbe per loro. Sono dei ragazzi concreti che vogliono seguire strade professionali tradizionali, come l’esercito o un’attività commerciale, mentre Lisa non desidera altro che iscriverli all’università per alimentare la loro cultura e puntare su una personalità più intellettuale. Pertanto Jimmy diventa per lei un simbolo di evasione e il figlio che avrebbe sempre voluto. Un aspirante poeta con un talento naturale e tante cose da dire in un modo magico e definitivo. La regista riesce a confezionare un dramma sensibile, contaminandolo con i toni del thriller psicologico. Un film che riflette anche sull’idea di educazione alternativa, proiettata al di fuori delle mura scolastiche. La scuola in cui Lisa insegna ha le grate alle finestre e appare come un luogo claustrofobico simile a una prigione per le giovani menti in fibrillazione. Ma lei desidera portarli fuori per offrire loro un contatto più diretto con l’esterno, con la natura e la realtà, forse più utile per la sopravvivenza nel futuro.
Lontano da Qui, tuttavia, è anche un film ambizioso che ruota intorno alla poesia in una società ormai schiava della tecnologia, dove tutto corre veloce e il tempo di leggere pochi versi e di “vedere la realtà con occhi diversi” è sempre più difficile.
Lontano da Qui è in arrivo nelle sale cinematografiche dal 22 novembre 2018 con Officine UBU.