Memorie di un assassino: recensione del film di Bong Joon-ho
Nel 2003 Bong Joon-ho dirige il suo secondo film Memorie di un assassino, storia del cinema coreano, tra fatti reali, dramma e indagini.
Bong Joon-ho è alla sua seconda regia. Era di tre anni precedente il suo debutto al cinema con Barking Dogs Never Bite, che con i tratti della commedia raccontava del rapimento e dell’accidentale uccisione di un cane da parte del protagonista Ko Yun-ju, seguito dalla ricerca dell’animale da parte della co-protagonista Park Hyun-nam. Opera in cui era l’aspetto investigativo a mettere in relazione i personaggi e le loro azioni, con un indagare che nel 2003 il regista e sceneggiatore riprenderà per il suo secondo film Memorie di un assassino, spogliandolo dalla patina ironica del suo precedente lavoro e declinando la propria storia al genere del poliziesco.
È, bensì, una ricostruzione ben più lugubre quella che Joon-ho – alla sceneggiatura insieme a Kim Kwang-rim e Shim Sung-bo – si appresta a giostrare, una storia che prende da fatti reali per trasportarli nel versante della cinematografia, dando dimostrazione di una solidità di scrittura e arguzia di ingegno, che ne rivelano già dagli inizi un narratore capace di sostenere diverse atmosfere e, insieme, mantenere in mano i punti fondamentali dei suoi racconti. Dalla cronaca nera che decreta il primo serial killer coreano, al riportare i suoi efferati omicidi sullo schermo, Bong Joon-ho sembra seguire con Memorie di un assassino tutti i passaggi del romanzo giallo, incastrando alla perfezione la menzogna dell’apparato finzionale con l’inqualificabile sadismo del colpevole realmente esistito, in una dimensione in cui tutto diventa armonioso pur nel riportare l’orrore.
Memorie di un assassino – Violenza e corruzione nel poliziesco di Bong John-ho
La magnificenza di una pellicola che non si avvale delle nefandezze del suo omicida per colpire lo spettatore, ma utilizza una scrittura attenta e raffinata, nonostante la crudeltà che si riflette nei corpi delle vittime ritrovate e nella corruzione che compromette la natura umana, le istituzioni pubbliche e qualsiasi principio morale. Nella logorante e pedissequa inchiesta che intrattiene i tre poliziotti protagonisti, intenti a oltrepassare la legge, a spingersi oltre ciò che è tollerabile per mantenere la decenza, è la violenza che genera violenza ad alimentare l’inseguimento degli agenti di polizia dietro al caso del misterioso serial killer. La correttezza che viene inquinata da prove sempre meno attendibili, da testimonianze che ci sono, ma agiscono in maniera superflua, da non poter procedere secondo i dettami dell’ordine e del rispetto, perché ormai ordine e rispetto sono stati macchiati, infamati, disonorati.
In un caos di torture e corpi semi nudi, lasciati e abbandonati morti lungo i cigli delle strade, Memorie di un assassino si fa avvolgere dallo stato bucolico del passaggio naturale, cittadino e periferico, in quella vegetazione in mezzo a cui i personaggi cercano di trovare risposte, ma da cui vengono piuttosto ostacolati e respinti, resi ciechi invece che permettere al loro occhio investigativo di poter svolgere il proprio operato.
Memorie di un assassino – Un pezzo di storia del cinema coreano e mondiale
Distendendo il proprio racconto, per farne accrescere poi la tensione man a mano che la pellicola procede nella propria spassionata ricerca, il regista Joon-ho modera con garbo seppur con invidiabile sicurezza i diversi toni che il film sceglie di adoperare, preferendo un crescendo di nervosismo sempre più sfibrante e nevrotico, piuttosto che un’irruenza d’impatto immediato, ma fulminea e momentanea. Un’apprensione che accresce come i dettagli inquietanti sul proprio omicida, sulle indecenze a cui le vittime sono costrette a sottostare, sfruttando quei personaggi che torneranno ogni volta con una propria intrinseca rilevanza, per una sceneggiatura che sa perfettamente cosa e come quadrare.
Di una rilevanza inaudita per il cinema coreano, con una serie di premi e riconoscimenti che ne avvalorarono maggiormente l’importanza in sé e del suo, all’epoca, ancora sconosciuto autore, Memorie di un assassino è un gioiello che la storia del cinema porta dietro con silente attenzione, con geni quali Quentin Tarantino che ne esaltano il merito e con opere come Zodiac di David Fincher che ne vengono di riflesso influenzate. Un manifesto di un artista che mette in piedi la più dolorosa e inesplicabile delle indagini, facendone dramma, scrittura e cinema.
Memorie di un assassino, prodotto da CJ Entertainment con Muhan Investment, I Pictures, Sidus e Discovery Venture Capital, sarà in sala dal 13 febbraio 2020, distribuito da Academy Two.