Music of the Spheres – Live at River Plate: recensione del film concerto dei Coldplay
Il film concerto viene distribuito da Nexo Digital nei cinema italiani dal 19 al 21 aprile
Più di due ore di sola musica, il palco che diventa schermo, il parterre che diventa platea, suono e immagine che ancora una volta si intersecano nel tentativo di sublimarsi vicendevolmente; con il film concerto Music of the Spheres – Live at River Plate, i Coldplay tornano in sala dopo che, lo scorso ottobre, l’evento era stato proiettato in diretta in 81 paesi, vendendo circa 6 milioni di biglietti. Il director’s cut definitivo dello show, girato durante il tutto esaurito della band in dieci serate allo stadio del River Plate (il Monumental di Buenos Aires) in Argentina, e diretto dal regista vincitore del BAFTA e nominato ai Grammy, Paul Dugdale (Liam Gallagher: Better Days, Elton John Live dal Dodger Stadium), viene distribuito in Italia tra il 19 e il 21 di aprile da Nexo Digital, in collaborazione coi media partner Radio Deejay, MYmovies.it, Live Nation e Warner Music Italy.
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Live at River Plate: dall’Argentina al resto del mondo
Il lavoro di Dugdale ci riporta indietro di alcuni mesi, a quello che il Times ha definito come “il più grande spettacolo di musica dal vivo di sempre”; un concerto reso straordinariamente da una pellicola che non invade ma tenta di restituire la potenza di un evento sensazionale, una ripresa di musica ininterrotta, che vive della passione dei fan e dei colori che ne hanno evidenziato il fervore. Fuochi d’artificio e variopinti LED per un concerto che parte dalle sfere che abitano l’universo per coinvolgere il mondo intero, più di 80 paesi omaggiati e armonizzati in un frangente del film da Chris Martin, cantante della band. Le immagini ci parlano, suonano e si muovono vorticosamente, trasportandoci all’interno di un’arena gremita, al fianco di 80 mila persone che intonano i pezzi più noti del gruppo musicale formatosi a Londa: da Fix You a Viva La Vida, da My Universe a A Sky Full Of Star.
L’adrenalinica atmosfera da concerto travolge dal primo fotogramma e ci accompagna all’interno di esso senza alcuna possibilità di fuga, fino ad arrivare ai lunghi titoli di coda che rivelano inedite immagini del backstage e di brevi interviste ai protagonisti dell’evento. Ma il vero protagonista rimane il palcoscenico, quel palcoscenico su cui Martin e i suoi, Jonny Buckland (chitarra), Guy Berryman (basso) e Will Champion (batteria), portano messaggi di pace, di condivisione artistica, di unificazione del cosmo sotto un unico cielo, sotto la scintillante volta argentina, quello stesso palcoscenico su cui la band viene accompagnata da altri nomi illustri dell’industria musicale: prima un’incantevole H.E.R. che da prova del proprio estro strumentale, oltre che vocale, con Let Somebody Go, poi Jin, dei BTS, che ha presentato il proprio singolo The Astronaut, perfettamente contestualizzato, e infine Golshifteh Farahan, cantante e attrice iraniana, che ha voluto tributare con un inno contro l’attuale regime, la protesta del movimento femminile all’interno del proprio paese.
Music of the Spheres: conclusione e valutazione
10 serate rimesciate, riarrangiate assieme e coadiuvate da un lavoro eccellente sia sul suono; remixato, rimasterizzato e riprodotto fedelmente, quasi a suggerire una maggior simultaneità oggi, rispetto alla proiezione in diretta dell’evento, sia sull’immagine; pervadente, totalizzante, ottenuta grazie all’ausilio di droni, di 30 differenti telecamere e di riprese a 360° che avvolgono la musica dei Coldplay muovendosi ininterrottamente tra il palco e la platea, tra i volti e le entusiastiche grida del pubblico. Curiosa la scelta direttiva di concentrare tutto il lungometraggio sulla performance ma di dare ugualmente voce ai protagonisti con i brevi stralci di interviste che chiudono il film, durante gli ampi titoli di coda; una scelta che poteva forse essere pensata diversamente ma che riesce nell’intento di riportare il pubblico all’interno di quella magica e travolgente location, accostandovi anche un dietro le quinte che non va a sovrapporsi ma si ritaglia solamente uno spazio marginale.
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