Mark’s Diary: recensione del film di Giovanni Coda
La sessualità negata ai disabili è il tema centrale di Mark's diary, il nuovo film di Giovanni Coda: una ricerca estetica della bellezza del corpo umano.
Argomento tabù e di difficile comprensione, Mark’s Diary, ultimo film di Giovanni Coda, propone un nuovo lavoro di impegno civile: la sessualità negata ai disabili. Protagonisti sono Mark (come si evince dal titolo della pellicola) e Giacomo, due ragazzi che si incontrano e si piacciono fin dal primo istante. Fin qui nulla di nuovo, se non fosse per la situazione di grave disabilità che impedisce loro di esternare questo bisogno fisico di comunicare e stare insieme come una coppia normale. Per questo affidano a due personaggi di fantasia i loro pensieri e i loro stati d’animo. Il risultato, è un’opera di 75 minuti, un concentrato di sequenze oniriche e apparentemente disconnesse.
Al di là del problema affrontato, Mark’s Diary è un film dal forte impatto visivo. Una voce fuori campo accompagna le giornate del protagonista, scandite da un ritmo lento e ordinario – dalla colazione alla passeggiata giornaliera in riva a un porto – fino a quando Giacomo irrompe nella sua vita. Ogni scena è dislocata senza una vera e propria logica, e il regista preferisce dar spazio alle immagini oniriche piuttosto che cercare un senso alla storia raccontata, che di per sé è scontata perché, come scritto in precedenza, le vite di Mark e Giacomo seguono una routine ben prefissata e non sembra esserci nulla in grado di farle cambiare. L’unico modo per evadere è utilizzare la fantasia.
Mark’s Diary: un film dal forte impatto visivo
Ecco quindi apparire due aitanti giovani dai fisici scultorei; lo spettatore inizialmente è spaesato, ma addentrandosi nella narrazione scopre che sono gli ‘avatar’ di Mark e Giacomo. Queste nuove versioni si amano e si toccano; c’è una continua ricerca del contatto fisico, espressa in scene dense di passione.
Mark’s Diary: l’estetica per esaltare il corpo umano e dipingere una storia d’amore
Mark’s Diary è un film sull’esaltazione del corpo umano, in tutte le sue forme – sia abili che disabili – da quello maschile a quello femminile. Donne e uomini mostrano la loro fisicità, attraverso movimenti algidi, talvolta armoniosi; le figure si alternano in una serie di sequenze che non seguono un filo logico, ma rimandano costantemente allo scopo del regista: ammirare il corpo umano ed esaltarlo in tutto, nelle sue perfezioni ma anche nelle sue imperfezioni.
Il cinema di Giovanni Coda ha sempre amalgamato le arti come la danza e la musica per affrontare tematiche importanti e di grande dibattito sociale. La scelta di questo argomento perciò non sorprende e fa parte del suo viaggio artistico: Mark’s Diary è un film molto forte, in cui la cura dei dettagli si unisce alla resa scenica di forma e sostanza. Il risultato, artisticamente parlando, è perfetto ed è esempio di buon cinema.
L’opera di Coda è un film corale; non ci sono solo attori davanti la scena, ma anche musicisti (la colonna sonora è affidata ad Andrea Andrillo, Cosimo Morleo e Arnaldo Pontis) e danzatori (Rachele Montis, Giulia Vacca, Luca Massidda e Matteo). A Giacomo Curti, Mark Cirillo e Kaleb Josiah Spivak spetta il ruolo dei protagonisti.
Mark’s Diary è una pellicola coraggiosa e curiosa per il suo stile, ma non per questo esente da difetti. L’apprezzato impegno di Coda è ammirevole, ma spesso risulta non comprensibile. La sua costante ricerca estetica, favorita da una storia delicata e originale, rischia di ridursi a tale, reprimendo l’esplorazione della tematica iniziale.