Berlinale 2019 – L’ombra di Stalin (Mr. Jones): recensione del film
Un film che non riesce a mantenere alta l'attenzione, fallendo nel tentativo di raccontare a dovere una storia di sé interessante.
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri”. È una della frasi-simbolo del capolavoro di George Orwell, La fattoria degli animali, scritto come metafora degli avvenimenti che hanno scosso lo status quo dell’URSS poco prima della Seconda Guerra Mondiale. A ispirare Orwell fu un reportage scritto da un giornalista gallese che si era avventurato nella campagna ucraina per conoscere i retroscena della crescita economica vantata da Stalin. Su questo coraggioso personaggio e su questa storia realmente accaduta si basa L’ombra di Stalin (titolo originale Mr. Jones), il film diretto da Agnieszka Holland con James Norton, Vanessa Kirby e Peter Sarsgaard nel cast, presentato alla Berlinale 2019.
Garreth Jones ha 28 anni e lo sguardo pieno di curiosità. Una curiosità che poco prima gli ha permesso di sedersi a intervistare Adolf Hitler, un capo-partito tedesco con grandi mire espansionistiche. Ora, convinto che la politica di Hitler potrebbe portare a un conflitto mondiale, la sua attenzione viene catturata dall’altro lato della medaglia. Stalin sta portando avanti il suo piano quinquennale vantando la produzione di sofisticate armi d’assalto e uno sviluppo industriale mai avvenuto prima nella storia dell’uomo. Ma qualcosa non quadra.
Jones è ossessionato da un unico pensiero: com’è possibile che Joseph Stalin stia riuscendo a compiere i miracoli di cui si vanta? Da dove vengono i fondi? L’unico modo per scoprirlo è andare a osservare di persona e, perché no, chiederlo proprio a Stalin. Jones parte per Mosca, ma la situazione storica, politica e sociale che si troverà ad affrontare potrebbe essere più preoccupante di quanto sembri.
L’ombra di Stalin: poco carisma per raccontare la vera storia di Gareth Jones
L’ombra di Stalin è diretto da Agnieszka Holland, la stessa che nel 2011 aveva diretto l’interessante In Darkness, basato sull’operaio Leopold Socha e sul suo tentativo di nascondere degli ebrei nei condotti fognari di una città polacca durante la Shoah. Di nuovo la regista torna nello stesso periodo storico analizzandone un lato diverso e raccontando una storia inedita e per lo più sconosciuta che pianta le sue radici nella genesi di uno dei momenti più bui del ‘900.
Lo fa con un occhio di riguardo nei confronti del suo protagonista che, purtroppo, manca di un fattore fondamentale: il carisma. Lo circonda, poi, di personaggi deboli e dimenticabili, poco caratterizzati e incongruenti. Ciò sebbene a fare da contorno ci siano le interpretazioni di Peter Sarsgaard e di Vanessa Kirby, i quali combattono furiosamente contro un copione alquanto deludente. Il protagonista d’altro canto non sta al passo e soffre senza colpi d’anca quel Garreth Jones davvero troppo poco interessante.
Il film arranca per quasi tutto il tempo, concentrandosi su qualche sporadico momento di ilarità (spesso forzata) e su una tragicità che forse poteva essere esplorata un po’ meglio, più profondamente. La Holland fallisce nel mantenere alta l’attenzione e non riesce a giustificare un’opera dal minutaggio tanto ampio.
In generale L’ombra di Stalin, che è un film dall’appeal internazionale, ha un carattere storico interessantissimo, caratterizzato da un focus sulle cospirazioni di una volta e che, malgrado tutto, si sono rivelate realtà. Purtroppo l’approccio da pellicola spionistica non basta: è inevitabile fare confronti che si rivelano estremamente impietosi nei confronti di Mr. Jones. Il film va sopportato senza davvero dare nulla in cambio.