L’ultimo dei templari: recensione del fantasy thriller con Nicolas Cage
L’ultimo dei templari è un fantasy thriller d’avventura del 2011 diretto da Dominic Sena, non nuovo al genere thriller e d’azione, che torna a collaborare con Nicolas Cage dopo il film Fuori in 60″ del 2000. Dagli spari, ed inseguimenti automobilistici, il regista passa ad un campo del tutto nuovo, fortemente intriso di mitologia e misteriose leggende oscure.
Ne L’ultimo dei templari Nicolas Cage è Behman, un cavaliere cristiano che insieme al suo fedele amico Felson (Ron Perlman), ha combattuto per anni numerose crociate. La svolta e la presa di coscienza avvengono nel momento in cui, durante una delle battaglie, Benham partecipa ad un massacro di innocenti, in cui sono compresi donne e bambini.
I due uomini decidono, così, di disertare, non volendo più sporcarsi le mani di anime pure e tornano in Inghilterra, devastata dalla peste. Riconosciuti come disertori, vengono prima resi prigionieri, e poi minacciati dalle alte cariche ecclesiastiche di rimanere in carcere a vita, a meno che non accettino la missione di portare una ragazza (Claire Foy), considerata una strega malvagia, al castello/abbazia di Sévérac, dove sarà processata e condannata al rogo.
Il titolo originale de L’ultimo dei templari è Season of the Witch
Dominic Sena rende i primi minuti della pellicola troppo prolissi, con una sequenza di battaglie dei crociati troppo confusionaria e caotica, soprattutto a causa di un montaggio frenetico. C’è un netto distacco tra la sequenza di battaglie e il vero incipit del film, mostrato come flashback, che permette di inquadrare il periodo storico e la vicenda che verrà narrata.
Ciò che può fuorviare è la traduzione italiana del titolo, in originale Season of the Witch (La Stagione delle Streghe), perché si parla di tutto tranne che di Templari. Più che sulle battaglie dei Crociati, la pellicola si concentra sul ruolo e la considerazione delle streghe in epoca medievale. È nota la fine delle donne immischiate con la stregoneria: il rogo o l’impiccagione, ad ogni modo una morte certa.
Ne L’ultimo dei templari Nicolas Cage mostra una vasta gamma di espressività
Ormai è un dato di fatto che Nicolas Cage, in questi ultimi anni della sua carriera cinematografica, si stia scavando la fossa da solo, accettando qualsiasi pellicola che gli venga offerta. Nonostante compaia con un’impensabile ed inusuale chioma bionda, l’attore questa volta non cade nel ridicolo ma, anzi, propone una vasta gamma di espressività.
Considerando la sua classica espressione monotematica, che lascia trapelare pochissime emozioni, Cage si è sforzato più del solito, mostrando un mix di frustrazione, senso di colpa, pentimento, tristezza e rabbia.
Forse l’attore si è sentito in dovere di migliorare la sua performance, seppur esibendosi in un’interpretazione elementare, sapendo di dover, in parte, condividere lo schermo con Ron Perlman e Claire Foy. Per Claire Foy, che veste i panni della strega, questo film rappresenta il suo debutto cinematografico, dimostrando una certa bravura per essere agli inizi. Interessante e profondamente studiati sono i suoi passaggi dalla tipica ragazza per bene ed innocente alle espressioni caricaturali grottesche, che indicano una possessione demoniaca.
Il personaggio interpretato da Claire Foy è davvero una strega?
La pellicola ruota prevalentemente attorno alla ragazza e all’ambiguità relativa alla stregoneria: la giovane è davvero una strega? Il cliffhanger che costituisce il finale rende l’intera pellicola deludente ed in parte scontata. È stata gettata al vento una storia, che inizialmente prometteva bene.
Il progetto va in frantumi in particolar modo con il sopraggiungere dell’elemento fantascientifico, rovinato con la creazione in CGI di mostri, tecnicamente orribili, che hanno fatto precipitare, inevitabilmente, non solo il film, ma anche ogni tipo di suspense, emozione, attesa.
Tralasciando il finale, Sena riesce a destreggiarsi bene nella storia, trasmettendo alle scene mitologiche un’atmosfera cupa e quasi claustrofobica. L’ultimo dei templari non è certamente un capolavoro, ma resta comunque un B-movie apprezzabile.