Mio Fratello, Mia Sorella: recensione del film Netflix
Alessandro Preziosi e Claudia Pandolfi sono fratelli dal rapporto turbolento, sullo sfondo di una storia familiare fatta di errori, riconciliazioni e malattia. Questo e altro in mio Fratello, Mia Sorella, su Netflix dall'8 ottobre 2021.
Anche se la maggior parte delle famiglie non si riconoscerà nelle difficoltà e nelle traversie dei protagonisti di Mio Fratello, Mia Sorella, perché si parla di tensioni e fatiche fuori norma, finirà per simpatizzare con i sentimenti in secondo (?) piano. Il film, diretto da Roberto Capucci e con protagonisti Alessandro Preziosi e Claudia Pandolfi, nasce dalla sinergia tra Netflix e Mediaset, una produzione Lotus Production, e sarà disponibile sulla piattaforma streaming a partire dall’8 ottobre 2021.
Lontananze e vicinanze, amore e coltellate, tradimenti e riconciliazioni auspicabili. Scarto tra le generazioni, la malattia che prende i riflettori, una delle più dure e difficili da raccontare, la schizofrenia. C’è molta carne al fuoco, parte spirituale, parte fisica, visibile. Non sempre il dosaggio degli ingredienti è calibrato al millesimo, ma questo scalfisce l’emozione fino a un certo punto. Restare indifferenti è complicato, e questo è già un traguardo. Il resto a breve.
Nonno, figli e nipoti. La storia di una famiglia che ne racconta molte
Comincia tutto con un funerale. Muore il padre, un padre ingombrante, che nella vita qualche pasticcetto l’ha combinato. Lascia due figli, Nik (Alessandro Preziosi) e Tesla (Claudia Pandolfi) a imitazione e gloria di Nikola Tesla, famoso scienziato. Quasi volesse, nello scomporre il nome dell’illustre modello, assegnare a ciascuno una maschera e un ruolo speculare e poi dicesse, da adesso in poi lavorerete con le carte che avete in mano. Lui è sparito per più di vent’anni, campione di kite surf e ancor più, almeno sembra, di evasione dalle responsabilità. Lei al contrario è inchiodata a Roma con due figli. Under pressure.
Carolina (Ludovica Martino) ha un rapporto così con la madre, la chiama per nome non dice mai mamma, e un mucchio di idee per la testa. Sebastiano (Francesco Cavallo) ha un gran talento per il violoncello, ma la vita è ingrata e gli impone il dazio della schizofrenia. Nik non ne sa niente, lui torna per il funerale ma il padre deus ex machina pretende, da disposizioni testamentarie, la convivenza nella casa di famiglia. Ai lati dell’inquadratura di Mio Fratello, Mia Sorella si muovono, una amichevole l’altra meno, Emma (Stella Egitto) e Giada (Caterina Murino).
C’è aria di riconciliazione nell’aria, ma per arrivarci, se ci si arriverà, occorrerà che passi molta acqua sotto i ponti. Il film lavora sull’anatomia delle relazioni, mettendo in scena il paradosso di amore e insofferenza, lame affilate e tenerezza che da sempre e per sempre racconta la storia di un po’ tutti i fratelli e le sorelle del mondo. Senza paura di alzare il tono della voce, il film a tratti è parecchio urlato, e servendosi di due strumenti per puntellare la narrazione e carburare il sentimento. L’intervento del deus ex-machina, il papà scomparso, è uno. Poi c’è la grande attenzione riservata alla malattia, al racconto e alle conseguenze. Con che bilancio?
La malattia è una presenza ingombrante in Mio Fratello, Mia Sorella
Si fatica a sentire come tangibile questo fantasma paterno che si aggira dietro le quinte di Mio Fratello, Mia Sorella e indirizza, governa, cerca di fare ammenda per interposto affetto. Talvolta è presente, ingombrante, certe volte invece scompare e non se ne sente troppo la mancanza. Forse si poteva arrivare a dama anche senza di lui. La malattia è raccontata con franchezza, quando mai al cinema ci si concede il lusso di gettare lo sguardo da queste parti, e si intuisce tra le pieghe del racconto che il lavoro di background è importante. Lo confermano anche regista e cast.
Merito all’esordiente Francesco Cavallo di aver portato sulle spalle un peso grande, quello del racconto del male, restituendolo con dignità e padronanza. In generale, nel quadro della buona recitazione complessiva, l’occhio è puntato sulla verve e l’intensità dei duetti tra i due protagonisti. Alessandro Preziosi e Claudia Pandolfi si fa fatica a considerarli come entità distinte in un film del genere. Un amore e un legame, entrambi tagliati a metà, in attesa di provvidenziali ricuciture. Lei restituisce in maniera forte e autentica la fatica, lo scoraggiamento, l’amore opprimente per mancanza di alternative e perché è giusto che sia così. Lui il senso un po’ irresponsabile delle cose e una tenerezza e una dignità forte, nascoste a fatica.
Quindi cosa non va? L’urgenza di disegnare una cronaca familiare al tempo stesso anomala e consueta gioca un brutto scherzo al film. La schizofrenia prende il sopravvento e consegna il resto, la storia dei legami, l’analisi dei caratteri, sul fondo. Mentre servirebbe, perché il film funzioni al meglio delle sue possibilità, una convivenza armonica. Per quanto è possibile, è ovvio. Ogni film sulla malattia è anche e soprattutto un film sulla vita e sull’amore. Mio Fratello, Mia Sorella li contiene entrambi, ma non sempre li bilancia a dovere.