Martin Luther King VS FBI: recensione del documentario di Sam Pollard
Sam Pollard racconta una delle storie più oscure degli USA in Martin Luther King VS FBI, il film nominato nella short list degli Oscar 2021.
Già candidato al Premio Oscar, nel 1998, insieme a Spike Lee per il documentario 4 Little Girls, nel quale il regista di Fa’ la cosa giusta intervistava parenti e conoscenti di quattro bambine afroamericane rimaste uccise da un’esplosione avvenuta all’interno di una chiesa battista nell’Alabama, Sam Pollard porta sullo schermo la figura del reverendo Martin Luther King Jr. (1929-1968), promotore del movimento per i diritti civili, ispirato alla non violenza – richiamandosi all’esempio di Gandhi –, raccontando una delle vicende più oscure della storia recente degli Stati Uniti: l’ossessionante campagna di sorveglianza condotta da J. Edgar Hoover, figura controversa e direttore dell’FBI, ciecamente convinto che il movimento prestasse il fianco all’attività dei comunisti, ritenuti una pericolosa minaccia per la salute dell’America, intrapresa nel tentativo di screditarne la reputazione e indebolirne l’autorità di leader pacifista attraverso la raccolta, ed eventuale divulgazione dei più reconditi segreti riguardanti la vita privata del Premio Nobel per la pace 1964.
Martin Luther King VS FBI: una delle storie più oscure degli Stati Uniti nel documentario diretto da Sam Pollard
A partire da un interessantissimo interrogativo espresso in apertura di film dalla biografa Beverly Gage – “Credo che una delle difficoltà per gli storici nell’occuparsi dei frutti della sorveglianza su King derivi dal capire se così facendo diventiamo complici delle azioni dell’FBI” –, Pollard, sapientemente, lascia spazio sia a storici, quali David Garrow, autore di una biografia su Martin Luther King vincitrice del Premio Pulitzer, che ad attivisti, tra cui Clarence Jones e Andrew Young, da ambo le parti legati a due profili così in contrapposizione; da una parte, permettendo a questi di confrontarsi sui documenti, finalmente accessibili grazie al Freedom of Information Act (promulgata negli anni della presidenza Johnson, si tratta di una legge che impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per permettere a chiunque di conoscere l’operato del Governo federale, in ossequio al principio della trasparenza cui devono ispirarsi i poteri istituzionali) da cui è ora possibile ricostruire le fasi e gli strumenti dell’investigazione avviata ai danni del Dottor King; dall’altra mostrando allo spettatore, nell’intento di renderlo consapevole degli intricati passaggi attraverso cui tutto ciò fosse stato permesso, immagini e filmati d’archivio, scene tratte dai film usciti all’epoca – giusto due esempi: il noir La grande minaccia (1948) e Sono un agente FBI (1959), con protagonista James Stewart – e rare interviste audio. Un modo di raccontare la storia simile a quello adottato da Raoul Peck per il suo I Am Not Your Negro (2016), documentario candidato al Premio Oscar incentrato sullo scrittore e critico sociale James Baldwin.
La cifra della riuscita del documentario, inserito nella short list dei migliori del 2020 dall’Academy in occasione della passata edizione degli Oscar, risiede nella capacità di Pollard, come se fosse stato chiamato a moderare una conversazione tra King e Hoover – due personalità, è bene sottolineare, complesse e ambedue, in modi completamente diversi, sacrificatesi nel nome del benessere del proprio paese –, nel mantenere, per tutta la durata della pellicola, non una posizione a favore dell’uno o dell’altro, bensì un’equidistanza – seppur ponendosi implicitamente, per ovvi motivi, dalla parte di Martin Luther King, contraddistinto dalla calma di chi sappia di essere osservato costantemente, una calma quasi parossistica se confrontata al linguaggio aggressivo riscontrabile nei verbali del Bureau, frutto del pregiudizio nutrito da Hoover nei confronti dei neri – e un interesse genuini abbastanza da fare in modo che entrambi, come ritornati in vita, espongano ognuno il proprio punto di vista. Nonostante uno schematismo, rigido in alcuni tratti di narrazione, pressoché ineludibile, determinato dalla natura delle forze in campo, considerata la delicatezza dei temi trattati, il documentario di Pollard riesce, da una parte, a non scadere nel sensazionalismo spicciolo. Dall’altra, a non farsi trascinare dalla violenta dialettica frutto delle divergenze emerse dal confronto tra forze politiche e movimento.
MLK/FBI – Martin Luther vs. FBI arriva nelle sale italiane con Wanted Cinema e il patrocinio di Amnesty International Italia dal 14 al 16 febbraio 2022.