Mi raccomando: recensione del film di Ciro Villano
Iilm di Ciro Villano è una storia semplice che si diverte e diverte, al cinema dal 13 luglio 2023.
“Io mi chiamo Saverio e questa è la storia della mia famiglia” così ha inizio Mi raccomando, il film, in uscita al cinema il 13 luglio 2023, di Ciro Villano – dopo Fallo per papà, La legge è uguale per tutti… forse e Ammèn -, di cui è anche sceneggiatore e protagonista. La voce del piccolo Saverio dà inizio ad una commedia agrodolce che racconta le fragilità umane prendendosi gioco di chi siamo, di ciò che siamo e dei rapporti sociali che instauriamo. Tra raccomandazioni, lauree (comprate e non) lo spettatore viene accompagnano nelle avventure e disavventure di due cognati, Ciro Coppola (Antonio Medugno) e Gerardo (Ciro Villano) in perenne conflitto, costretti a lasciare la loro terra per tentare di realizzarsi. Sarà un viaggio della speranza come lo definisce il giovane narratore che aprirà gli orizzonti e farà emergere verità che rompono schemi triti e ritriti.
Una commedia tra raccomandazioni e cliché
Due cognati non possono essere più diversi di Ciro e Gerardo, l’uno ligio al dovere, lontano da raccomandazioni ed aiutini, il secondo patrono dell’arte di arrangiarsi, amico e demiurgo di quell’aiutino di cui l’altro è nemico, del “una mano lava l’altra e tutt’e due lavano il viso”. L’uno è laureato in filosofia (“che non so a che cosa serve”), “non tiene gli anticorpi per vivere in questa società”, l’altro trasuda orgoglio meridionale – la suoneria del cellulare è l’inno del Napoli, unica fede Gomorra e i Savastano -, altruista per professione, lo definisce Saverio, uno che ha le mani in pasta che aiuta tutti perché un giorno vorrebbe essere aiutato lui stesso. Insomma i due non potrebbero essere più diversi. A mostrarci tutto questo è una voce poco onnisciente perché il giovane Saverio, figlio di Gerardo, vede suo padre come un Dio e il mondo attraverso il suo sguardo e asseconda il suo pensiero, così quella che si apprestano a fare diventa una missione segreta all’estero, in terra straniera, molto lontana, “forse anche dopo Caserta, anche dopo Teano” (a Torino cioè), un sacrificio fatto da Gerardo per la famiglia e per lo zio, Ciro.
Nulla è semplice in questo percorso e i due capiranno presto che niente è come ci si aspetta che sia. Rappresentano due modus vivendi agli antipodi: Ciro, celebrazione del lavoro duro, dello studio, Gerardo delle truffe, dei piccoli e grandi reati, amico dei fratelli Salvatore e Nicola Tuccillo. Villano vive e si ciba di questi cliché di cui lui gode e si diverte, fin da subito ci mostra la materia di cui sarà costruito il film, in un dialogo tra un uomo d’ordine e Gerardo che ha lasciato la macchina in mezzo alla strada, fa dire all’uno, dopo aver sentito l’accento, “e chiaramente è napoletano, e come mai ha la macchina targata Repubblica Ceca?”, l’altro per fare il simpatico e smorzare la serietà dell’uomo risponde, “convinto che era Catanzaro”.
La regola del “sdrammatizza” è quella su cui si fonda la vita di Gerardo, da una parte c’è questo principio, dall’altra c’è il “mi raccomando” del titolo: per lui e per la sua famiglia, tranne per Ciro, è più importante la raccomandazione di una laurea. Intorno a questa famigerata laurea ci sono due linee di pensiero, da una parte c’è chi pensa che il foglio di carta sia poco importante, infatti il povero Ciro viene licenziato in virtù delle sue poche conoscenze, dall’altra c’è chi non può raccomandare Gerardo perché il titolo non ce l’ha e lui con la solita ironia gli fa dire: “la laurea me la sto comprando, mi deve arrivare su Amazon venerdì”.
Mi raccomando rientra nel racconto tipico del genere in cui lo scontro tra nord e sud è alla base
A Torino, inevitabilmente, la commedia si concentra sull’eterno confronto nord/sud, quello su cui hanno giocato film di genere come Benvenuti al Nord, Benvenuti al Sud e Cado dalle Nubi – Checco è pugliese, non napoletano, ma vi è lo stesso scontro tra due famiglie che c’è qui – ed anche in Mi raccomando c’è lo stesso scontro e gli stessi luoghi comuni. L’incontro con una famiglia torinese, i vicini di casa di Gerardo e Ciro, è il mezzo attraverso cui il film tenta di affrontare e a ribaltare una serie di cliché. La musica a tutto volume (mentre a Torino di mattina si lavora, non sono mica a Casablanca), il clacson che suona per richiamare l’attenzione, il dono delle mozzarelle, “unico ponte bianco di amicizia”, per ingraziarsi il potente di turno si scontrano con la rigidità, o presunta tale, e con il non voler scendere a compromessi del Nord.
La famiglia dei vicini è costituita da padre, madre, figlia, sulla sedia a rotelle, e nonno. L’incontro tra i due giovani è ciò che mette in moto il cambiamento e la riflessione comica. Ciro e Nadia, così si chiama la figlia dei vicini, si conoscono e si riconoscono, iniziano a passare del tempo insieme e la simpatia tra i due e tangibile, anche se la ragazza sembra avere un ragazzo con cui ha una relazione tossica. Si mette in scena lo scontro tra onestà e disonestà, tutti i personaggi passeggiano sul filo dell’ambiguità, tra simpatia e cialtroneria.
L’importanza della famiglia
Saverio: “La famiglia deve essere unita”
Uno degli elementi fondanti è la famiglia, quella caciarona, colorata, fantasiosa ma sicuramente unita del sud per cui cade uno e cadono tutti, non è tanto lontana da quella piemontese, come dice Saverio, tra nord e sud le differenze non ci sono poi tante, non sono poi così diversi.
Saverio: “Chi nasce quadro non muore tondo ma questa è la mia famiglia, lo so che non è normale ma è la mia famiglia e bisogna volere bene alla propria famiglia”
La madre di Nadia e la sorella di Ciro sono matriarche di questi nuclei, entrambe vogliono la felicità delle persone che amano, loro sì sdrammatizzano proprio grazie all’amore, caldo e avvolgente di Patrizia e, sereno e placido della mamma di Nadia. Gli uomini invece fanno pasticci, creano nodi invece di scioglierli, tutto perché hanno nel cuore il bene dei familiari.
Gerardo: “Napoli c’entra con De Crescenzo, De Crescenzo sì, […] De Crescenzo dice che noi napoletani apparteniamo al popolo dell’amore, siamo il popolo dell’amore.”
Mi raccomando: conclusioni e valutazioni
Mi raccomando è una storia semplice che si diverte e diverte, a volte aggiunge fin troppe storie, soprattutto nella seconda parte, e fin troppi personaggio lì dove la semplicità trarrebbe maggior giovamento. Il centro di tutto è proprio l’evidenziare che amore e famiglia sono motori del mondo e che raccomandazioni e scorciatoie fanno parte dell’essere umano, come sottolinea lo stesso Villano. Mi raccomando è una commedia degli equivoci, del non è come appare, perfino degli orrori, perché gli esseri umani spesso sono orrorifici, pieni di difetti. Questo racconto è scritto proprio per fare ironia su questo. Si dimostra che nulla è come sembra, Villano porta al cinema un film con cui si ride e alla fine ridiamo anche di noi stessi, come se fossimo davanti ad uno specchio: tutti i personaggi hanno delle macchie, tutti hanno mentito, si giunge ad un punto in cui i nodi arrivano al pettine e ciascuno di loro capirà da che parte stare e come e quanto essere liberi.