FEFF 2023 – Marry my dead body: recensione del film di Cheng Wei-Hao

Presentato al Far East Film Festival di Udine 2023, Marry my dead body si apprezza per la sua originalità e la per sua capacità di analizzare lo spettro della società attuale.

Queer, eccentrico, sensazionale: Marry my dead body è il film taiwanese che stavamo aspettando.
In che senso? Perché il film di Cheng Wei-Hao è un mix di generi – dal comedy al drama, dal romance al poliziesco – che parla alle nuove generazioni di inclusività, di rispetto per l’altro a 360 gradi, di molteplici tematiche che oggi diventano lotta per gli attivisti lgbqt+ e non solo, una pellicola che si rivela quanto mai contemporanea (e spesso non te lo aspetti da una certa parte di Oriente).

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In concorso alla 25esima edizione del Far East Film Festival di Udine, Marry my dead body vede un cast stellare, con un Greg Hsu quasi in stato di grazia, che fa sbellicare dal ridere, ma anche emozionare, spalleggiato con il suo partner Austin Lin.

La trama del film di Cheng Wei-Hao

Quando trovi una busta rossa per strada a Taiwan, non raccoglierla: a meno che tu non voglia essere promesso in matrimonio – forse anche con un defunto.

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Marry my dead body è la storia del poliziotto Wu Ming-han che in un momento non proprio luminoso della sua carriera si ritrova invischiato in un matrimonio quanto mai fuori dalle righe: il giovane viene obbligato – per via di una tradizione antica e delle credenze popolari circa il destino e il volere divino – a sposare un ragazzo da poco morto, Mao Pang-Yu.

Per uno scherzo beffardo, Wu Ming-han – etero sprezzante e discriminatorio nei confronti della comunità gay – sposa il fantasma di un omosessuale e instaura una relazione di fiducia reciproca che porterà i due giovani ad aiutarsi e a completarsi l’un l’altro (scoprendo che l’amore, ha realmente infinite sfumature…).

Queer, eccentrico, sensazionale: Marry my dead body è questo… e molto altro!

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La woke culture non è mai abbastanza: a ricordarcelo ci tiene anche Cheng Wei-Hao a cui si deve la regia di questo piccolo gioiellino Made in Taiwan che è Marry my dead body.
La sceneggiatura esilarante di Lai Chih-liang scorre fluida e incolla gli occhi dello spettatore allo schermo tra gag decisamente weird, inseguimenti folli degni di GTA e Fast and Furious e molti momenti da batticuore.

Un po’ il Peralta di Brooklyn 99 e un po’ Jackie Chan, il personaggio di Wu Ming-han si perfeziona nell’interpretazione appassionata e appassionante di Greg Hsu, che fa un lavoro immenso nel costruire un protagonista carismatico, risultando credibile e coinvolgente. 
Marry my dead body riesce a farci piegare in due dal ridere, a farci venire un nodo alla gola e le lacrime agli occhi e a farci riflettere sull’importanza che ancora oggi, ogni giorno, assume la sensibilizzazione verso il rispetto delle altrui diversità.

Nel film si toccano diverse tematiche sociali a noi contemporanee, dall’omofobia al sessismo, passando per i cliché della vita da poliziotto.
Ma la genialità di Marry my dead body sta non solo nell’aver saputo affrontare questi temi in una pellicola brillante, ma nell’averlo fatto unendo elementi della tradizione popolare cino-taiwanese alle credenze spirituali e soprannaturali che ancora oggi pervadono la società e la cultura asiatica.

Freschi di memoria della vittoria di Everything everywhere all at once, un tripudio di generi e di trovate cinematografiche fuori dal comune, ci approcciamo con genuino entusiasmo a un film come Marry my dead body, che ci ricorda – grazie anche all’opportunità data dal FEFF di Udine – che l’industria cinematografica asiatica ha molto da offrire al pubblico internazionale.
Uscire dalla visione centrata sull’Occidente è d’obbligo per abbracciare appieno la settima arte Made in Oriente per scoprire (con piacevole sorpresa) che non è solo fatta da un ventaglio di titoli categorizzabili come J-horror, K-drama o kung fu, ma è – anche – molto altro.

Marry my dead body: conclusione e valutazione

Con una regia e un montaggio spumeggianti, che corrono veloci al ritmo di una colonna sonora da hit parade, la sceneggiatura di Marry my dead body si apprezza per la sua originalità e la sua capacità di analizzare lo spettro della società attuale, con tutte le sue problematiche.
Forte di un cast che ha dato il massimo dell’impegno, Marry my dead body esce fuori come un film vincente. Chapeau!

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4