Mission to Mars: recensione
Siamo nel 2020 e finalmente l’uomo sta per approdare su Marte.
Si respira però un clima rilassato, un clima degno di piccoli sognatori che hanno visto quelle avventure che immaginavano e leggevano da ragazzi in libri e fumetti, realizzarsi.
Le due squadre coinvolte – una che effettivamente poggerà e stazionerà sul pianeta rosso compiendo analisi e raccogliendo campioni, e una che invece monitorerà le operazioni da una stazione spaziale – stanno infatti festeggiando la loro ultima notte sulla Terra a suon di barbecue e buoni sentimenti: c’è Luke Graham, padre e marito amorevole, c’è Woody Blake, rilassato e tranquillo perché si porterà pure la moglie nel viaggio, c’è il giovane nerd Phil Ohlmyer e c’è il tormentato Jim McConnell, che la moglie, astronauta pure lei, l’ha persa da poco, perdendo così quella stabilità necessaria per permettergli di essere nella squadra 1, di poter – dopo mesi di test, preparazione e sforzi – scendere su Marte.
Il destino ha voluto diversamente, ma il destino sa essere anche beffardo.
Perché qualcosa durante una missione di esplorazione, va storto, e la squadra 1 si trova nel centro di una strana tempesta di sabbia e detriti che la investe con una furia quasi mirata, lasciando dietro di sé un solo sopravvissuto, un grande mistero da risolvere.
La NASA si trova così a dover applicare un piano d’emergenza con una parte di quella squadra 2 ora chiamata a scendere in campo.
Come prevedibile, non sarà una discesa facile, vuoi per i problemi emotivi di McConnell, vuoi per gli incidenti di percorso che fin dall’impossibile atterraggio sul pianeta occorrono: ci sarà bisogno di una gran dose di coraggio e di ingegno per riuscirci, e soprattutto per riuscire a capire cosa si nasconde nel cuore di Marte, cos’ha effettivamente colpito colleghi e amici.
C’è un mistero da svelare e comprendere che li attende, un mistero tanto improbabile quanto poetico.
Brian De Palma ce la mette tutta per renderci questo mistero allettante, per fare del suo ingresso nel mondo della fantascienza e dello spazio un qualcosa di unico e fantastico.
Ma non ci riesce.
I 15 anni passati da quello che fu un flop sia di pubblico che di critica, non aiutano Mission to Mars, anzi, lo si sente datato, lo si sente mal costruito, per quanto De Palma dietro la macchina da presa faccia il solito De Palma: giocando, divertendosi tra lunghi carrelli e piani sequenza, costruendo scene e azioni da punti di vista nuovi, usando al meglio effetti speciali non banali e la colonna sonora firmata da Ennio Morricone, citando infine, omaggiandolo, Kubrick e il suo 2001: Odissea nello Spazio.
Il problema è però a livello di sceneggiatura, costruita male, con tanti buchi e tante lentezze, che smorzano il ritmo e la tensione, facendo della prima parte del film una sequela di eventi scontati e prevedibili, perdendosi poi in soluzioni piuttosto inefficaci nei momenti di tensione.
E il problema sono anche attori poco incisivi, a partire dal protagonista Gary Sinise incapace di coinvolgere davvero, per poi arrivare al resto del cast, con Tim Robbins, Don Cheadle, Connie Nielsen e il belloccio Jerry O’Connell stretti in personaggi piatti e prevedibili, scritti sommariamente e poco sviluppati.
Forse a De Palma interessava solo esplorare un nuovo genere, un nuovo modo di fare film.
Forse gli impietosi anni ’90 volti al termine, in cui si è ricercato lo stupore, l’avventura, non permettono la stessa profondità di un Interstellar o un di The Martian a cui la mente non può che correre, dove l’autore oltre che ingegnarsi a livello tecnico, ha curato in modo approfondito e studiato soprattutto la storia che sarebbe andato a raccontare.
Sta di fatto che Mission to Mars resta un neo poco brillante all’interno della filmografia sui viaggi spaziali, e pur elaborando una sua teoria dal sapore poetico e magico sulla vita nella Terra, non ha la forza per rimanere impresso, per rimanere nel tempo.