Memorie di una geisha: recensione del film di Rob Marshall

Un film che si muove a piccoli passi, emulando il sinuoso incedere di una geisha, per raccontare una storia di ingiustizia, disperazione ma anche riscatto, rivelando la determinante differenza fra inchinarsi e prostrarsi, adattarsi e soccombere. 

Con 3 premi Oscar al suo attivo (Miglior fotografia a Dion Beebe, Miglior scenografia a John Myhre e Gretchen Rau e Migliori costumi a Colleen Atwood, Memorie di una geisha (Memoirs of a Geisha), per la regia di Rob Marshall, riscosse un grande successo al botteghino. Adattamento dell’omonimo romanzo di Arthur Golden, a sua volta ispirato a una storia vera, il film fu protagonista di alcune controversie, durante la sua produzione, soprattutto a causa di alcune scelte di casting: fra gli attori e le attrici che recitano nella pellicola, infatti, soltanto Ken Watanabe, Youki Kudoh e Suzuka Ohgo sono giapponesi, mentre Zhang Ziyi e Gong Li sono cittadine cinesi, e Michelle Yeoh è una malese di origine cinese.
Tale scelta fu anche la più probabile causa della mancata distribuzione del film nelle sale cinesi, con numerosi giornalisti che hanno citato la possibilità che la pellicola risvegliasse il sentimento anti-giapponese dei cinesi, vedendo famose attrici connazionali scelte per il ruolo di geishe giapponesi in un periodo durante il quale la Manciuria era stata occupata dalle truppe giapponesi ed il resto della Cina veniva attaccato, con numeroso donne deportate in Giappone per diventare schiave di lusso o prostitute nei bordelli dell’Impero giapponese in espansione.

Memorie di una geisha: dalla pagina alla pellicola

Memorie di una geisha, Cinematographe.it

Sono piuttosto numerose le differenze fra romanzo e film, con Rob Marshall che ha adattato molti dettagli alle esigenze di scena, offrendo una narrazione in grado di restituire un impatto visivo più forte rispetto alle descrizioni del libro, funzionale ad una confezione patinata, in cui la forza della bellezza si pone al centro delle vicende narrate.
La trama di Memorie di un geisha è ambientata inizialmente nel Giappone del 1929, in un piccolo villaggio di pescatori, e vede Chiyo Sakamoto, di solo 9 anni, e sua sorella Satsu, di poco più grande, vendute dal padre ad un intermediario, in seguito alla grave malattia della madre. Le due bambine vengono divise: Satsu finisce in un bordello, mentre Chiyo in una casa per geishe dove le viene data la possibilità di studiare per diventare un’intrattenitrice di lusso.

Nella okiya, gestita da una severa “Madre”, la bambina incontra la piccola Zucca, così chiamata per via della forma tondeggiante del suo viso, ma fa anche la sfortunata conoscenza di Hatsumomo, l’unica geisha della casa già in attività, un esempio da emulare per le altre aspiranti della casa, data la sua avvenenza e capacità di conquistare facoltosi clienti. La giovane donna, tuttavia, nasconde un segreto, un giovane amante che la viene a trovare di notte. Una debolezza imperdonabile per una geisha, che deve necessariamente tenere fuori i sentimenti dalla propria vita. Hatsumomo, inoltre, disprezza fin dall’inizio Chiyo, vedendo nei suoi splendidi e rarissimi occhi chiari un motivo di prossima rivalità e – approfittando del desiderio disperato della bambina di ricongiungersi con la sorella – la obbliga a prometterle fedeltà, riducendola a sua schiava e obbligandola a fare da esecutrice di tutte le sue idee malsane, compreso danneggiare un prezioso kimono della sua diretta rivale, la geisha Mameha, venendo per questo duramente punita da Madre.

Ma Chiyo – come suo padre le diceva sempre – è come l’acqua, in grado di scavarsi la strada attraverso la pietra, trovando sempre nuovi varchi quando sembra non esserci alcuna via di uscita e, ribellandosi all’ennesima attribuzione di responsabilità da parte della giovane donna, decide di rivelare alla Madre il segreto di Hatsumomo.

Da quel momento è guerra aperta fra le due e Chiyo – dopo l’ennesimo tentativo di fuga andato in fumo – diventa una schiava della casa, obbligata ai lavori più degradanti e senza possibilità di recuperare il suo status di maiko (aspirante geisha). Fino a quando un fortuito incontro su un ponte non si trasforma nell’origine della nuova vita della futura geisha.

Un amore che nasce dalla gentilezza

Memorie di una geisha, Cinematographe.it

Dopo aver definitivamente perso ogni possibilità di ricongiungersi con sua sorella, un giorno Chiyo si ritrova sconsolata su un ponte, rassegnata al suo destino di schiava, quando un giovane e facoltoso uomo, che si rivela il Direttore Generale di un’importante azienda di Osaka, le asciuga le lacrime, offrendole una porzione di ghiaccio dolce e regalandole un bel gruzzolo, per prendersi cura di sé.
L’impatto di quella gentilezza è troppo grande per il cuore martoriato di Chiyo e da quel giorno la bambina comincia a sognare di diventare una geisha, per poter un giorno accompagnare quell’uomo. Un sogno per il quale la piccola, ormai divenuta adolescente, troverà uno spiraglio solo anni più tardi, proprio grazie a quella rivale di Hatsumomo alla quale aveva dovuto rovinare il kimono, Mameha.

Chiyo, con la sua nuova identità di Sayuri, diviene una geisha perfetta, dotata di rara bellezza ed eleganza, cercando a piccoli ma determinati passi di avvicinarsi sempre di più a quell’amore platonico e apparentemente proibito, affrontando anche la guerra, nella speranza di rivederlo. Lottando contro piani totalmente diversi per lei, del genere riservato ad ogni donna che intraprende il suo stesso percorso.

Le sottili geometrie della vita nella danza di una geisha

Memorie di una geisha, Cinematographe.it

Memorie di una geisha incornicia su una tela patinata e magnetica l’affresco di una vita che sembra inesorabilmente segnata, se non fosse per il potere di quell’acqua che allaga gli occhi della protagonista, un’acqua dall’impeto dirompente, che non si ferma davanti a nessun ostacolo.
Chiyo, poi diventata Sayuri, è disposta a perdere tutto, anche la propria dignità, ma non si rassegna ad abbandonare la speranza di un lieto fine, in cui il suo piccolo grande sogno di un amore gentile possa trovare finalmente spazio, sottraendola alla sua schiavitù dalle catene dorate.
Il film di Rob Marshall si muove a piccoli passi, emulando il sinuoso incedere di una geisha, per raccontare una storia di ingiustizia, disperazione ma anche riscatto, in cui vivere indossando una maschera diviene più un mezzo che una destinazione. Sottolineando come l’arte incantatrice di quella danza a base di inchini e ventagli sia molto più simile di ciò che sembra alla vita, un perpetuo duello danzante che tenta di conciliare le forze opposte del bene e del male. E in cui un solo gesto di meno o di troppo può fare una determinante differenza.
Il tutto sullo sfondo della caducità della bellezza, un dono prezioso solo se si è in grado di eternarlo attraverso la proiezione di uno spazio interiore luminoso e variopinto, che gli anni non possono scalfire. E che vediamo riassunto nel film nelle ultime parole di Sayuri, sintesi perfetta di una vita vissuta cercando di adattare le proprie ambizioni a ciò che il destino le ha riservato. Tenendo però bene a mente la differenza fra inchinarsi e prostrarsi, adattarsi e soccombere.

…Eppure apprendere la gentilezza dopo tanta poca gentilezza, capire che una bambina con più coraggio di quanto creda, trovi le sue preghiere esaudite, non può chiamarsi felicità? Dopotutto, queste non sono le memorie di una imperatrice, né di una regina… sono memorie di un altro tipo.

 

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8