Maradonapoli: recensione del film su Diego Armando Maradona

Maradonapoli, il film documentario di Alessio Maria Federici, è una full immersion di emozioni in grado di far capire a tutti cosa rappresenta ancora oggi Diego Armando Maradona per Napoli.

30 giugno 1984. Una data che per ogni abitante di Napoli è quasi più importante del Natale, del 19 settembre (morte di San Gennaro) o del compleanno della mamma. Quel giorno Diego Armando Maradona, dopo una trattativa estenuante e infernale, sbarcò nella città partenopea dove avrebbe scritto le sue gesta forse più formidabili, di sicuro le più importanti e le più significative nel campionato che all’epoca era senza ombra di dubbio il più bello, famoso e difficile del mondo.

In Maradonapoli il romano Alessio Maria Federici, già regista di Lezioni di Cioccolato 2, Fratelli Unici e Stai Lontana da Me, ha realizzato un documentario che racconta ciò che è stato Maradona non tanto grazie alle frasi di grandi giornalisti, di ex avversari o compagni, ma con le parole, i ricordi e le sensazioni degli abitanti della città dove ancora oggi El Pibe de Oro è qualcosa di diverso da una bandiera.

Maradonapoli: storia di un dio pagano e della sua città

Maradonapoli

Dio Pagano è forse la definizione più giusta, la più calzante. Perché ancora oggi il fuoriclasse argentino è idolatrato, osannato, amato in un modo che non ha alcun paragone con la storia e il passato di nessun altro giocatore. Pelé, Messi, Ronaldo, Baggio, Zidane… tutti grandi campioni ma nessuno che sia o sia stato capace di far piangere ragazzi che non erano ancora nati o vecchi ex-scugnizzi induriti dalla vita in una città dove, proprio grazie a Diego, ognuno si sentì parte di qualcosa di unico e di grande.

Diego arriva a Napoli e viene accolto come si accolgono non i Papi, ma i salvatori della Patria, come fu accolto agli inizi un Garibaldi o Simon Bolivar, cioè colui chi ti potrà aiutare a trovare un riscatto, l’orgoglio, a cancellare l’umiliazione di sentirsi sempre piccolo, sempre ultimo, sempre perdente.

Maradona era reduce dall’orribile esperienza con il Barcellona e da quei mondiali in Spagna dove il Feroce Saladino (il nostro Gentile così fu soprannominato) lo aveva domato con una prestazione che nel calcio zuccheroso di oggi gli sarebbe costata un paio di rossi. Napoli era da anni che si dibatteva nel calcio e nella vita di chi è mediocre e senza speranza. In quel 1984 le ambizioni, la voglia di rivalsa della città e del campione si incrociarono. Ne nacque una forza spaventosa, capace di creare un legame che né tempo né scandali avrebbero mai spezzato.

Maradonapoli

Maradonapoli ci guida nei ricordi, nei gesti di chi vide la squadra dalla casacca azzurra crescere fino a dominare quegli squadroni del nord dove i napoletani (o meglio i meridionali) erano chiamati terroni dalla mattina alla sera.

Ed è un racconto che permette ai non napoletani di capire qualcosa di più di questa città, dei suoi abitanti, del perché di questo amore, di queste lacrime, di questo Maradona che circonda e avvolge e attraversa questa città in ogni sua parte. Medici, edicolanti, professori universitari, fruttivendoli, casalinghe, cuoche, studenti, impiegati, artisti… Maradonapoli dà la voce a tutti loro, ognuno con le proprie sensazioni, le proprie emozioni, i mille modi per dire in fondo la stessa cosa:

Maradona è megl’e Pelè!!!

Se si dovesse fare un paragone, un esempio, ecco che forse il più calzante è la prima storia d’amore, la prima fidanzata (o fidanzato). Certo tutti avremo altre storie, altri volti, altri baci, ma la prima volta rimane qualcosa di più grande, di più importante, di indimenticabile. Per i Napoletani quella maglia numero 10 e chi la indossava sono qualcosa che non può essere dimenticato, che non vuole essere dimenticato. Cavani, Higuain, Insigne, Lavezzi, Hamsick… chiunque sia venuto dopo di lui ne è stato l’ombra, l’ennesima scusa per ricordarlo, come quando in vacanza incroci lo sguardo di una bella ragazza e il pensiero corre subito a lei, a quei giorni così lontani e così vicini.

Maradonapoli

Il documentario di Federici ci guida nei vicoli dove il volto, la maglia, i capelli di Maradona sono ancora oggi fonte di reddito e sopravvivenza per una città che dopo la Seconda Guerra mondiale era rimasta per decenni una delle più povere d’Italia.

Le immagini ci parlano di un Maradona che lascia che le sue gesta, il suo viso, diventino pane, soldi, futuro per una massa incredibile di persone che si nutrono di lui e che lo nutrono a sua volta con un fedeltà mistica, pagana, dove i suoi capelli sono usati per santuari, dove alcune chiese hanno il suo volto impresso, dove cristianità e superstizione antica si incrociano nel trovare nel mancino di Lanùs un Gesù Cristo partenopeo.

Maradonapoli soffre di una certa monotematicità di ambientazione e spesso chiede troppo allo spettatore, deludendone le attese nel mostrare ben poco di Maradona. Soffre nell’evocare ma non farci vivere quegli stadi gremiti, quei gol urlati, quelle feste per le vittorie che non duravano qualche ora ma qualche settimana, come può solo durare la gioia per chi ha una vita agra di felicità.

Sovente un po’ troppo zuccheroso, è risollevato da una regia e una fotografia robuste, e sopratutto dalla verve, simpatia e genuinità dei protagonisti: i napoletani, capaci di far ridere chiunque anche solo con un’alzata di sopracciglio, con una frase, o anche solamente con la verità. Purché sia detta da loro ovvio.

In uscita il 1° maggio e nelle sale fino al 10, Maradonapoli offre la possibilità di capire anche solo per un po’ i napoletani, la loro misteriosa e variopinta città e cosa volle dire scoprire in un mancino di Lanùs la ragazza che non avremmo scordato mai.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.3