Venezia 78 – Mona Lisa and the blood moon: recensione
Ana Lily Amirpour omaggia i b-movie e il cinema di genere con Mona Lisa and the Blood Moon, in concorso a Venezia 78.
Ana Lily Amirpour prima era stata notata al Sundance Film Festival, dove nel 2014 presentò il suo horror d’esordio A girl walks home alone at night, poi aveva vinto il Gran Premio della Giuria al Festival del cinema di Venezia del 2016 con The bad butch. Con Mona Lisa and the blood moon la regista anglo-americana di origini persiane cerca di conquistare nuovamente la giuria di Venezia, con un film fantasy che si ispira ai b-movie horror e ripercorre l’estetica pop. Un divertente delirio di personaggi strambi, in cui si affronta il tema del sentirsi liberi e non discriminati. In scena una Monnalisa per cui non si sa se provare paura o tenerezza: sarà quella sua faccia imperscrutabile come il celebre dipinto di Leonardo da Vinci?
Mona Lisa and the blood moon: trama
La storia di questo film è ambientata in una notte di luna piena, tinta di colore rosso, sotto il cielo di New Orleans, la città della Louisiana famosa per il vodoo, per il jazz e per il Mardi Gras. All’interno di un ospedale psichiatrico, una ragazza con il potere di governare la mente degli altri, si risveglia da un sonno durato più di 10 anni sotto l’influenza della luna. La giovane di origini coreane si aggirerà nei luoghi di New Orleans con l’unico obiettivo di non ritornare nell’ospedale psichiatrico. Lungo la vita incontrerà gli strani abitanti del famoso quartiere francese di New Orleans che la aiuteranno nella sua missione.
B-Movie ed estetica pop con un pizzico di pulp
Mona Lisa and the blood moon è un vero e proprio trip allucinato, che rilegge il cinema di genere trasferendogli sopra un’estetica pop che sa di anni ’80 e ’90. È chiaro che Ana Lily Amirpour è bravissima nel rileggere generi e omaggiarli con il proprio sguardo. La regia è libera e dalle chiare influenze dei film di serie b degli anni ’80, sfrutta grandangoli per distorcere le immagini e sfrutta al massimo una colonna sonora – onnipresente lungo l’intera durata del film – che si muove fra metal e techno. Psichedelia e follia, questi gli ingredienti di una storia che oltre all’estetica inserisce tra le righe due tema importante, quello della libertà di esprimere se stessi e l’odio razziale. Nel complesso il film regala momenti iconici (l’infermiera che taglia le unghie sembra una cicca rimasticata dopo la visione di Kill Bill) manca di una reale compiutezza, perché la storia viene meno nella solidità della linea narrativa. Il film è un susseguirsi di situazioni a sé stanti, come fossero episodi che iniziano e finiscono, ma l’insieme intrattiene e diverte in modo sufficiente per arrivare fino in fondo alla visione senza rimpianti.
Personaggi strani si aggirano per New Orleans…
La cosa più divertente di Mona Lisa and the blood mood sono i loschi individui che la ragazza con i superpoteri (Jeon Jong-seo) incontra nella folle notte di luna piena. A partire dall’impacciato agente Harold (Craig Robinson) impacciato che dopo aver mangiato al ristorante cinese scarta un biscotto della fortuna che chiaramente gli dice di “dimenticare quello che sa”, ovvero che c’è una psicopatica scappata da un manicomio che va riacciuffata. Oppure lo spacciatore di strada super fashion, decisamente strampalato ed equivoco, con un’automobile dai sedili zebrati e una casa fluorescente, che seppur spera di strappare un bacio alla fuggitiva, decide di aiutarla dandole vestiti e preparandole una colazione, rivelandosi così un vero e proprio gentiluomo (che la aspetta nel sequel per portare avanti una storia d’amore).
Mona Lisa and the blood Moon è il riscatto degli emarginati
Poi c’è anche la lapdancer di strip club interpretata da Kate Hudson (Quasi famosi, Come farsi lasciare in 10 giorni) un’outsider, mamma single, che morde la vita senza paure, che prende sotto la sua ala protettiva la ragazza, sfruttando però le sue abilità ipnotiche sugli altri per spillare soldi a sconosciuti. Infine c’è il ragazzino figlio della spogliarellista, un colto metallaro che fa mosh per scacciare il malumore. Grazie al personaggio di questo bambino il film ha anche l’occasione di sfiorare il tema del bullismo descritto come “quando qualcuno sa quello di cui ti vergogni di più e inizia a prenderti in giro proprio su quella”.
In questo senso Mona Lisa and the blood moon, tra le dolci note di Mona Lisa di Nat King Cole e t-shirt gruppi hard core punk, si rivela un inno che celebra gli emarginati, i derisi, gli abbandonati e i sottomessi da sistemi sociopolitici folli, urlando qualcosa di scontato, ovvero che l’apparenza inganna e che la realtà non è sempre quel che sembra, ma che in questo caso fa centro.