Midway: recensione del film di Roland Emmerich
La recensione di Midway di Roland Emmerich ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, al cinema dal 27 novembre.
Dopo il successo ottenuto nelle sale statunitensi, il 27 novembre arriva in Italia Midway, action movie di guerra diretto da Roland Emmerich. La pellicola racconta della battaglia svoltasi nel 1942 nei pressi delle isole Midway tra la Marina degli Stati Uniti e quella del Giappone.
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Lo scontro è successivo all’attacco alla base navale di Pearl Harbor del 1941, quando le forze aeronavali giapponesi sono piombate di sorpresa sulle installazioni militari statunitensi decimandole e infliggendo loro una sonora sconfitta. Ed è in questa situazione di profonda amarezza mista a voglia di riscatto che le forze armate USA si preparano all’operazione Midway (la seconda battaglia navale della storia combattuta quasi completamente dalle forze aeree imbarcate su portaerei), riuscendo questa volta a prevalere sulla Marina giapponese e a cambiare definitivamente le sorti della Seconda Guerra Mondiale.
Midway: Emmerich e la sua visione di cinema-spettacolo
Roland Emmerich non è di certo alle prime armi nel firmare pellicole piene di scene spettacolari e che vedono l’utilizzo di una grande quantità di effetti speciali: The Day After Tomorrow – L’alba del giorno dopo, Independence Day o il remake di Godzilla, solo per citarne alcuni, dicono molto sulla visione della materia narrativa di questo cineasta. Una visione che esprime nel catastrofico, nella maestosità di scene d’azione mozzafiato la sua idea di cinema, cinema che dev’essere prima di tutto spettacolo per gli occhi.
Con titoli come Il patriota, il regista tedesco intraprende inoltre un percorso che lo porta verso tematiche di carattere storico, con argomenti cari soprattutto al pubblico statunitense, senza rinunciare per questo a una concezione spettacolare dell’oggetto filmico. Con Midway, Emmerich compie un ulteriore passo verso questa direzione.
Il cast del film comprende attori come Ed Skrein, Patrick Wilson, Luke Evans, Aaron Eckhart, Nick Jonas, Mandy Moore, Dennis Quaid e Woody Harrelson, ma a nessuno di loro è stata data realmente la possibilità di esplorare e mostrare appieno la natura del proprio personaggio. Ecco che in Midway abbiamo a che fare con l’eroico e spericolato pilota Dick Best, il tenente Edwin Layton e la sua bravura nel criptare i messaggi nemici, l’ammiraglio Nimitz a cui spetta l’arduo compito di far riscattare la flotta americana, il coraggioso comandante McClusky e tutti gli altri protagonisti, realmente esistiti, a cui si deve una delle vittorie fondamentali per le sorti della Seconda Guerra Mondiale.
Spazio viene concesso anche al nemico, la Marina Imperiale del Giappone, di cui a volte prendiamo, nel corso del film, il punto di vista; non abbastanza, però, da smuovere il perno dell’opera, che continua a ruotare saldamente attorno alle fila americane. In ogni caso, anche se la Storia è fatta di uomini e dagli uomini, nella pellicola i personaggi (di ogni fazione) sembrano non avere il giusto peso, quasi fagocitati dagli eventi: alcuni, come Jimmi Doolittle, sembrano solo di passaggio, meteore nella trama di cui poco è dato sapere; agli altri va poco meglio.
Midway: la Storia al centro di tutto
Ed è infatti la Storia la vera protagonista dell’opera di Emmerich, nel senso più letterale del termine: fatti, avvenimenti, date, ricostruzioni e ambientazioni – su tutti i modelli aerei e navali presenti nel film – sono dettagliatissimi, presentati con spiccato didascalismo dalla sceneggiatura di Wes Tooke e sicuramente motivo di gioia per studiosi e appassionati. La spettacolarità di Midway è anche in questo: nell’essere riuscito a rendere cinematografico, a modellare in oggetto estetico da ammirare sul grande schermo, un soggetto di tutt’altra natura, solitamente contenuto in altri tipi di trattazione.
Ma se da una parte la Storia di Midway viene decodificata su pellicola con risultati esteticamente ammirevoli, dall’altra sembra che qualcosa non torni. Forse uno dei principali problemi dell’opera sta nel voler raccontare troppo: gli eventi narrati sono di una tale portata che così, compressi in 138 minuti, sembrano quasi sgomitare per cercare di uscirne, tanto lo spazio è stretto e poco adatto a contenerli tutti. Qualcosa si è dovuto sacrificare, e quel qualcosa poteva essere l’elemento che avrebbe reso il film di Emmerich un film dei nostri giorni.
La maestosità di un film “old style”
Perché infatti, come è stato da più parti sottolineato, Midway appare come un’opera d’altri tempi, un film vecchio stampo, appartenente a un tipo di cinema che oggi sembra un po’ datato, pur conservando al suo interno quel nucleo di magia che rende unica la settima arte. Portatore di messaggi e contenuti di cui molti altri titoli prima di lui sono già stati latori, ha però il vantaggio di far sentire lo spettatore coccolato nella sua “comfort zone”, dove ogni cosa è proprio come ci si aspetta e perciò piacevole, anche se ci si trova a dover scendere in picchiata su flotte aeree nemiche rischiando ogni secondo di essere colpiti.
Un film che esteticamente ha il fascino dei grandi war movie, della maestosità tipica dell’epica di guerra, ma che poi si ferma qui, regalando oltre due ore di un cinema che è spettacolo nel suo senso più puro ma che, forse, poteva ambire a essere molto di più.