Lou Von Salomé: recensione del biopic di Cordula Kablitz-Post

Recensione di Lou Von Salomé, il biopic diretto da Cordula Kablitz-Post il quale mostra che ciò di cui aveva bisogno l'universo perfetto della donna era solamente un po' di sporcizia.

Da quando le biografie contengono verità poco lusinghiere? È proprio la protagonista a porre questa domanda, mentre fissa con i suoi occhi penetranti la telecamera, quasi come se volesse interrogare lo spettatore. Diretto da Cordula Kablitz-Post nel 2016, Lou Von Salomé si presenta come una panoramica inedita su una figura femminile di cui si è fin troppo taciuto. Una panoramica che, malgrado i numerosi pregi, è forse eccessivamente confortante e pulita.

Molti la conoscono solamente come la Grande rivoluzione russa di Friedrich Nietzsche, come la giovane e affascinante donna che, con alte probabilità, fu fonte di ispirazione per la creazione dei due capitoli iniziali dell’opera più conosciuta del rivoluzionario filosofo tedesco: Così parlo Zarathustra. Eppure, nonostante tutti i grandi nomi che la affiancarono sentimentalmente, partendo dal già citato Nietzsche fino ad arrivare a Rainer Maria Rilke, Lou Von Salomé non deve e non può continuare a essere identificata con gli uomini che le cambiarono la vita, in meglio e in peggio.

Lou Von Salomé: recensione del biopic di Cordula Kablitz-Post

Lou Von Salomé cinematographe.it

Nata il 12 febbraio 1861 nella fredda San Pietroburgo, Lou Andreas-Salomé passò la sua triste infanzia di fronte al Palazzo d’Inverno, viziata da un padre che la incoraggerà a seguire la sua strada, senza nascondersi e senza badare alle chiacchiere altrui, ed educata da una madre fin troppo rigida e severa che tenterà in tutti i modi di reprimere il suo carattere, di castrare il suo desiderio di libertà. È proprio dalla più tenera delle età che la regista, Cordula Kablitz-Post, sceglie di documentare l’esistenza travagliata di Lou Von Salomé.

Ciò che più colpisce di Lou Von Salomé è il gusto estetico: ogni inquadratura catturata si manifesta al pubblico in tutta la sua perfezione, ogni immagine si trasforma in una fonte generatrice di beatitudine e bellezza. Non c’è spazio per alcun dettaglio disarmonico. Niente deve stridere con l’elegante splendore della confezione formale del lungometraggio.

Fotogramma dopo fotogramma, minuto dopo minuto, Lou Von Salomé si riconferma essere un film dalla delicatezza unica, una delicatezza che si protrae sempre uguale a sé stessa per tutta la durata del film, seguendo un ritmo tranquillo ed etereo, sospeso da ogni rigida definizione spazio-temporale. Un’infaticabile delicatezza che vuole essere esclusiva, che vuole inglobare l’intera sfera emotiva del lungometraggio, portando all’eliminazione della ruvidezza e della crudezza che caratterizzavano le esistenze dell’epoca. Una delicatezza che, punto di forza del biopic, si trasforma senza nemmeno accorgersi nel suo difetto più grande. È quasi come se il gusto estetico prendesse il sopravvento sulla trama, sostituendola a livello di importanza: una messinscena così perfetta ha l’unico effetto di danneggiare una sceneggiatura che, al confronto, risulta fin troppo debole.

Senza riuscire a presentarsi come fedele psicogramma della psiche di Lou Von Salomé e nemmeno come ritratto fedele di una società ormai passata, il lungometraggio di Cordula Kablitz-Post si struttura su un obiettivo debole e discutibile: trovare a tutti i costi una nota di felicità in un microcosmo isolato e infelice, fondato sotto il segno della disperazione. Ciò di cui aveva bisogno l’universo perfetto messo in scena in Lou Von Salomé era solamente un po’ di sporcizia.

Prodotto nel 2016, Lou Von Salomé riesce a conquistarsi una distribuzione italiana solamente dopo tre anni, arrivando nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 26 settembre 2019, grazie alla collaborazione di Wanted Cinema e Valmyn.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

3