Memoria: recensione del film thailandese con Tilda Swinton

Il sesto lungometraggio del regista Apichatpong Weerasethakul ha vinto al Festival di Cannes 2021 il Premio della Giuria.

Diretto dal regista thailandese Apichatpong Weerasethakul Memoria vede protagonista il premio Oscar Tilda Swinton, in concorso al 74esimo Festival di Cannes, ha vinto il Premio della Giuria. In uscita il 16 giugno distribuito da Academy Two. Prossimamente su MUBI.

Jessica è una botanica che si trova a Bogotà per assistere la sorella ricoverata in ospedale. Una notte viene svegliata da uno strano rumore, come un tonfo sordo ma forte al quale non riesce a dare un’origine. Inizialmente pensa ci siano dei lavori nei pressi della sua abitazione ma poi scopre che non è così e quando comincia a sentire spesso questo suono durante le sue giornate e si accorge che gli altri non lo percepiscono comincia ad angosciarsi e a cercarne disperatamente l’origine. Nella sua ricerca viene aiutata da Agnès, un’archeologa, poi da Hernán, tecnico del suono in uno studio di registrazione e da un pescatore che vive nella foresta amazzonica, Hernán. Sono forse la stessa persona?

Memoria – Un film in tempo reale

Un film sensoriale, girato in “tempo reale”, attraverso il quale il regista riesce a far percepire tutti gli stati d’animo, il malessere profondo di Jessica, disorientata da quell’ossessionante tonfo che accompagna le sue giornate. I tempi sono dilatati, i risvolti criptici, non c’è nemmeno una colonna sonora alla quale “aggrapparsi” in questo estenuante divagare della protagonista nei meandri di una mente che si fa sempre più fragile, che va forse a scavare verso un passato traumatico, verso qualcosa più grande di lei. Lo spettatore non è accompagnato in questo personale viaggio di Jessica che assume presto i connotati di un percorso che va oltre la vita materiale, disorientato, non può fare altro che lasciarsi trascinare senza coinvolgimento in una storia respingente.

Memoria – Il cinema oscuro di Apichatpong Weerasethakul

In passato il regista aveva già tratto in maniera decisamente differente il tema della memoria con Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, Palma d’oro al 63esimo Festival di Cannes, in quel caso parlando di reincarnazione, dei ricordi legati, secondo alcune credenze, a vite che razionalmente non si possono ricordare. Qui tra piani sequenza e interminabili scene a camera fissa il regista, autore sicuramente non per tutti, che chiede un grande sforzo da parte del pubblico durante la visione dei suoi film decisamente ostici e a loro modo angoscianti, fa di un rumore il protagonista assoluto di questa storia nella quale il talento di Tilda Swinton appare decisamente sprecato. Nemmeno l’attrice inglese, infatti, riesce a fare molto per un film che appare pretenzioso, che calca volutamente sul criptico più estremo per nascondere forse una grande debolezza nella sceneggiatura.

Memoria, cinematographe.it

Memoria assume a tratti contorni horror e in diversi momenti fa ben sperare in un risvolto diverso, più “accogliente”. Ma le epifanie della protagonista rimangono appannaggio forse di uno spettatore più esperto e più propenso a un tipo di cinema sicuramente profondo ma lontano anni luce da un tipo di film sempre autoriali ma anche di intrattenimento che possono coinvolgere anche il grande pubblico. Non si tratta di rifuggire dal cinema autoriale in favore solo del mainstream, tutt’altro, registi come Park Chan –wook con film come Old Boy o Lady Vendetta, solo per fare un esempio, hanno dimostrato di poter essere indipendenti, di poter raccontare qualcosa fuori dagli schemi accogliendo anche il pubblico più estraneo a film spiazzanti e per niente commerciali.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 1

2.2