Mr. Morfina: recensione del film di Dan Berk e Robert Olsen

A tre anni da quel curioso horror sci-fi sulle dinamiche di coppia con Maika Monroe, il duo Berk/Olsen torna dietro la macchina da presa. L’operazione è la medesima, seppur filtrata dai linguaggi dell’action e del supereroistico. Con uno strepitoso Jack Quaid. In sala dal 27 marzo 2025 con Eagle Pictures..

Nonostante i moltissimi interrogativi circa il supereroistico, tanto nel cinema, quanto nel cartoon, nel romanzo o nel fumetto, raramente abbiamo rintracciato la domanda che segue: se tutti o quasi siamo capaci di rintracciare il superpotere più cool, invidiabile e glorioso, com’è possibile che nessuno mai, abbia riflettuto su quello invece più dannoso, distruttivo e perché no, perfino malinconico, in chiave di negazione e abbandono? Eccezion fatta per Hancock di Peter Berg, laddove il rifiuto del superpotere, permetteva agli spettatori d’osservare anche il reale, o meglio, la volontà – o fame – di reale, disperatamente ricercata dal supereroe, in quel caso impossibilitato ad amare. Accade più o meno lo stesso al Nathan Caine (Jack Quaid è un curioso e convincente volto cinema, sospeso tra slapstick comedy e registro action) di Mr. Morfina, diretto da Dan Berk e Robert Olsen, su script di Jars Jacobson. Mr. Morfina è al cinema a partire da giovedì 27 marzo 2025, distribuzione a cura di Eagle Pictures.

L’uomo che non conosce il dolore, all’improvviso incontra l’amore

Mr. Morfina: recensione del film di Dan Berk e Robert Olsen

Nathan non conosce l’amore, in qualche modo lo ha allontanato da sé, al pari del suo superpotere – non provare mai alcun dolore -, incontrandolo improvvisamente al momento dell’accettazione, che si accompagna qui alla violenza e alla paura. Generata non tanto dalla morte, quanto dall’abbandono. Una sensazione che Nathan conosce ormai fin troppo bene, a partire dall’infanzia, laddove l’isolamento è cominciato e così la derisione e le violenze tipiche del bullismo, che incuranti di ogni cosa, hanno dato vita a Mr. Morfina. Dapprima un semplice soprannome, poi la natura di un eroe. Ecco perché tutto cambia – e accade -, quando l’estraneità al dolore si scontra con l’amore. La violenza, così come la morte, non avranno mai un peso effettivo, poiché tutto ciò che conta, è l’inseguimento di quella circostanza emotiva, dunque di vita, mai realmente vissuta e finalmente conosciuta, il piacere. Quella forza assoluta che esiste, celata dal dolore, perfino quando assente, perfino quando muta.

Nathan non demorde, versa litri e litri di sangue, nel frattempo il corpo viene trafitto più e più volte da lame di vario genere, trappole da caccia, pallottole e armi di qualsiasi natura. Il dolore non esiste, grida continuamente a sé stesso e a noi, il giovane e folle protagonista del film, tra un sorriso e l’altro. Ne siamo certi? Non sembra pensarla così al ricordo dell’amore provato per la giovane impiegata Sherry (Amber Midthunder), nonostante si sia trattato esclusivamente di una notte o poco più. La sofferenza è palpabile, ecco perché il film si fa sempre più vengeance movie, svelando definitivamente le sue carte, al di là dell’action e della commedia dai toni risibilmente demenziali, o comunque buffi. Torna la questione dell’abbandono, torna la bellezza del sentirsi compresi e così la leggerezza. Poiché è solo in compagnia di Sherry, che Nathan permette a sé stesso di lasciarsi andare, senza più negarsi i piaceri della vita, senza più negarsi la possibilità d’amare.

Mr. Morfina: valutazione e conclusione

A tre anni di distanza dal bizzarro e convincente Non siamo soli, horror sci-fi ancora una volta focalizzato, seppur marginalmente sulle dinamiche di coppia e i non detti, Mr. Morfina, il quinto lungometraggio da registi per il duo formato da Dan Berk e Robert Olsen, si muove questa volta secondo altri linguaggi e riferimenti stilistici – Deadpool e Die Hard su tutti -, pescando a piene mani dal nuovo cinema action e così da un supereroistico sempre meno cinematografico e ormai quasi esclusivamente seriale. Non è casuale infatti la presenza di Quaid nel cast di The Boys, soltanto uno dei moltissimi punti cardine di questo film, in termini di equilibrio tra i toni, mai definitivamente supereroistici, mai esclusivamente action, eppure curiosamente demenziali.

La scrittura di Jars Jacobson è brillante e sagace, nel suo movimento incessante e talvolta goffo, tra un registro narrativo e linguistico ed un altro. Dunque dall’alto al basso, senza perdere mai l’effettivo focus del racconto, o comunque il solo ed unico elemento d’interesse, che non corrisponde mai all’incapacità di percepire il dolore, piuttosto alla paura che ci riguarda tutti, supereroi e uomini, nessuno escluso, quella dell’abbandono. Anche se mai realmente discusso, anche se taciuto. La consapevolezza dell’abbandono sopravvive al tempo e a tutte quelle emozioni che ci precludiamo e che inevitabilmente rifiutiamo di vivere, proteggendoci dall’ignoto e dall’estraneo. Nathan l’afferra fin da subito, nonostante i rischi e l’eventuale perdita. Ciò che conta è la rincorsa. Se è vero dunque, che le mutilazioni a Nathan non causano alcunché, è altrettanto vero, che il peso del rimorso diverrebbe all’istante ben altra cosa. Mr. Morfina lo sa bene, ecco perché il sangue, ecco perché l’amore.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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