L’origine du monde: recensione del film Netflix di Laurent Lafitte

Nel suo esordio alla regia il noto attore francese Laurent Lafitte riadatta la pièce teatrale L’origine du monde di Sébastien Thiery, mettendo in scena la crisi di mezza età di un ultraquarantenne alle prese con i traumi e i tabù di un’imbarazzante immagine materna.  

Esordio alla regia dell’attore e volto noto della Comédie-Française Laurent Lafitte, L’origine du monde (su Netflix dall’11 gennaio 2022 e selezionato con bollino a Cannes 2021) richiama, per titolo e intreccio dell’intero racconto, all’omonimo quadro di Gustave Courbet, custodito ed esposto al Museo d’Orsay di Parigi. Realizzato nel 1866 e dalle dimensioni di poco più che una fotografia, il dipinto raffigura, con estremo realismo e altrettanto estrema temerarietà, una vulva in primissimo piano, mostrata in tutta la sua naturale potenza generatrice e dunque doppiamente erotica e simbolica.

Quell’immagine, che ancora oggi spiazza il visitatore il cui occhio viene rapito dall’onestà e dall’audacia del soggetto, nell’esordio alla regia di Lafitte, su sceneggiatura originale della pièce teatrale di Sébastien Thiery, diventa un qualcosa da ricorrere: una polaroid da scattare fra le gambe nude della propria madre come soluzione unica al garantirsi una sorta di nuova nascita.

L’origine du monde: morte apparente e nascita simbolica

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Jean-Luis (Laurent Lafitte; Elle, Piccole bugie tra amici, L’ultima ora), avvocato e marito senza prole di Valérie (Karin Viard), un giorno sente che qualcosa nel suo petto non funziona più. Il suo battito cardiaco, improvvisamente e senza alcuna spiegazione, cessa di lavorare – eppure lui respira, ha ancora ogni funzione vitale, insomma è ancora vivo. Dopo un consulto fallito con l’amico di sempre e veterinario Michel (Vincent Macaigne), la moglie lo costringe a vedere una life coach olistica (Nicole Garcia), una specie di santona con poteri dall’occulto la quale, dopo un approccio mistico, riesce a percepire in lui uno strano malessere: una recondita difficoltà con le donne che avrebbe origine, secondo lei, dal malfunzionante rapporto con la sessualità della propria madre. Per superare il limbo in cui Jean-Luis sembra essere incappato e riscoprire quella passione per la vita e il sesso che la crisi di mezza età ha affievolito, la guru dà ai coniugi tempo per tre giorni per scattare una fotografia della parte più intima di mamma Brigitte (Hélène Vincent) e tornare, finalmente, a sentire il proprio cuore.

Complessi materni e tabù universali

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Di tabù ancestrali e dilemmi freudiani, L’origine du monde esplora tematiche universali, e al contempo imbarazzanti, in una commedia agro-dolce maneggiata con uno stile surreale ma pienamente raffinato, nel quale si sente, forte e preponderante, l’aderenza alla messinscena teatrale (e dunque essenziale) come la sua versione originale. Costruito su dialoghi taglienti e lunghe sequenze che spesso sgonfiano l’andatura scivolata del ritmo classico della comedy, il film intente mostrare l’inquietudine dei maschi borghesi over 40 nell’immaginare la propria madre come una figura decisamente più complessa e problematica rispetto a quella percepita dall’infanzia. L’ostacolo di abbracciare l’idea di una madre anche meschina e capace di gesti poco nobili, come stallo da superare per dirsi pienamente ‘uomo’, nell’adattamento riscritto e diretto da Lafitte perde tuttavia della propria centralità tematica, e il film deraglia sull’innesto comico del tentare a tutti i costi di scattare ‘quella’ fotografia, generando sequenze oniriche e bizzarre al limite del disagio più sprezzante.

Con L’origine du monde l’esordiente Lafitte riadatta uno spettacolo teatrale e un contenuto freudiano mantenendo l’essenzialità della parola e alcune attenzioni visive interessanti

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Il purgatorio metaforico nel quale si muovono i personaggi è infatti una morte figurativa, dalla quale Jean-Louis sente di dover riprender vita e dover ripartire proprio dall’inizio. Da quel ventre materno che lo ha generato e attraverso di esso accettare la fallibilità della madre, la cattiveria di alcuni suoi gesti e bugie precedenti e, con lei, quella del mondo che lo circonda. Risvegliarsi dal torpore, partorir(si) di nuovo: L’origine du monde si avvicina a un contenuto psicologico ricco di spunti di riflessione, e lo fa con una direzione apprezzabile per primo tentativo e alcune interessanti trovate visive come il ralenti finale e l’attenzione alla resa cromatica degli interni, sorretto, di fatto, da un cast corale di cinque attori ampiamente a proprio agio con le gradazioni variegate e altalenanti della commedia francese.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.9

Tags: Netflix