Memorias de un cuerpo que arde: recensione del film di Antonella Sudasassi Furniss
Memorias de un cuerpo que arde è un diario commovente, una fenomenologia della femminilità tra ricerca di libertà e scoperta del proprio corpo.
Un corpo che sente, un corpo che desidera e che vuole. Questo racconta Memorias de un cuerpo che arde di Antonella Sudasassi Furniss, film presente al Festival La Nueva Ola – Il Festival di Cinema Spagnolo e Latinoamericano (Roma dal 15 al 19 maggio 2024), diretto da Iris Martin-Peralta e Federico Sartori. Il corpo che arde è quello di tutte le donne che hanno vissuto gli anni delle repressioni, quando per loro tutto era ancora più difficile: nascere, crescere, amare, fare l’amore, esistere.
Essere donne, o meglio essere persone. In Memorias de un cuerpo che arde, premio del pubblico nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale, confluiscono le storie di Ana, Patricia e Mayela, cresciute in Costa Rica, ma potrebbero avere qualsiasi altro nome, vivere a qualsiasi altra latitudine, donne educate in un’epoca repressiva in cui la sessualità era un tabù. Le loro voci coraggiose passano attraverso la carne, le ossa e la voce di una donna single di 65 anni, interpretata dall’attrice Sol Carballo che rivisita quella memoria, intrecciando ricordi, segreti e desideri nascosti.
Memorias de un cuerpo que arde: una storia personale, una storia di tutte, una storia politica
Antonella Sudasassi Furniss, classe 1986, lo dice in più di un’intervista, quella a cui lo spettatore assiste potrebbe essere la conversazione da lei fatta con una delle sue nonne, sarebbero quelle domande che lei avrebbe voluto fare loro ma non ha mai avuto il coraggio. Si tratta di interrogativi che potrebbero apparire scomodi, complessi perché spesso nella vita delle donne, soprattutto nel passato, si annidano in silenzi profondi, in stanze oscure, in paure che cadono nel vuoto. La regista sceglie così i ricordi di figure femminili mature – anche questa è una scelta che rompe i cliché, vediamo il corpo di una donna over 60 che si fa la doccia, un volto segnato, lontano dai rigorosissimi canoni della perfezione a tutti i costi -, Ana, Patricia, Mayela, che buttano loro stesse, parole rimaste soffocate per troppo tempo, dentro un personaggio unico, e riescono ad essere così sincere perché non svelano la loro identità e possono così essere scevre da catene e legacci morali e/o sociali.
Il corpo inizia ad ardere nell’oscurità, si sentono le voci di due donne che conversano su sesso, piacere e desideri sessuali, perché è chiaro non è tanto l’identità delle donne, il loro nome e cognome ad essere importante, è più che altro ciò che espongono, proprio come nelle assemblee femministe il proprio racconto può diventare specchio in cui vedersi. Le loro voci provengono dal passato, giorni oscuri, da un’epoca in cui la repressione era l’unica strada educativa per le donne. Le loro parole sono colonna sonora del film e Carballo è figura forte, che porta su di sé l’intera narrazione, una sorta di strumento attraverso cui tutto corre e scappa dai bordi per arrivare al centro, narrare l’esistenza femminea.
Memorias de un cuerpo que arde: un diario commovente, una fenomenologia della femminilità tra ricerca di libertà e scoperta del proprio corpo
La protagonista vaga all’interno delle mura domestiche, una sorta di prigione per molte donne ma che può diventare rifugio dove vivere una seconda giovinezza, finalmente libere da costrutti e tabù sociali. Mentre cammina per la casa, la attraversano ricordi della vita di altre, e si ripercorrono quindi quelle memorie di donne, fasi delle esistenze di protagoniste come tante, storie autentiche e dolorose (di ambizioni represse, violenze domestiche e abusi in giovane età), e si intrecciano così passato e presente, voci e immagini.
“Il tempo è una bolla, non è lineare”, dice una delle voci ed è proprio vero, ieri e oggi, domani e dopodomani, le donne ora giovani e quelle giovani un tempo si parlano, si dicono, si riconoscono anche per mezzo di corpi differenti ma comunicanti, si parla dunque di una sorta di presente eterno eppure in continua trasformazione.
Le prime mestruazioni, le molestie, il primo innamoramento, il matrimonio, la maternità, il rapporto con l’uomo in senso lato, al di là di quello sessuale, la relazione tra corpo e mondo che circonda l’essere femminile e quella tra corpo e società, la sessualità sono tematiche importanti su cui ancora oggi si riflette e ci si interroga. Emerge così anche una fotografia di una società che non ha dato molto alle donne, mantenendole in uno stato di totale ignoranza su molto di ciò che le riguarda. Quella ai suoi danni è una repressione sottile ma loro non si sono mai fermate, hanno continuato, coraggiosamente, a conoscersi, a capirsi, a rompere quelle barriere che le volevano mute, incubatrici con poche richieste e pochi desideri. “Ci vorrebbe un pompiere per spegnere il fuoco che ho dentro”, dice una della voci ed è questo il fil rouge della storia, una sorta di diario personale, politico e comune di una fenomenologia della femminilità completa, ricca e multisfaccettata.
I desideri e le aspirazioni di queste tre donne nel film hanno un collegamento diretto con la libertà e la sua espressione. Sono imprigionate dalle loro esperienze traumatiche e dal passato oscuro delle loro ferite, l’obiettivo più importante nel raccontare queste ferite e traumi è essere liberate dalle catene di un’atmosfera confinata, soffocante e dittatoriale. Quando una donna è costretta a sopprimere la propria identità sessuale e i propri desideri, e addirittura non sperimenta l’orgasmo nella relazione con il marito, spesso ricorre a meccanismi di autogratificazione, che si traducono in nient’altro che sentimenti di colpa, rabbia, vergogna e autocompiacimento, disprezzo, che vanno, in parte e spesso, di pari passo con l’educazione cristiano-cattolica. Infatti una delle frasi più importanti della serie è: “il sesso era come un buco nero. Non esisteva ma ti ha inghiottito”.
Memorias de un cuerpo que arde: le tre età delle donne
Antonella Sudasassi Furniss fonda il suo racconto su una sorta di schema tripartitico, tre personaggi femminili, Ana, Patricia e Mayela, una società dominata da patriarcato, conservatorismo, religione, i tre periodi presi in esame, infanzia, giovinezza, vecchiaia. Intelligenti, resistenti e incredibilmente sinceri, le voci che abitano questo film ci mostrano la forza di chi si reinventa, di chi si riprende finalmente il controllo del proprio destino.
Lungo il film, i racconti si fanno sempre più duri, si parla anche di violenza domestica, di un matrimonio che diventa una prigione e, in quel luogo, le aspettative delle donne, legate inevitabilmente, in un determinato periodo storico e in un’educazione, al matrimonio, alla maternità, all’essere un angelo del focolare, cadono e ciò che resta è una concrezione (in)naturale di dolore e sofferenza. Proprio a questo punto, la donna del film riesce a superare tutto ciò e riesce a cambiare.
Memorias de un cuerpo que arde: conclusione e valutazione
Memorias de un cuerpo que arde è un diario, una sorta di “tre età” toccante e delicato, un memoriale della donna, una geografia del sentimento e del desiderio, al centro di tutto c’è una protagonista perfetta, capace di farci sorridere, riflettere e arrabbiare. Furniss rinchiude in una casa, passato e presente, ieri e oggi, grandi temi su cui le donne e la società hanno riflettuto e ancora riflettono.
Si indagano desideri e aspirazioni, sessualità e piacere – ed accettazione di entrambi -, oppressioni e violenze, lezioni sul proprio corpo mai profonde ma superficiali e un corpo ritenuto un tempio proprio perché conseguenza di un pensiero religioso. Memorias de un cuerpo que arde è un racconto elegantemente strutturato che mostra attraverso le esperienze di tre figure un’unica vita che parla a quella generazione ma anche a quelle che vengono dopo. Furniss è capace di bilanciare con candore e coraggio tematiche importanti sulla sessualità femminile, sull’amore, sull’essere donna e sulla libertà e sull’ardimento di essere libero, come viene detto nel film: “è stato davvero difficile disimparare tutto ciò che ci è stato insegnato sull’essere donna, ed essere semplicemente esseri umani”.