Minority Report – The Series: recensione
Ha debuttato lunedì sugli schermi di FOX America il primo episodio di Minority Report, la serie tv che si preannuncia essere il sequel ideale dell’omonimo film di Steven Spirelberg che vedeva in Tom Cruise l’indiscusso protagonista. Tralasciando i dettami di una narrazione seriale, lo show della FOX fin dal suo incipit, sembra essere una produzione del tutto evitabile.
Leggendo i primi commenti post San Diego Comic-Con già si poteva intuire che i critici americani non hanno del tutto apprezzato questo adattamento televisivo, ed in tutta sincerità dopo aver gustato ed assaporato il pilot, ci troviamo per davvero di fronte ad un prodotto asettico, senz’anima che non toglie e non aggiunge nulla ad un “franchise” che era già bello di per se. La FOX quindi compie un passo falso e, per ora, la stagione televisiva è iniziata con una serie non del tutto esaltante.
Nel 2065, a Washington, il dipartimento precrimine della polizia, il quale sfruttava le capacità precognitive di tre bambini (definiti precogs) per cercare di impedire il verificarsi di crimini futuri, è ormai chiuso da dieci anni. Uno dei precogs, Dash, tuttavia, ancora tormentato dalle visioni, decide di ritornare a collaborare con la polizia per cercare di impedire gli omicidi di cui viene a conoscenza. Inizia quindi a collaborare con la detective Lara Vega, anche se le sue visioni sono solo frammentarie, essendo la sua abilità condivisa con quella del fratello gemello Arthur, anche lui precog, con il quale non è più in contatto da tempo.
I primi 15 minuti sono pura gioia per il cuore e l’anima: fantascienza allo stato puro. Il resto è noia e prevedibilità. C’è quindi un grande difetto in Minority Report, un fattore scatenante che non riuscirà mai ad arginare e tappare i buchi di una sceneggiatura sciatta e che fa acqua da tutte le parti. La serie è un procedurale che cerca di innovare il genere, inserendo aggeggi tecnologici, dialoghi sferzanti e colpi di scena telefonati, ma proprio in questi particolari la serie non riesce a decollare e cade in un pantano in cui annaspare è prevedibile.
Manca quindi l’empatia con lo spettatore – a causa di un cast del tutto anonimo ed inespressivo – non c’è un po’ di sana ironia, e lo stesso storytelling è svogliato e costruito senza una vera cognizione di causa. Il pilot solitamente dovrebbe essere l’episodio più bello, quello che costruisce le basi per convincere lo spettatore a proseguire nella visione, ma se dopo appena 20 minuti si combatte già con il telecomando c’è qualcosa che non va. Minority Report ha dunque peccato d’orgoglio credendo di vincere facile, ma a quando pare avrà molta strada da fare. La serie prende dal film di Spielberg solo i suoi canoni più classici, le atmosfere ed i temi d’interesse comune, il resto è un crime drama come tanti senza né arte né parte.
Una vera occasione sprecata per la FOX dato che crede molto in questa serie tv, ma un po’ com’è accaduto per Almost Human ed Human Target, non sempre le buone premesse possono fare il successo di una serie televisiva. Minority Report dovrà sudare per guadagnarsi il rinnovo o quanto meno l’affetto di qualche fedelissimo, ma le vie della provvidenza nell’universo seriale americano sono infinite, a volte sono i prodotti più convenzionali ad avere la meglio. Ma per noi di Cinematographe, la visione di Minority Report si ferma qui.
https://www.youtube.com/watch?v=_fLl-DMzxrk