Mission: Impossible – Protocollo fantasma: recensione
La recensione del più spettacolare e adrenalinico capitolo della saga di Mission: Impossible, con Tom Cruise ancora una volta nelle vesti dell’agente Hunt e Brad Bird alla regia.
In attesa di vedere il settimo capitolo di Mission: Impossible firmato ancora una volta da Christopher McQuarrie, le cui riprese (tra cui quelle previste a Venezia) sono state bloccate per lo note cronache pandemiche per riprendere a settembre con il conseguente slittamento della data di uscita nell’autunno del 2021, per ingannare l’attesa Netflix ha inserito nel proprio catalogo alcuni episodi della saga tra cui il quarto, a nostro avviso il più adrenalinico e spettacolare tra quelli sin qui realizzati. Motivo per cui abbiamo pensato di recuperarlo, andando ad attingere dalla piattaforma per un breve ripasso.
Mission: Impossible – Protocollo fantasma: il capitolo più adrenalinico e spettacolare della saga
A sei anni di distanza dal traballante episodio diretto da J.J. Abrahms del fortunato franchise nato dall’omonima serie televisiva degli anni Sessanta creata da Bruce Geller, tornano le missioni impossibili dell’agente Ethan Hunt in M:I – Protocollo fantasma. A vestire i panni del celebre agente dell’IMF ritroviamo neanche a dirlo Tom Cruise. Narrativamente parlando lo avevamo lasciato alle prese con una delicatissima e complicata operazione di recupero di una giovane collega presa in ostaggio in quel di Berlino, conclusasi nel peggiore dei modi, seguita poco dopo da un’altra andata a buon fine tra le strade di Roma e i corridoi del Vaticano, che aveva lo scopo di vendicare la perdita subita, individuare la talpa nell’Agenzia e salvare la donna che amava diventata nel frattempo “merce” preziosa di scambio per arrivare a importantissime informazioni. Questa volta se la dovrà vedere invece con il cattivone di turno per sventare la minaccia di un attacco nucleare, in un tour de force che porterà Hunt da Budapest a Mumbai, passando per Mosca e Dubai.
Mission: Impossible – Protocollo Fantasma: una successione di scene action da manuale
A trasformare il tutto in immagini e suoni è stato chiamato Brad Bird, qui alla sua prima e purtroppo unica esperienza nella saga. Per l’occasione il regista statunitense ha deciso di esordire nel live action dopo la doppietta da Oscar nel cinema di animazione di Ratatouille e Gli Incredibili. Già con la pellicola del 2004 aveva lasciato intravedere enormi potenzialità visive e stilistiche, dunque non restava che applicarle in storie con personaggi in carne e ossa. L’occasione per fortuna è arrivata con risultati da far girare la testa agli appassionati della saga cinematografica e più in generale a quelli dell’action. Scene da manuale come quelle ambientate nel Cremlino (la goccia d’acqua e l’ologramma), nell’albergo Burj Khalifa con tanto di scalata in free clinging e successivo inseguimento fra le strade di Dubai in piena tempesta di sabbia, valgono da sole il prezzo del biglietto. E da questo punto di vista, Bird non si fa mancare davvero nulla: dalle esplosioni ai cat fight, dai combattimenti corpo a corpo alle sparatorie, dalle fughe rocambolesche ai travestimenti. Un menù ricco che sazia a volontà, senza però sfinire lo spettatore come accade con i film di Michael Bay.
Bird mescola elementi thrilling tipici della spy story con scene d’azione visivamente sontuose
Da parte sua, Bird mescola elementi thrilling tipici della spy story con scene d’azione visivamente sontuose e impressionanti per originalità nella costruzione, velocità di esecuzione e resa finale sullo schermo. Un’equazione perfetta che vede il tasso di spettacolarità aumentare proporzionalmente con lo scorrere degli episodi. Ne viene fuori un mix esplosivo di suspense e accelerazioni ritmiche, che lo script dosa sapientemente nonostante qualche passaggio a vuoto sul versante narrativo (la tappa di Mumbai), che a conti fatti non influisce sul prodotto finale. Senza alcun dubbio, non c’è da strapparsi i capelli sul fronte drammaturgico, ma la scrittura e la messa in scena nel complesso gettano le basi necessarie per un film che non conosce la parola annoia e tiene incollati gli spettatori alla poltrona dal primo all’ultimo fotogramma. Al resto ci pensano la regia eclettica, un azzeccatissimo restyling del cast e degli ottimi effetti visivi.
Mission: Impossible – Protocollo fantasma: un ottovolante di intrattenimento di altissimo livello e divertimento allo stato puro
Bird riesce laddove il creatore di Lost e regista di Super 8 non era riuscito, ovvero realizzare un film capace di trovare la giusta alchimia tra gli ingrediente sopraccitati. M:I 4 ha, infatti, il merito di aver trovato la misura e il compromesso tra le parti, i generi chiamati in causa e tutto quello che ruota intorno alla matrice originale, dando vita a qualcosa in grado di soddisfare i gusti e le esigenze delle diverse tipologie di pubblico.
Sembra quasi di assaggiare con gli occhi e le orecchie a un cocktail che unisce l’eleganza del tocco e le atmosfere del primo episodio griffato Brian De Palma del 1996 (che resta fino a questo momento il migliore), con la cura formale della messa in quadro stilistica e coreografica del sequel diretto quattro anni dopo da John Woo. Due sguardi e approcci narrativi e visivi diametralmente opposti, che Bird shakera in maniera impeccabile, restituendo alla platea intrattenimento di altissimo livello, divertimento allo stato puro, un ottovolante di emozioni e una serie di scambi dialogici in bilico sulla lama di un rasoio.