Morbius: recensione del film Marvel con Jared Leto
Morbius invecchia nell'istante stesso in cui si materializza e si consuma sullo schermo.
Mostro strano e molesto, questo Morbius, attacca come un animale che non sa di essere stato ferito, riversando allo sguardo piccoli frammenti di una storia che non trova congiunzioni né sentimenti.
Tratto dall’omonimo fumetto Marvel e diretto da Daniel Espinosa, il film prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia dal 31 marzo 2022 sembra genuflettersi alla laconica logica del suo protagonista, risucchiando curiosità e aspettative degli spettatori allo stesso ritmo col quale Morbius svuota le vene dei malcapitati.
La storia si agita in superficie, catapultandoci dal passato al presente in un tempo così ridotto che risulta inesistente, in uno spazio fisico e mentale che non ci dà modo di carburare l’estensione del pensiero né la maturazione dei rapporti interpersonali. Non c’è niente da digerire, nulla da assimilare, i dettagli del narrato si disperdono ai confini di una sceneggiatura che tenta di raggiungere in fretta il nucleo della narrazione, bruciando totalmente le tappe e mollando troppo frettolosamente noi, la sua preda.
Morbius: Jared Leto non basta
Poco più di un battito d’ali (di pipistrello) intercorre dai frame iniziali che ritraggono il piccolo Michael in ospedale insieme al suo amico al momento in cui ritroviamo Michael Morbius (Jared Leto) nei panni di un affermato medico in procinto di ricevere il premio Nobel. Intuiamo che è affetto da una rara malattia ematica e che il suo unico obiettivo è quello di trovare una cura, poco importa se per farlo deve lavorare sul ciglio della moralità e della legalità. C’è genialità nelle sue gesta, ma non lo percepiamo dalle sue movenze, dai ragionamenti, bensì unicamente da ciò che ci viene comunicato, dall’invenzione del sangue artificiale agli elogi fatti dalla collega (interpretata da Adria Arjona); anche quell’immagine dello scienziato sopra le righe, unita alla propensione a spendersi per il lavoro che ha scelto, si agglomera in stereotipi appiccicati alla patina di una maschera precaria.
Il Morbius di Jared Leto non si mostra in grado di bucare lo schermo, restando ancorato alle pagine sbiadite di un fumetto senza il beneficio della fantasia, che in tal caso viene spazzata via dalla visione obsoleta e gretta di un antieroe incapace di scavare dentro le emozioni. Eppure si vedono le costole appuntite modellate dalla carne, si vede il fisico lacerato e provato di un attore che ha tentato di tramutarsi in un essere fragile e mostruoso, che ha fatto sua la dipendenza, il tormento di non essere più umano, la paura di fare del male, la voglia di essere migliore. Si vede Leto con la sua impeccabile voglia di essere totalmente al servizio dei personaggi che interpreta, di sfigurarsi e annullarsi al fine di lasciar emergere il suo alter ego. Qual è dunque l’anello mancante se non la costruzione aprioristica del personaggio stesso e delle sue relazioni col mondo esterno?
Una sceneggiatura che non regge il peso delle aspettative
La sceneggiatura di Matt Sazama e Burk Sharpless (Dracula Untold, The Last Witch Hunter – L’ultimo cacciatore di streghe) cerca di slanciarsi maldestramente verso il terreno di personaggi cult, da Dracula a Batman, subendone però passivamente il fascino, senza il coraggio di addentrarsi in quei mondi così strutturati e perfetti, senza l’orgoglio di crearne uno completamente nuovo, che riscriva le leggi dell’anatomia e della fisica vampiresca. Anzi, anche quando proprio non si vorrebbe pensare a certi esempi del mondo cinematografico, fumettistico e letterario, il film provvede a spiattellare il tutto senza arte né astuzia, rotolando rovinosamente verso il baratro.
Morbius così cita Dracula, usurpandone i contorni senza però prendere in prestino lo charme del mondo gotico, il romanticismo struggente dell’amore eterno, lo stile ampolloso, ricercato, quella misticanza vitale che profuma di morte. No, nel film di Daniel Espinosa questa prospettiva non c’è: si citano paletti nel cuore e acqua santa in parentesi che sfociano nei sorrisi isterici degli spettatori. Non perviene neanche la nota dark che si addirebbe a un personaggio di questo calibro: lo svolazzare dei pipistrelli e certe pose da gargoyle (vedasi le movenze del personaggio di Matt Smith) sembrano richiamare per certi versi un noto eroe DC, dal quale però non traggono la sfaccettata personalità, il peso della missione, l’angoscia dell’inconscio.
Allo stesso tempo precipitano anche le motivazioni dell'(anti)eroe. Egli lotta per se stesso e per il suo migliore amico, per avere un futuro migliore, una vita finalmente sana e libera dal dolore. Dovrebbe essere un legame forte, travagliato, tempestato di attimi di vita: si riduce in una manciata di parole, nell’occasione di un incontro puerile, di una promessa trascinata fino alla morte. Jared Leto e Matt Smith si ritrovano a incarnare il bene e il male in maniera improvvisa ed esagerata, in una battaglia visivamente spietata che non lascia spazio al vero conflitto, perché all’improvviso sono l’uno la nemesi dell’altro. Non affiora lo struggimento della perdita, il mancato riconoscimento di un fratello; tutto emerge con sfacciata normalità e i colpi, per quanto distruttivi, non riescono a ferirci davvero.
Lo stesso processo asettico subisce il legame con la dottoressa Martine Bancroff (Adria Arjona), ombra di un amore espresso poco e male e di una complicità scontata.
Morbius: un film senza prospettiva futura
La storia narrata in Morbius sembra essere la copia di piccoli riassunti circa ciò che sappiamo sui vampiri, sull’amore, sull’amicizia: tanti pezzetti di carta che galleggiano in un limbo indefinito, nell’infruttuosa attesa di far parte di un progetto a sé stante. La pellicola non riesce nel suo intento, dimostrando di non avere la stoffa per stupire e coinvolgere. Semplicemente, Morbius invecchia nell’istante stesso in cui si materializza e si consuma sullo schermo.
E se le musiche di Jon Ekstrand tentano invano di scivolare sulle immagini, la confusione si infonde con enfasi tra i respiri putrefatti della trasformazione fisica, nei combattimenti fatti di ira gratuita, tra i corridoi della metropolitana e in quelli degli ospedali, attraverso degli effetti speciali e delle operazioni di montaggio che vomitano addosso uno scombussolamento che non trova assonanza nell’animo dei protagonisti, allitterando colori evanescenti e immagini da vecchi videogame picchiaduro.
Insomma, nonostante il cast rispettabile (oltre ai già citati Jared Leto, Matt Smith e Adria Arjona, troviamo anche Jared Harris, Al Madrigal e Tyrese Gibson) e le aspettative che potevamo riporre nell’adattamento Marvel, Morbius dimostra di adeguarsi al destino del suo protagonista: assorbe quanto di vitale potrebbe esserci per consumarlo precipitosamente, tramortendoci con rumori ed evoluzioni repentine. Questo siero di presunta celluloide non ci ha migliorati né peggiorati, semplicemente ci ha derubati di un po’ di tempo e di una manciata di fantasia passiva.