RomaFF14 – Marco Polo – Un anno tra i banchi di scuola: recensione
Marco Polo è un documentario di Duccio Chiarini presentato nella sezione Panorama Italia di Alice nella Città, in occasione della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Marco Polo – Un anno tra i banchi di scuola è un film documentario di Duccio Chiarini, presentato in occasione della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nella sezione Panorama Italia nell’ambito di Alice nella Città.
Prodotto da La Règle du Jeu, con il contributo di Fondazione Cassa Risparmio di Firenze e di Fondazione Niels Stensen, Marco Polo prende il nome da quello che è il protagonista assoluto dell’indagine di Chiarini, ossia l’Istituto Tecnico per il Turismo “Marco Polo” di Firenze. 150 sono i professori che vi lavorano come docenti, mentre 1600 gli studenti che ogni mattina si recano presso la scuola per sostenere le lezioni previste. Al centro della ricerca del regista c’è, dunque, tutto il mondo contenuto entro i limiti circoscritti dalle mura e dalle porte del liceo. Non così diverso, poi, da quello di tanti altri istituti del paese.
La macchina da presa del regista focalizza la propria attenzione sulle azioni, sulle parole, sugli sguardi dei tanti studenti che passano le proprie ore seduti al proprio banco (o a quello del rispettivo migliore amico) in attesa che le lezioni finiscano.
Marco Polo – Un anno tra i banchi di scuola: un documentario che testimonia le differenze fra una generazione e l’altra
Tuttavia, è per Chiarini altrettanto importante il modo in cui i professori vivono quella stessa quantità di tempo, quando non addirittura superiore, per far sì che dalle immagini di Marco Polo possa trasparire una certa riflessione sullo scambio generazionale fra i primi e i secondi, attraverso l’analisi del confronto esplorato fra l’importanza che il sapere e la conoscenza assumono per la nuova generazione, avviata a essi da una generazione precedente che degli stessi valori ha una cognizione totalmente diversa, perché diversa è l’epoca in cui la formazione degli stessi ha avuto luogo.
L’operazione effettuata da Duccio Chiarini con il suo Marco Polo è, va specificato subito, alquanto indecifrabile. Se da una parte, infatti, ci troviamo dinanzi a un’opera che fa della verità, della spontaneità il suo punto cardine, lasciando che i protagonisti del documentario possano esprimersi secondo le proprie attitudini quotidiane nel relazionarsi ai propri compagni e amici, dall’altra è inevitabile notare la superficialità con cui le dinamiche e i rapporti che si formano nell’ambiente scolastico vengono scandagliate.
Risulta piuttosto facile percepire una sorta di timore nell’avvicinarsi davvero ai singoli ragazzi, che nel modo in cui vengono rappresentati possono solo confermare i luoghi comuni attorno al soggetto che aprono infiniti dibattiti: “le nuove generazioni“. Chiarini evita di lasciare che i diretti interessati si confidino davanti alla macchina da presa e che possano rivelare qualcosa in più su comportamenti e i gesti che vengono limitati a restare mera apparenza, non permettendo allo spettatore di osservarli e di comprenderne la natura, per poi rinnovare la propria prospettiva.
Marco Polo si presenta come un’opera piuttosto pigra, non intenta a sviscerare la materia trattata
Persino nelle scene relative alle assemblee fra professori, Marco Polo rimane fisso su una sorta di piedistallo superiore e inattaccabile da cui osservare “i giovani” per il solo desiderio di confermare la sua posizione e quella linea di demarcazione fra i valori di cui, secondo gli adulti, sono portatori (legati all’icona, ai simboli) e i valori “di una volta”, quelli basilari, di cui non capiscono l’essenza. Tra sequenze che alternano lezioni di cinese a quelle di letteratura italiana, e lezioni di spagnolo a riunioni fra docenti – che peraltro ne fanno un luogo scolastico come infiniti altri (sorge spontanea la domanda: quanto bisogno si aveva di questa pur, a tratti, simpatica opera?), il film di Chiarini fallisce come documentario, presentandosi come un’opera banale e piuttosto pigra, per nulla intenta a sviscerare la materia trattata, limitandosi a osservare esternamente un universo che forse, in fondo, non vuole capire.
Marco Polo, realizzato con il contributo di Fondazione CR Firenze, Fondazione Culturale Niels Stensen, Unicoop Firenze, FLC CGIL e Confindustria Firenze è nelle sale dal 16 gennaio 2020, distribuito da Fondazione Culturale Niels Stensen.