Mr. Nobody: recensione del film di Jaco Van Dormael con protagonista Jared Leto
Un film come Mr. Nobody, ennesimo demerito della (mancata) distribuzione italiana, bisogna avere coraggio anche solo per pensarlo, figuriamoci per realizzarlo. Ma Jaco Van Dormael, regista belga noto per la personale attitudine allo spericolato sperimentalismo e per l’originale stile onirico, non si è fermato davanti al rischio di reazioni contrastanti, scegliendo il volto trasformista di Jared Leto per confezionare un’opera-gioiello, purtroppo non sufficientemente celebrata.
Un’opera difficile da ogni punto di vista, attraverso cui il regista cerca di mostrare la complessità della vita, fatta di scelte ma soprattutto di infinite possibilità, tutte valide e degne di essere vissute ma normalmente vincolate da un contesto spazio-temporale che obbliga a selezionare di volta in volta un solo percorso fra i tanti disponibili.
Nemo Nobody, tuttavia, è nato con un dono speciale: la possibilità di ricordare la vita prima della sua nascita e di poter vedere il futuro primo ancora di viverlo, così da essere – almeno apparentemente- agevolato nella selezione della strada da intraprendere. Ma tale capacità è di poco aiuto quando, a soli 9 anni, Nemo si vede costretto a compiere una scelta impossibile: quella fra mamma e papà. Una decisione talmente potente da poter essere paragonata ad un autentico Big Bang in grado di creare mondi alternativi completamente differenti. Esisterà un’opzione migliore dell’altra?
Mr. Nobody: Jared Leto moderno Capitano Nemo al timone della propria esistenza
Mr. Nobody potrebbe sembrare, di primo acchito, un film incentrato sul tema della scelte e delle relative implicazioni ma, ad uno sguardo più approfondito, l’accento è spostato più sulle infinite possibilità che ogni uomo si trova ogni giorno a fronteggiare nell’atto apparentemente lineare di vivere la propria vita. Nemo crede di poter controllare la sua esistenza dando una preventiva sbirciata ad ogni possibile futuro ma, in realtà, il suo dono non lo rende meno indeciso di qualunque altro essere umano, date le infinite ripercussioni e conseguenze che la più banale delle scelte è in grado di comportare.
Giunto ormai alla veneranda età di 117 anni e prossimo alla fine del proprio passaggio sulla Terra, Nemo – in qualità di ultimo mortale ancora in vita, in un mondo che ha scoperto ormai il segreto dell’immortalità – tenterà di ricostruire il proprio intricato passato per soddisfare la curiosità di un giornalista, che dovrà tuttavia scontrarsi con il rigido preconcetto che vede la realtà qualcosa di certo, univoco e sempre verificabile, libero dall’influenza dell’immaginazione…
Siamo ormai nel 2092 e l’umanità ha scoperto la telomerizzazione, una tecnica in grado di rigenerare perpetuamente le cellule, garantendo l’eterna giovinezza. Per contro, la vita sembra aver perso il fascino di un tempo, libera da vizi come la gola (gli animali un tempo destinati all’allevamento ora sono completamente domestici) e la lussuria (il sesso è ormai un’attività obsoleta).
In tale realtà il peso delle decisioni assume una connotazione ben più lieve rispetto a quanto accadeva durante l’era mortale, e Nemo rappresenta l’unico custode del senso di una vita vissuta con la coscienza di avere giorni e possibilità limitate da sperimentare.
Mr. Nobody getta le premesse del messaggio che traspare nel corso dell’intricato svolgimento della sua narrazione nella preventiva descrizione del fenomeno chiamato “Superstizione del piccione”
Esattamente come accade ai piccoli volatili mossi dal desiderio di raggiungere un semplice premio, anche l’uomo è spinto dall’inconscia convinzione di poter controllare gli eventi attraverso la propria condotta. Un meccanismo nato forse dalla necessità ancestrale di vedere un ordine in un mondo in realtà dominato dal caos e dalle sue regole, in cui ciò che deve o non deve accadere succede indipendentemente dal nostro affannarci per cercare il percorso migliore.
Una consapevolezza – quella di vivere in un mondo dominato dalla Teoria del Caos e dall’Effetto Farfalla – in grado di mettere in discussione il senso stesso della vita, laddove tutto ciò che accade appare slegato da azioni e volontà e in completa balìa del caso ma che, se approcciata dalla giusta prospettiva, potrebbe rivelare il segreto di un’esistenza piena: vivere lasciandosi semplicemente guidare dal flusso, seguendo quei sentimenti che ci caratterizzano sì come mortali ma che ci rendono anche splendidamente umani.
La regia di Jaco Van Dormael sottolinea costantemente tale chiave di lettura del film, enfatizzando ogni piccolo scambio fisico fra i protagonisti, che nutrono ed arricchiscono la propria esistenza attraverso ricordi mediati dall’esperienza sensoriale e resi immuni dalla schiavitù dello spazio-tempo dall’interazione automatica con le emozioni, le più fedeli custodi del vissuto.
Proprio come accade con le paure ancestrali – descritte nel film – la cui origine è da rintracciarsi con interazioni ambientali antiche e spesso superate da millenni, infatti, allo stesso modo i sentimenti si fanno mediatori di quell’istinto che ci spinge inspiegabilmente verso l’oggetto del nostro amore e desiderio, un meccanismo tale da far sì che l’amore incondizionato di Nemo per Anna (Diane Kruger) rimbalzi da un possibile universo all’altro, ritrovando di volta in volta un innesco per poter essere vissuto, al di là degli abissi che ogni possibile destino potrà creare fra di loro.
La colonna sonora di Pierre Van Dormael segue allontanamenti e ritorni attraverso brani scelti in perfetto accordo con la dimensione emotiva descritta da ogni sequenza
Il complicatissimo ed eccezionale montaggio, ad opera di Matyas Veress e Susan Shipton, che hanno impiegato più di un anno per trovare il taglio più appropriato, permette di addentrarsi nel ricco e a tratti straripante materiale offerto dal regista lasciando che lo spettatore si smarrisca quanto basta in questa selva di scenari e tematiche in cui la trama passa in secondo piano rispetto alla tematica, per sua stessa natura non rappresentabile in modo ordinato e lineare.
Disseminato di citazioni cinematografiche eterogenee e più o meno esplicite (lampanti quelle a 2001: Odissea nello spazio, Fight Club, Big Fish, Sliding Doors ed Il curioso caso di Benjamin Button), il risultato è un’opera d’arte sfuggente ma incredibilmente espressiva, in grado di sollevare domande che non cercano né trovano risposte ma l’altrettanto rassicurante e potente bellezza della condivisione.
Mr. Nobody è stato presentato in anteprima mondiale alla 66ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ricevendo il Premio Osella ed il Biografilm Lancia Award; acclamato dalla critica cinematografica il film conquistò anche sei Premi Magritte, tra cui miglior film e miglior regia ma, nonostante ciò, fu penalizzato da una limitata distribuzione nelle sale.
Tra i membri del cast del film, in cui spicca una delle migliori prove di Jared Leto, compaiono anche Diane Kruger (Anna) Sarah Polley (Elise), Linh Dan Pham (Jeanne), Rhys Ifans (padre di Nemo), Natasha Little (madre di Nemo), Toby Regbo (Nemo quindicenne), Juno Temple (Anna quindicenne), Clara Stone (Elise quindicenne) e Thomas Byrne (Nemo a nove anni).