L’Uomo Che Sussurrava Ai Cavalli: recensione
L'uomo che sussurrava ai cavalli di e con Robert Redford compie vent'anni. Per celebrare questa ricorrenza, abbiamo rivisto il film: qui la recensione.
L’uomo che sussurrava ai cavalli (The Horse Whisperer) è un film del 1998 tratto dall’omonimo romanzo di Nicholas Evans. Diretto e interpretato da Robert Redford, ha come protagonisti Scarlett Johansson, Kristin Scott Thomas e Sam Neill. Il film è stato nominato per circa 15 premi internazionali tra cui gli Oscar e i Golden Globe.
È una mattina d’inverno quando la quattordicenne Grace (Scarlett Johansson) esce a fare una passeggiata sul suo cavallo Pilgrim insieme alla sua amica Judith (Kate Bosworth). Il bosco è tutto innevato e i due cavalli non riescono a camminare in salita finendo per scivolare sul ghiaccio e facendo rovinosamente cadere le due ragazzine in mezzo a una strada. In quel momento passa un camion che fa il possibile per frenare, ma non ci riesce e colpisce in pieno Judith uccidendola sul colpo, mentre Grace viene trasportata d’urgenza in ospedale dove le viene amputata una gamba. Anche il cavallo resta ferito gravemente, tanto che la veterinaria suggerisce di abbatterlo, ma la madre della ragazzina, Annie (Kristin Scott Thomas), capisce il forte legame che lega la figlia al cavallo e insiste per tenerlo in vita. Da quella mattina la vita di Grace e della sua famiglia cambierà per sempre.
Grace cade in depressione e Pilgrim diventa aggressivo e inavvicinabile, la madre esasperata dalla situazione decide di andare nel Montana, con figlia e cavallo, per andare a chiedere aiuto a Tom Booker (Robert Redford), un cowboy esperto nel comunicare coi cavalli tanto da essere definito “l’uomo che sussurra ai cavalli”.
L’uomo che sussurrava ai cavalli: una storia di resilienza
Qui inizia un percorso fatto di pazienza e volontà che creerà un grande legame tra Tom e Grace e anche tra Tom e la madre della ragazzina, tra cui nascerà del tenero. Il cowboy riuscirà pian piano a guarire Pilgrim e a far tornare a Grace la voglia di cavalcare e di vivere. Man mano che guarisce il cavallo, guarisce anche Grace, proprio come fossero collegati. La parola chiave è “resilienza”, ovvero la capacità di superare con forza un evento traumatico e riorganizzare positivamente la propria vita. Così Grace e Pilgrim si fanno forza a vicenda, abbattono il muro che avevano costruito col mondo esterno e tornano finalmente a cavalcare insieme. Il film vuole essere proprio un inno alla forza racchiusa nell’essere umano e negli animali, ma anche al legame che spesso lega una persona e un animale. Grace senza Pilgrim avrebbe fatto molta più fatica a tornare la ragazzina sorridente di una volta e Pilgrim, sebbene aiutato da Tom, non avrebbe più superato il trauma dell’incidente senza la costante presenza di Grace. Un legame che, capiamo subito, durerà per sempre.
Le musiche e i paesaggi da sogno
La maggior parte del film è ambientato nello splendido ranch di Tom Booker nel Montana, immerso nella natura, dove i prati verdi fanno da cornice perfetta alle magiche avventure e ai romantici amori della storia. L’incanto dei luoghi, con i boschi silenziosi e le valli infinite, lasciano senza parole. Anche se siamo dell’altra parte dello schermo, riusciamo ad assaporare il piacere di una cavalcata in mezzo a questi paesaggi da sogno, lontani dallo stress cittadino. Le musiche si fondono alla perfezione con le ambientazioni, un mix tra canzoni country e strumentali che ti trasportano immediatamente nel ranch “Double Divide”.
Nel complesso il film, per quanto con ritmi molto lenti, racconta una storia con un bel significato di fondo e con delle immagini perfettamente il linea col libro dal quale è tratto. L’insegnamento che lascia è quello che vuole trasmettere anche il romanzo, racchiuso proprio nelle parole di quest’ultimo:
A volte quella che sembra una resa non lo è affatto. È qualcosa che avviene nel profondo del nostro cuore. Significa vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché il dolore che proveremmo decidendo di non viverla sarebbe molto, molto peggiore.