Bifest 2019 – Meltem: recensione del film di Basile Doganis
Un romanzo di formazione si mescola col tema dei migranti in Meltem, film del regista franco-greco Basile Doganis presentato al Bifest 2019.
Il regista franco-greco Basile Doganis firma il suo primo lungometraggio, Meltem, che debutta in anteprima al Bari International Film Festival nella categoria Panorama Internazionale. Un’opera prima interessante nella tematica e nella sua messa in scena, Meltem mostra una stratificazione narrativa che lo allontana da un’apparente semplicità.
L’elaborazione del lutto e tematica migratoria in Meltem di Basile Doganis
Protagonisti di questa storia sono Elena, Nassim (Rabah Naït Oufella) e Sekou. La ragazza torna a Lesbo, dalla Francia, con i due amici per trascorrere le vacanze nel posto della sua infanzia. Nella casa in cui li porta ci vive Manos (Akis Sakellariou), suo patrigno greco, compagno di una madre scomparsa all’improvviso senza che sua figlia potesse salutarla. Il soggiorno altalenante tra la sofferenza recondita della ragazza e le uscite con i suoi due amici muta totalmente strada con l’incontro con Elyas (Karam Al Kafri), un migrante siriano alla ricerca della madre perduta ad Atene. Il trio, contrariamente alle raccomandazioni di Manos, intraprenderà un’impresa altamente rischiosa.
Meltem mescola con astuzia il tono drammatico con una nota più leggera soprattutto diretta dal personaggio di Sekou, interpretato dal bravo Lamine Cissokho. Una mitigazione di tonalità che regala al film un giusto equilibrio tra dramma e commedia. Il lungometraggio si delinea su un doppio binario parallelo. Da un lato troviamo il percorso formativo di Elena, interpretata da Daphne Patakia, che torna a Lesbo per affrontare il lutto di una madre andata via senza preavviso. La ragazza, non accettando la sua dipartita, reprime i ricordi quasi per fare un torto alla donna che non si è degnata di salutarla. La sofferenza della ragazza si lega inesorabilmente alla vita del migrante Elyas, conosciuto su un isolotto vicino Lesbo. Il ragazzo vuole raggiungere a tutti i costi Atene poiché lì, secondo lui, potrebbe ritrovare sua madre persa durante precedenti disordini.
La tematica madri-figli incrocia, in terzo luogo, la tematica migratoria. Il terzetto protagonista, preso a cuore il desiderio di Elyas, si mette all’opera, soprattutto spinto dalla stessa Elena, per aiutare il ragazzo a raggiungere la meta prestabilita. Riuscirà, il gruppo, a portare a termine l’obiettivo? Non manca, in tal senso, uno sguardo all’attualità dei nostri giorni. Doganis cerca, non senza difficoltà, di smuovere l’animo dello spettatore di fronte ad una storia che potrebbe rappresentarne tante altre simili: il clandestino Elyas, il cui unico crimine è esser fuggito dalla sua terra in conflitto, non cerca altro che un caro perduto ed una nuova casa lontana dalla guerra.
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Il regista Basile Doganis confeziona un film credibile nella sua proposta di racconto. Una lettura a più livelli diventa chiara e leggibile – se si perdona il giro di parole – grazie ad una sapiente scrittura e alla già sopracitata mescolanza di toni. I protagonisti, in particolare il personaggio di Elena e quello di Sekou si contrappongono donando un effetto narrativo chiaroscuro. D’altra parte Meltem ha dalla sua parte un’incantevole cornice tradotta nelle immagini da cartolina dell’isola protagonista. Le coste di Lesbo, le sue campagne e le vie abitate, diventano un personaggio minore, ma essenziale della storia. La mina vagante Elena, il cui fuoco arde dentro se, si parafrasa nel titolo del film: Meltem, infatti, è sia un vento sferzante, pericoloso ed indomabile sia la sua antenata, donna forte ed importante per la vita della ragazza.