Medium: recensione del documentario di Laura Cini
Al cinema e nelle sale virtuali a partire dal 2 luglio Medium, documentario di Laura Cini sulla sensitiva fiorentina Tarika di Maggio.
A partire da un suo vissuto di amplificazione percettiva e di vicinanza con il mondo degli spiriti sperimentate fin dalla tenera età, Laura Cini sublima l’inquietudine autobiografica in un documentario che, attraverso la figura della medium fiorentina Tarika di Maggio, indaga l’interregno tra morte e vita per tessere, però, un discorso sull’ultima piuttosto che sulla prima. Un uomo, Sirio, ha perso la moglie amata e si è visto amputare l’esistenza. Incapace di riattaccare il pezzo di prima, la vita con la moglie, e quello di dopo, la vita nel lutto e nell’assenza di lei, si rivolge a Tarika per farsi aiutare ad uscire da una dimensione sospesa, ad attraversare un dolore che non trova requie nella consapevolezza corticale della necessità di un suo superamento. Nadia, ex cantante sessantasettenne, è più scettica, ma asseconda comunque una voce che per tutta la vita non è riuscita a zittire, quella che poi si è librata (e liberata), finalmente, in una domanda: “mamma, mi hai voluto bene? Babbo, mi hai voluto bene?”
Medium: un documentario sull’attività di una sensitiva fiorentina e sulla necessità di attraversare il lutto
Figlia di una donna morta in carcere quando aveva sei o sette anni, Nadia ricostruisce la sua storia famigliare grazie all’aiuto della medium. Scopre, così, che sua madre non era una ladra ma una cleptomane e che il suo desiderio di vita si è spesso incagliato nel suo stesso turbine; ritrova, inoltre, un padre molto temuto che non riusciva a rispettare le donne, ma che, pur scatenando su di lei la sua rabbia, non la odiava né la riteneva colpevole di nulla. È commovente osservare, soprattutto per mezzo della storia di questa donna di suo vitalissima che ha smesso di cantare perché dentro di lei tuonava il giudizio paterno sulla madre (“una poco di buono che frequentava da sola i jazz club”), come l’infanzia irrisolta, soffocata dai segreti e dal dubbio di non essere stati voluti e amati, strangoli la vita adulta ben oltre la soglia della giovinezza e, anzi, talvolta, si allunghi come un’ombra sulla maturità più piena.
Medium: un film che interroga i morti per parlare dei vivi (e di vita)
In fondo, Medium, il bel documentario di Laura Cini sull’attività di questa ‘sacerdotessa’ medianica fiorentina che trascrive le parole dei morti interrogati dai loro cari, riflette sulla dialettica tra morte e vita e sul ruolo che gli altri assumono nella definizione della nostra identità. Non si tratta, dunque, di un’opera spirituale se per spiritualità intendiamo misticismo, ma di un’opera spirituale nel senso ‘tarkovskijano’ del termine, quello che vede lo spirito come indissolubilmente legato alla materia, alla concretezza delle cose e a quella disincarnata dei sentimenti, delle parole non dette, delle relazioni attorcigliate che, se non districate prima della fine biologica della vita, necessitano di un intervento liberatore, di un aiuto nel traghettamento da ciò che era e continua ad essere a ciò che è stato e, proprio in quanto stato, può essere integrato in chi resta.
A questo film dell’anno scorso che raggiunge solo ora sale fisiche e virtuali occorre, dunque, accostarsi con mente aperta e in qualche modo ariosa per lasciarsi toccare da storie comuni di esistenze ed identità rimaste strozzate senza la parola chiarificatrice dell’altro, senza la domanda o la risposta di perdono che proviene da chi non c’è più. Quando quella domanda (mi perdoni?), ricevuta o formulata che sia, arriva, chi è rimasto può riprendere la sua vita, in essa accogliere non più un fantasma, ma una presenza, non più un’ombra, ma un guizzo di luce.