Moglie e Marito: recensione del film con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak
Moglie e Marito, il film con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak, risulta essere accattivante e originale, anche se a tratti si prender troppo sul serio.
Brutto periodo per Sofia (Kasia Smutniak) e Andrea (Pierfrancesco Favino), sposati da quasi dieci anni, ma ormai assediati dal lavoro e da uno stile di vita frenetico, senza pause, che li ha sempre più allontanati e messi l’una contro l’altro, tanto che ormai non sembrano nemmeno più Moglie e Marito.
Sofia è una brillante, affascinante e perfezionista conduttrice televisiva, prototipo della donna in carriera del nuovo millennio, alle prese con un nuovo format che dovrebbe lanciarla verso il successo. Andrea invece è un talentuoso ma discontinuo neurochirurgo che, tra ritardi e intuizioni, porta avanti da anni una curiosa ricerca sul cervello umano con l’aiuto del fidato amico e collega Michele (Valerio Aprea), creando un computer in grado di leggere nel pensiero.
Dopo una delle tante serate casalinghe grigie e tristi, Andrea chiede a Sofia di provare assieme la sua invenzione, ma l’innocuo esperimento avrà un esito a dir poco assurdo: Sofia e Andrea si troveranno l’una nel corpo dell’altro, imprigionati nella non più così amata dolce metà, costretti a scambiarsi lavoro, vita, problemi ma con l’opportunità di capirsi e comprendersi appieno, il tutto con esiti imprevedibili…
Moglie e Marito: mettersi letteralmente nei panni dell’altro
Moglie e Marito è un film originale, accattivante, che si ispira in modo chiaro a quel Dating The Enemy che nel 1996 aveva lanciato la carriera di Guy Pearce e Claudia Karvan. Qui come allora è la chimica tra i due interpreti la chiave del successo di un film che correva il rischio di impantanarsi nel deja vu, nel banale e nel melenso e invece…
Invece il film diretto da Simone Godano e basato sulla sceneggiatura di Giulia Steigerwalt, ha in Kasia Smutniak e Pierfrancesco Favino due mattatori di irresistibile simpatia e verve, capaci di divertire e piacere allo spettatore per ogni istante, di essere credibili e allo stesso tempo imprevedibili.
Tra i due probabilmente la migliore è l’attrice polacca, che tramite una mimica strepitosa e un linguaggio del corpo straordinario, riesce a compiere il miracolo di non ridurre il suo personaggio a una caricatura o a una macchietta, aiutando un Favino non sempre sul pezzo. L’ex Libanese infatti è autore anch’egli di una performance di altissimo livello, sulla quale però pesa l’aver forzato troppo la mano su tic e atteggiamenti troppo innaturali e caricaturali, che talvolta rendono il suo personaggio più la parodia di un omosessuale.
Moglie e Marito si fa notare non tanto e non solo per la fantasia e la creatività delle singole gag (dove sovente il citazionismo abbonda passando da Basic Instinct al Doctor Who), ma anche per aver fatto della casa, del tanto rinomato italico focolare, un qualcosa che con il procedere del tempo diventa protagonista aggiunto, in grado di mutare ed adattarsi in modo perfetto ai diversi momenti e personaggi. I personaggi, per l’appunto, sono ben strutturati e mai scontati, e fondamentale si rivela l’apporto di Aprea che con il suo Michele riesce a bilanciare l’estrosità dei due protagonisti.
Intendiamoci, Moglie e Marito non è sicuramente un capolavoro della cinematografia e, per quanto accattivante e pieno di sensibilità, non riesce a sfuggire alla trappola di prendersi troppo sul serio, soprattutto nel finale.
Da questo punto di vista la distanza tra la commedia sentimentale statunitense e quella nostrana appare ancora incolmabile. Ma rimane un film che, dietro l’apparenza di ennesimo racconto cinematografico che si fa gioco dell’eterna lotta tra uomini e donne, ci parla in modo schietto dei difetti tipici di entrambi, amplificati da un’epoca che pure se definita della “comunicazione” vede le persone sempre più distanti, fredde, egoiste e incapaci di empatia anche verso chi professano di amare.
Moglie e Marito, diretto da Simone Godano, è al cinema dal 12 aprile, distribuito da Warner Bros. Pictures.